La Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionali diversi principi della Legge Calderoli sull’autonomia differenziata. Un colpo durissimo a un progetto di riforma che aveva suscitato forti contrasti a livello politico e sociale. Tra i primi a commentare la decisione è stato il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, che ha parlato di una “vittoria totale” delle regioni ricorrenti.
“La legge Calderoli sostanzialmente non esiste più. È stata completamente smontata dalla Corte pezzo per pezzo – ha dichiarato Emiliano –. La Corte ha ribadito che l’articolo 116, comma 3, della Costituzione deve essere orientato all’efficientamento del sistema politico, ma senza violare l’unità dello Stato e il principio di solidarietà. Questo verdetto ripristina il rispetto della Costituzione, l’unità della Repubblica e il principio di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge”.
Emiliano ha ricordato che la Puglia è stata la prima Regione a ricorrere alla Consulta contro la legge, affiancata poi da Toscana, Sardegna e Campania. La Corte ha accolto le tesi di queste regioni, sottolineando che l’autonomia non può riguardare intere materie ma solo specifiche funzioni legislative e amministrative, con trasferimenti giustificati caso per caso. È stata inoltre dichiarata incostituzionale la determinazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) attraverso un decreto del Presidente del Consiglio, senza un adeguato coinvolgimento del Parlamento.
Anche Domenico De Santis, segretario regionale del PD, ha espresso soddisfazione: “La Legge Calderoli smette di esistere nelle sue forme discriminatorie e inique. La Costituzione prevale sulla propaganda e sulle logiche di parte. Abbiamo contestato questa riforma nelle piazze e raccolto oltre 100mila firme in Puglia contro un progetto che voleva dividere il Paese in 20 staterelli. La Corte ha salvaguardato i principi di unità, solidarietà e garanzia dei diritti”.
Sulla stessa linea Antonio Decaro, eurodeputato ed ex presidente dell’ANCI, che ha definito la decisione della Corte una “prima vittoria contro una legge che spacca l’Italia”. Decaro ha invitato il Governo a rivedere la riforma, evidenziando il dissenso popolare espresso anche attraverso le firme raccolte per un referendum abrogativo.
Rino Mangini, consigliere comunale di Bitonto e promotore della mozione contro la Legge Calderoli approvata all’unanimità dei presenti nel corso del Consiglio Comunale lo scorso luglio (uscirono dall’aula Francesco Toscano, Carmela Rossiello e Domenico Damascelli, mentre Arcangelo Putignano e Franco Scauro votarono a favore; erano assenti Fabio Fiore e Antonella Vaccaro: quindi 14 di maggioranza e due di opposizione), ha accolto con soddisfazione la sentenza: “Questa riforma avrebbe aumentato le disuguaglianze, penalizzando le regioni più deboli. La sentenza della Corte conferma che avevamo ragione a opporci. Il tempo è galantuomo: la nostra non era una semplice presa di posizione politica, ma un atto di giustizia. La mozione che presentai come primo firmatario fu accolta favorevolmente dalla maggioranza e da due consiglieri di opposizione, con una votazione unanime di 16 presenti su 16. Tra i firmatari della proposta di delibera vi furono Nicola Acquafredda, Emanuele Avellis, Teresa Carbone e Francesco Scauro, che condivisero l’importanza di opporsi a una legge che rischiava di spaccare il Paese”.
Mangini ha ricordato il suo intervento in aula durante la discussione del 26 luglio: “Dissi chiaramente che il rischio era quello di dividere ancor di più il Nord dal Sud, privando le regioni meridionali della possibilità di garantire i livelli essenziali delle prestazioni (LEP). La legge, così com’era, rappresentava una minaccia per l’unità della Repubblica sancita dall’articolo 5 della Costituzione, creando cittadini di serie A e di serie B. Oggi, alla luce della sentenza, le parole di chi mi accusava di fare propaganda elettorale suonano vuote e anacronistiche”.
E ricorda: “Nel tentativo di difendere la Legge Calderoli, mi fu rivolta questa critica aspra e tranchant sulla mozione presentata: ‘Questo è un povero, un misero volantino elettorale, che in quest’aula non doveva nemmeno entrare, per rispetto a tutte le parti politiche’. Ebbene, il tempo è sempre galantuomo. Evidentemente non era un misero volantino elettorale. E abbiamo fatto molto bene a far entrare nell’aula del nostro Consiglio Comunale una discussione di una Legge che, lo ha affermato la Corte Costituzionale, non è una buona Legge.
A volte basterebbe spogliarsi dai panni dei difensori ideologici a tutti i costi e fare semplicemente la cosa giusta“.
Non sono mancate le dichiarazioni critiche da parte della CGIL Puglia, che ha definito la legge un tentativo di “secessione dei ricchi”. La segreteria regionale ha sottolineato come la Corte abbia difeso i principi costituzionali di sussidiarietà, solidarietà e uguaglianza: “Questa legge era uno schiaffo alla Costituzione e un attacco alla democrazia. Continueremo a vigilare contro riforme che minano i diritti fondamentali”.
La decisione della Consulta rappresenta un punto di svolta nel dibattito sull’autonomia differenziata. Ora spetterà al Parlamento rivedere profondamente la normativa, garantendo il rispetto dei principi costituzionali e l’equilibrio tra le regioni. Un esito che restituisce centralità al dibattito pubblico e istituzionale, rilanciando il valore dell’unità nazionale.