Totti, detto “er pupone de Roma”,
di proprietà dell’ ”A.S. Roma” (sì, codesti giovanotti sono considerati meri
oggetti da tutti gli addetti ai lavori nel mondo della “pelota”. Infatti, hanno
un prezzo, spessissimo, irrazionalmente, esorbitante; vengono comprati con
investimenti da parte della squadra compratrice; e venduti), percepisce,
annualmente, 4, 5 milioni di euro (non lontani dai 9 miliardi di vecchie lire).
Conte, il c.t. della nazionaletta italiettina, dalla quale percepisce, annualmente,
tra una “fresca e un’altra” (ne avrà di scoppole ai prossimi “europei di
calcio” in francia!) oltre 4 milioni di euro, transfuga (che IO sappia, non è
mai successo che un c.t. della nazionale di “calcio” italiana l’abbia
abbandonata in mezzo al guado tra gli europei e i campionati del mondo di “calcio”,
per andare ad inebriarsi non all’”odore dell’erba” di un terreno di gioco inglese, ”sed” al lezzo degli euro, maneggiati da un
oligarca russo, tal roman abramovic, ben inserito nel “cerchio magico” di putin.
Da nicola II a putin, che bella rivoluzione hanno fatto i russi! E negli 80
anni, che li dividono, milioni di morti, tanto per non cambiare, in russia, nei
paesi della cortina di ferro e, per varie, variegate, complesse motivazioni
politiche, militari, economiche, in tutto il pianeta) al “F:C. Chelsea”
percepirà, annualmente, 6,5 milioni di euro (compiangendolo, molti mediatici
scritturali non hanno mancato di informare le plebi che l’esonerato mourinho ne
percepiva il doppio).
Aurelio De Laurentiis, il tipo incazzoso, proprietario
della “S.S. Calcio Napoli”, ha promesso a higuain l’aumento di un milione di
euro sugli annuali emolumenti, dal calciatore percepiti, pur di trattenerlo a napoli
un altro anno, almeno. Stiamo parlando, quindi, della più becera genia di
mercenari che la storia abbia, mai, conosciuto. Gli antesignani di codesti,
quanto meno, per qualche ducato in saccoccia rischiavano la pelle; codesti,
invece, non hanno niente da rischiare. La
loro carne è di proprietà del presidente della squadra nella quale,
provvisoriamente, militano, senza sentirsi di essa parte. Non l’onore, ché chi
non si possiede, cioè chi non è padrone della sua vita, del suo stile di vita
(ne vedi uno e sai che milioni, come codesto, useranno, ad esempio, il medesimo
linguaggio; che vandalizzeranno i loro corpi con i medesimi “galeottanti,
tatuaggi; che indosseranno sul volto i medesimi peli di tendenza, ecc., ecc., ecc.)
non avrà alcun suo Valore Esistenziale da salvaguardare. Non la testa, infine,
ché un loro maestro, si fa per dire, secondo i “rumors”, sul punto di
trasferirsi “ultra alpes” per qualche milione di euro in più sul pane, dagli
agnelli assicuratogli, proclama che il
“calcio” è un gioco che si pratica “con i piedi”, sì che la testa, a lungo
andare, va in desuetudine, da lunga pezza, non interpellata dai “pedatores”.
Insomma, purtroppo, devo Riprendere Lamentazioni, da ME più volte Espresse in
altri miei Scritti: una ciurma di bellimbusti, i cosiddetti tecnici di “calcio”
e i loro cosiddetti allievi, rastrellano tutto il denaro che circola nel
sistema “calcio”: chi più, chi meno o molto meno dalla serie “A”, alla “B”, ai
campionati di “calcio” semiprofessionistici. Mentre gli impianti sportivi in
generale, gli stadi di “calcio” in particolare, per la episodica attenzione,
cura manutentrice, sono in uno stato di irreversibile danneggiamento; inoltre,
per la scarsità di risorse economiche, sia al livello comunale, che regionale,
che nazionale, non se costruiscono di nuovi e, più funzionalmente, efficacemente,
moderni.
Nell’italietta solo la “juventus” degli agnelli è stata in grado di
costruirsi uno stadio di sua proprietà, mentre le altre società calcistiche
professionistiche, dovendo fare i conti con le scandalose richieste di denaro
dei loro assidui frequentatori di discoteche, domenicalmente, in mutande
costretti a tirare male quattro svogliati calcioni a un pallone, devono fare i
conti non solo con le strettoie di una burocrazia, che tutto frena, incaglia
nei suoi capziosi cavilli,”sed etiam” con i bilanci, disastrosamente in
profondo rosso, della pubblica amministrazione centrale e periferica. E come
non essere, sinceramente, costernati dell’incuria,
del disinteresse per i vivai calcistici?
Se sulle scene del “grande calcio”,
si fa per dire, più non appaiono campioni della statura di Boniperti, Rivera,
Mazzola, Riva, Maldini, Baggio, ecc., ecc, ecc., tanto bisogna, senza fallo,
addebitare al superficiale zelo, pensiero, premura che i maggiorenti del
“calcio” italiettino dedicano nell’allevare, educare le nuove leve calcistiche.
Spesso, gli allenatori della squadre giovanili sono stati modesti calciatori
che, magari, insegneranno ai loro neofiti della pedata i prosaici trucchi del
mestiere: come, quando si deve, ad esempio, fare un fallo tattico, o come
bisogna in area di rigore scaraventarsi a terra nel tentativo di rubare a un
arbitro disattento la penalità di un “calcio di rigore”, ma non come si fa uno
“stop”, un lancio da 40 metri al proprio attaccante in attesa, un colpo di
tacco, un passo doppio alla Biavati, cioè
i “fondamentali”, cioè l’abc, la grammatica, la sintassi del gioco
del “calcio”.
Un tempo, Maestro dei giovani e giovanissimi del “Milan” fu
Giuseppe Meazza, Considerato da molti Esperti il più grande Calciatore Italiano
e, in assoluto, di tutti i Tempi. Forse, gli italiettini e con essi la plebaglia
planetaria, sconsideratamente, appassionata di partite di “calcio”, negli stadi
seguite o attraverso il tubo catodico, non ponzano che il denaro è dissipato
nel riempire di euro o di dollari o di sterline o, comunque, di monete in
corso, gli zebedei di una esigua, mondialmente, tana di calciatori e di tecnici.
Si prendono codesti il folle, irresponsabile lusso di distruggere auto di
enorme valore commerciale, quali le “ferrari”, le “porsche” da niang e
balotelli; di possedere barche milionarie; di condurre non una vita di provvida
avvedutezza fisica, atletica e proiettata, finanziariamente, al futuro, quando
per loro, abituati al “nababbismo” degli sceicchi, degli emiri, alle notti
insonni nel consumo con “conigliette” del loro erotismo incontinente, i lauti
guadagni dell’oggi saranno un triste, struggente ricordo. Non pochi di essi,
infatti, appesi gli scarponi al chiodo, “sine pecunia” a sbafo, finiscono in
miseria e muoiono da “clochard”. Codesta la fine di un ex calciatore di diverse
squadre di serie “A” italiettine, tal joachin fernandez, di cui i media in
questi giorni ci hanno raccontato la sua non immeritata fine.
Denaro dissipato,
anche, perché, comunque, sottratto, delittuosamente, al Finanziamento, che sia
pubblico (vedi: la rai e le aziende statali che si occupano di giochi
e pronostici per alleggerire le tasche degli idioti) o privato (vedi mediaset),
di altri Spettacoli di Eminente Spessore Culturale, ai quali la marmaglia da
circo, Ripeto, mondiale non assisterebbe, nemmeno, sotto tortura. La Razionale
Attrazione, nei confronti dell’uomo medio, penultimo, ultimo, di Ciò che
Emoziona e fa Crescere, cioè dell’Arte, della Scienza, della Filosofia, della
Letteratura, passando, purtroppo, da Atene a roma, ha subito una involuta discontinuità: ad Atene, non a
caso, Operò la Genialità Filosofica, Scientifica, Artistica di Grandi Filosofi,
Scienziati, di Poeti, Tragediografi, Commediografi, di Grandissimi Scultori.
Essi Emersero da un Popolo che Si Riuniva in Assemblee, ove le Maggioranze Si
Formavano, Approvando le Idee Migliori, Proposte nel Modo Migliore; che non Si
deprimeva, non si degradava nei circhi, esaltandosi all’orrore del sangue a
fiotti; che Si Divertiva (nell’Accezione Filologica del Verbo, cioè, Acquisiva
gli Strumenti Culturali per Correggere, dare una Svolta Essenziale al suo Essere,
sempre più consapevolmente, Sovrano), Andando a Teatro, ove i Grandi Maestri
della Tragedia e della Commedia Gli Rappresentavano, dialetticamente, la
Necessità Improrogabile del suo Dover Essere Potere, Sciolto da qualsiasi
catena che non fosse il Limite che Esso, liberamente, Si sarebbe Imposto nel
DiversificarSi in Istituzioni, tutte, rigorosamente, Democratiche. A roma non
c’era un Popolo che Si riuniva: c’erano gli abitanti della suburra, rassegnati
a non aver Parola, né Voce (alla Retorica erano, esclusivamente, iniziati
i rampolli delle “gentes”, destinati a
inseguire il “cursus honorum” militare e, poi, politico, per infinocchiare i
giovani militi delle loro legioni che era “dulce et decorum pro patria mori”;
per affascinare la “plebs urbana” e, attraverso la rumorosità di un eloquio
generico, alla renzi, strapparle il consenso ad una politica che avrebbe
realizzato le mene della classe dominante, a cui appartenevano), in quanto
erano “clientes” di una federazione di famiglie che si spartivano,
vicendevolmente, le laute prebende dalle mille e mille ramificazioni
autoritarie di un potere retto, da esse gestito, autarchicamente. A roma non si
sviluppò la Riflessione Filosofica, ché non avevano interesse a riflettere le
classi egemoni sulle cause politiche, economiche di una “res – publica”
ingiusta, la cui pubblicità era riservata, dimensionata a una stretta cerchia
di privilegiati. Non Riflettevano sulla loro politica, economica subalternità i
“suburrani” ché non erano, culturalmente, in grado di farlo: a loro bastavano
elargizioni di farina e di spettacoli circensi ove vomitavano sui disperati
attori degli spettacoli medesimi tutta la rabbia e il livore accumulati nel
loro inconscio, di cui non avrebbero potuto intuire i colpevoli. Del diritto
roma fu maestra nei millenni, in quanto lo “ius” non era altro che la ratifica,
la istituzionalizzazione dei privilegi, delle ruberie, degli impossessamenti di
terre del demanio pubblico perpetrate dalle classi egemoni che la governavano.
E di classi egemoni lo spazio planetario ne ha viste, a iosa, sguazzare su di
esso nei Tempi.! Discontinuità, quindi, Culturale e, conseguentemente,
Politica, Sociale tra Atene e roma; drammatica, esiziale, sottoculturale, non
politica, asociale continuità tra la roma di oltre duemila anni fa e quella di
oggi. Milioni di spettatori, incollati al televisore, a seguire (a pagamento,
non importa se, poi, molti di essi non
riescono ad onorare il modesto balzello della refezione scolastica che
pantalone dona ai loro fantoli) le
partite di ”calcio”o i numerosi, seriosi “bla bla bla” nei “talk show”, in
cui si discute, diciamo, dei pochi fatti e dei molti misfatti nel mondo del
“calcio”. Ancora, masse di tamarri in coda per acquistare il biglietto della
partita della squadra del “quore” (si legge nei loro graffiti “scoreggianti”! Eppure,
i più di essi sono stati, abbondantemente,”squolarizzati”! Come vi
giustificate, o dirigentucoli scolastici, o insegnantucoli dei miei stivali,
che incapaci d’Insegnare, vi inventate, come specchietto delle allodole,
imbecilli progetti, assolutamente, incompatibili con i contenuti curricolari
che avreste l’obbligo di ammannire ai vostri scolari?) o l’abbonamento per l’’intera stagione
calcistica alla quale essa è interessata; in pullman di “avvinazzati”, in
rovinosa invasione, da una città all’altra, da una nazione all’altra Quando Riandiamo
all’Atene di ieri o alla roma di ieri e di oggi, Ci Riferiamo a una Cultura, a
una Civiltà in transazionale contrasto con una sottocultura, una inciviltà che,
grazie alla celere diffusione di esse da parte dei media catodici e cibernetici,
s’è, internazionalmente, diffusa. Per cui, se diciamo roma, possiamo, pure,
pensare ad amsterdam, a parigi, a madrid,
a pechino, a new york. Non sono stati i tifosi, screanzatamente, ubriachi,
olandesi a vandalizzare la ”Barcaccia” del Bernini di “Piazza di Spagna” in
roma ? Non sono stati i tifosi cechi ad orinare su una mendicante in roma?
Allora, smorziamo il televisore, se trasmette partite di “calcio” giocate da
lazzaroni, che non hanno, mai, lavorato, studiato; che non conoscono il valore
del centesimo di euro, nobilitato dal sudore e dalla fatica; che non hanno la
passione agonistica per il “calcio”, né tanto meno trasporto amorevole per la
maglia che indossano, simbolo di quel qualcosa di irrazionale che prende chi
non ha Ideali, cui Tendere, né Valori, dai quali farsi Guidare, anche perché le
agenzie educative: la famiglia, la scuola, la sacrestia, il partito sono
stati muti nell’Indirizzarli alla
Ricerca e alla Contemplazione del Bello, in cui è Insediata la Verità
dell’Esistere.
Disertiamo gli spalti degli stadi, quando giocano coloro che,
mercificano, prostituiscono i loro corpi in cambio di tanto denaro, diseducando
le nuove generazioni, fornendo modelli esistenziali ad esse, nei quali, per
Parafrasare Seneca, non c’è traccia della Persuasione che l’Unico Bene, per
Conseguire la Felicità, E’ la Virtù. ”Chi giudica, Assevera Seneca, come beni
altre cose cade in potere della fortuna, si assoggetta al capriccio altrui”.
Agli avventori dei “bar dello sport”, ove, secondo l’Amara Ironia del mio Compianto
Amico, Dott. Franco Sorrentino, ex Presidente della Provincia di Bari, “s pass
un timp a veiv cafeij e a fmà sgarett e a fa loit p quattr sfadgheut ca iundc
contra iundc von detr a na pall salen e scnnenn u camp (si trascorre il tempo a
bere caffè e a fumare sigarette e a litigare per quattro scansafatiche che
undici contro undici vanno dietro a una palla, salendo e scendendo un campo di
“calcio”, Consigliamo di distrarre il loro fiato dai ribaldi di via sparano in
bari, di via montenapoleone in milano, di via condotti a roma, per 90 minuti,
domenicalmente, impegnati sui campi di calcio in isteriche gomitate, sputi,
sgambetti, danarosi, ché li rende tali un‘organizzazione di faccendieri,
corrotta e corruttibile, che agisce in nome e per conto di lobby politiche, per
non troppo criptiche finalità di egemonia sui poveri di spirito. Schieriamo, di
“contra”, sui campi di calcio i ragazzini, i giovani, dai cosiddetti in gergo
“piedi buoni”. Poiché essi saranno, pienamente, coinvolti, quotidianamente,
negli allenamenti e nelle numerose gare calendarizzate, le squadre di
appartenenza dovranno assicurare loro una dignitosa mercede, che non deve
oltrepassare lo stipendio di un medio “colletto bianco” e i contributi di legge
ché, smessa la professione di calciatori, possano godere di un’altrettale
dignitosa pensione.
Ma le Utopie sono Sogni destinati a non essere Realizzati
in alcun luogo. La non Realizzabilità di Esse si aggiunge ai bagagli pieni di
mali, di sofferenze legati all’annosa
viltà dell’uomo che chiama, secondo Seneca, moderazione il non avere il Coraggio di (DIS)umanarsi.