Sette milioni di italiettini vivono in zone a fortissimo rischio idrogeologico. La Domanda Sorge Drammatica: ”Queste zone sono state, da sempre, nella testé menzionata condizione? O i sette milioni, testé menzionati, quando si troveranno davanti a pietro, per chi ci crede, dovranno, inevitabilmente, ammettere di essersi in vita guadagnata la pena dell’inferno per il reato gravissimo di concorso con gli speculatori delle italiche zolle nella distruzione dell’ambiente (“Il giardino d’Europa è l’Italia”, Leggevamo, da infanti, nei nostri sillabari.
E’ vero che tanto fosse interessata propaganda fascista, teleologizzata a far crescere in noi bambini l’autostima di essere italiani, per cui, poi, da giovani, idioti utili al duce, sarebbe valsa la pena “pro patria mori”) in cui la Natura li ha, senza meritarselo, depositati”? Anche, tollerare che si costruisca nell’imminenza degli argini dei fiumi; che si costruisca sui corsi d’acqua, dopo averne coperto col cemento il letto; l’inerzia, la pigrizia, il disinteresse (tanto non sono cazzi nostri!) nel costringere, sollecitare chi di dovere ad operare la pulizia del percorso dei fiumi, è un delitto, se non da codice penale, da Codice Etico, quanto meno. L’acqua, Diceva un Amico mio, ha urgenza di andare al mare, e noi italiettini ne abbiamo frustrato, ne frustiamo in tutti i modi, con tutti i mezzi materiali, con la sottocultura del più bieco, vieto, egoistico individualismo, l’anelito di essa, ineludibile, a congiungersi, a dissolversi con/ nell’azzurro nettunio. Machiavelli Ammoniva che la fortuna è donna e va padroneggiata, sottomessa. Come? Non ha diritto di lamentarsi dei disastri combinati dalle alluvioni, dalle tracimazioni dei fiumi, se d’estate o, comunque, quando i fiumi sono poveri d’acqua, non vengano di essi rinforzati gli argini e non si ponga mano a quei lavori utili, necessari per limitare la pericolosità, irresponsabilmente, considerata mala sorte, bara fatalità, cattiva fortuna, dell’alea che le forti piogge ingrossino un lento ruscelletto in un ”mare che si muova”, per usare la spaurita espressione di un condòmino di livorno. Un adagio in Lingua bitontina Recita:”Schiut all’aria ca mbacc t vein”(sputa, pure, in aria, ma allo sputo in faccia non potrai sottrarti). O discotecaioli, vascorossiani, interisti, milanisti, juventini, ascoltate, quando avrete le vostre case, non di rado, abusive, distrutte dall’inclemenza di un ecosistema violentato, ordinatosi, pazientemente, in milioni di anni, e i vostri morti, non servirà punto trasformarvi in diligenti volontari, da “angeli del fango”. La Natura e pietro, per chi ci crede, vi avranno, già, giudicati. Non vi resterà, allora, altro da fare che versare, come magra consolazione, lacrime amare sul telegramma di partecipazione, di condivisione al/del vostro dolore, sofferenze, inviato dall’inquilino quirinalizio di turno, istituzionale, di prammatica, di consueta, ma, certamente, fredda, freddissima, convenzionale, distratta (carica di: ”uffaaaaa, quanti rompimenti di…”), a voi lontana vicinanza. E amen!