(di Donato Rossiello, Nico Fano)
Archiviato il primo complesso semestre del 2022, possiamo tracciare un breve bilancio. Le riaperture post-pandemia e l’accumulo di risparmio delle famiglie sono stati fattori determinanti per il sostegno dei consumi nelle economie avanzate, favorendo in particolare la ripresa del settore terziario. Questo ha permesso il proseguo di una moderata espansione dell’economia globale, nonostante il rallentamento della stessa oltre le aspettative d’inizio anno – a causa dell’impatto inflazionistico sul potere di acquisto dei consumatori, il restringimento delle condizioni finanziarie o il fisiologico riequilibro dopo il sorprendente rimbalzo del 2021. A proposito di consumatori, gli indici di fiducia sono crollati a livelli molto bassi sia nel Vecchio Continente che negli Stati Uniti, riflettendo i timori legati all’aumento generalizzato dei prezzi. Ancora in un contesto di modesta crescita appaiono i dati sul sentiment delle imprese, soprattutto nell’ambito industriale.
Col mirato intento di contrastare la persistente inflazione la risolutezza delle Banche Centrali sta alimentando un acceso dibattito sulle possibilità di un’imminente recessione. Basti pensare che a maggio negli USA è stato toccato il picco massimo dal 1981 (inflazione all’8,6%); tale andamento è incalzato anche da spinte “endogene” come i significati rialzi nell’ambito dei salari, i prezzi delle abitazioni e numerose altre categorie. L’area euro ha raggiunto il medesimo livello solo un mese più tardi. A incidere restano principalmente la componente energetica e gli effetti del conflitto russo-ucraino, seppure le pressioni siano ormai diffuse. Così, da gennaio, per ripristinare una qualche stabilità sul medio/lungo termine quasi 80 Banche Centrali di tutto il mondo sono intervenute alzando i tassi di interesse; la metà di esse con rialzi consistenti di ben 75 punti base. Ad esempio la Federal Reserve ha manifestato l’intenzione di proseguire sul sentiero di restrizione monetaria, portando i tassi tra il 3,5% e il 4% entro il prossimo anno.
Il quadro attuale vede significative correzioni sui mercati finanziari. Resta da comprendere l’evoluzione delle due variabili «crescita» e «inflazione», la loro velocità relativa. Molto dipenderà dall’atteggiamento delle politiche monetarie. A tal proposito, è possibile individuare tre potenziali macroscenari:
· Stagflazione, se la crescita dovesse rallentare più rapidamente dell’inflazione. Non si escluderebbe lo stato di recessione. Gli utili sarebbero rivisti al ribasso e i tassi d’interesse resterebbero elevati (o salirebbero ulteriormente in una prima fase), continuando a gravare sui prezzi degli asset finanziari. È lo scenario meno auspicabile nonché il meno probabile, salvo ulteriori shock esogeni.
· Rallentamento, qualora crescita e inflazione dovessero scendere in contemporanea. Il graduale riequilibrio delle due variabili consentirebbe alle Banche Centrali di allentare la stretta e quindi, a
fronte di un calo degli utili, i prezzi degli asset finanziari potrebbero iniziare a trovare un parziale sostegno dalla riduzione dei tassi d’interesse.
· Soft-landing, con l’inflazione che rallenta più rapidamente della crescita. Di certo la condizione auspicabile. I mercati beneficerebbero in questo caso, oltre alla maggior tenuta degli utili, di tassi stabili o inferiori rispetto agli attuali.
Con i prossimi dati e le rilevazioni a seguito delle trimestrali societarie potremo delineare meglio il nostro orizzonte di riferimento.