L’immagine del bambino siriano è stata condivisa all’unisono da migliaia di utenti e ripresa dalle più importanti testate mondiali. Il piccolo, seduto dentro un’ambulanza arancione, ferito, è raffigurato coperto dalla polvere delle macerie dopo il bombardamento della città di Aleppo del 17 agosto. I suoi occhi già immaginano di aver perso il fratello maggiore Alì, colpito dalle bombe che si sono abbattute nella loro casa.
La verità è che si fa fatica a vederci chiaro. In Siria sono perdenti sia i sostenitori di Assad sia quelli dell’esercito siriano ribelle. Tutti sottostanno alle regole che scandiscono la vita sotto il califfato. Le coalizioni internazionali anti-IS stanno contrattaccando senza tregua i covi jihadisti dello Stato islamico. Tra i civili, i bambini sono decisamente i più svantaggiati: il problema è che ormai nemmeno le cosiddette adozioni a distanza riuscirebbero ad aiutarli; piuttosto occorrerebbero delle “adozioni a vicinanza” da parte delle innumerevoli associazioni dei buoni samaritani.
Per salvare il mondo basterebbe l’integrazione, il che è tuttavia impossibile, ora. Dunque è questa utopia l’assillo contemporaneo. Eppure Enea, che proveniva da una città Turca, Troia, che era stata distrutta da una coalizione di potenze occidentali (la Nato di quei tempi), sbarcò clandestinamente nel Lazio (profugus fato, nella condizione di profugo) e, integrandosi a meraviglia nella pianura tiberina, sposò la nobile Lavinia dando origine alla cosiddetta genus iulia che molto influenzò la storia di Roma.
In effetti, gli schieramenti ideologici correnti sono i limiti strutturali delle nostre democrazie spaccate, che o si rifondano o, convenientemente, si chiuderanno.