Ci sono, ancora, in giro nell’italietta
democristiani dorotei?
Insomma, il doroteismo (un metodo di fare politica, si
fa per dire: dare l’impressione di cambiare, per non cambiare nulla; dare
l’impressione di adoprarsi per risolvere qualche problema, per non risolvere
nulla; dare l’impressione di stare dalla parte di coloro che hanno subito un
danno, una palese prevaricazione, per essere nella realtà, nei fatti ad essi
indifferenti) è (impunemente, per coloro che lo praticano) riuscito a
sopravvivere, “etiam”, nella seconda repubblica, quella martoriata da 20 anni
di berlusconismo e, poi, dal putto gigliato, non si sa fino a quando ?
Purtroppo, la risposta inequivocabile è: ”Sì!”.
Ai miei 25 Lettori Voglio
Donare, “statim”, la testimonianza, la prova dell’esistenza in vita del
doroteismo. Il, sempre, democristiano mattarella, assurto al “quirinale”,
grazie alle insindacabili indicazioni di voto ai suoi cortigiani del doroteo,
irrevocabilmente, “in fieri”, matteo renzi, in occasione del 36/o anniversario
della strage di ustica (81 Vittime, Passeggeri ed Equipaggio del “DC9 Itavia”,
in volo da Bologna a palermo, precipitato nel mar tirreno il 27 giugno 1980),
il 25 giugno 2016 ha inviato uno
scontato telegramma, nel linguaggio e nei contenuti, a Daria Bonfietti,
Presidente dell’Associazione “Parenti delle Vittime di Ustica”.
L’inquilino del
“palazzo”, dopo aver ai famigliari, di cui sopra, espresso la sua vicinanza,
ribadito il suo instancabile impegno ”in 36 anni mai venuto meno, per tenere
viva la memoria e per continuare a cercare di gettare piena luce sulla
tragedia”, ha auspicato che ”passi avanti possano ancora essere compiuti e che
si riescano a rimuovere le opacità purtroppo persistenti”, ovviamente, sulle
cause, sui responsabili della strage, ha rivolto il suo saluto ad essi,”unito
al sentimento più profondo di solidarietà“.
A parte il fatto che la sua presenza
ad andria, in occasione dei funerali delle 23 vittime dello scontro frontale di
due treni della “Bari Nord”, avvenuto il 12 luglio 2016 lungo la tratta andria – corato, odorava
nella sua prassi, come in passato in
quella dei suoi predecessori alla presidenza della repubblica, come ieri, oggi,
domani in quella delle altre importanti istituzioni italiettine, di promesse,
mai mantenute, di solidarietà, di impegni infruttuosi, dopo decine di anni, nella ricerca delle colpe e
delle responsabilità, stigmatizzate di nomi, cognomi, indirizzi, nazionalità,
di tante cruente italiche tragedie, mattarella ha dimenticato che egli gongola
nell’”establishment” italettino sin da quando era in fasce. Ché generato dal
padre bernardo, “leader” di rispetto (“absit iniuria verbis”: non MI Riferivo
con la qualifica “di rispetto” alle tenui insinuazioni, importune, a dire il
vero, di qualche commissione parlamentare antimafia sulle discretissime
vicinanze del parente del nostro alla sicula mafia) della vecchia “dc”; il
fratello, presidente della regione siciliana, ahimè falcidiato da un commando mafioso;
egli stesso ascoltato, stagionato parlamentare, ministro della difesa.
Chi, se
non i ministri, che si sono succeduti al timone, alla gestione,
all’amministrazione di codesto dicastero, se avessero Voluto Conoscere la
Verità sul tonfo dell’aereo “Itavia” nel tirreno, avrebbe potuto essere,
dettagliatamente, messo a parte di ciò che avvenne nel cielo di ustica; quali
le nazioni coinvolte in una battaglia nello spazio aereo italiettino; da dove, da
quale nave, da quale aereo fu sparato il micidiale ordigno che colpì il nostro
aeromobile; quali i grecati depistatori italiettini di alto livello che
ordinarono di cancellare le prove delle probabilissime responsabilità di
intoccabili di casa nostra e internazionali ? Chi, attualmente, se non
mattarella, ex giudice della “Corte Costituzionale”, capo dello stato, capo
delle forze armate, presidente del ”csm”, più che ad altri, deve richiedere a
se stesso, coraggiosamente, di mettere in campo la personale diligenza, lo
zelo, la solerzia, la sollecitudine, lo scrupolo, la cura ché gli organi
istituzionali della magistratura, le forze di polizia, sgomberando le “zone
d’ombra”, i “muri di gomma” nazionali e internazionali, trovino le prove, il
modo di assegnare ai “cancelli” per tutta la vita i mandanti, quelli veri, gli
esecutori, quelli veri, delle truculente “stragi di stato”: da piazza fontana
in milano, a piazza della loggia in brescia, dal treno “italicus”, alla strage
di Bologna, dall’”affaire” moro, ad ustica ? Per tanto sangue di innocenti non
ci sono “misteri”, caso mai, se, razionalmente, s’intendono, bugie mistificate
per metafisici “misteri”, spudoratamente
definiti non decrittabili da qualsivoglia Analisi Razionale.
Per quanto
riguarda l’”affaire moro”, ad andreotti
e cossiga è stato permesso di morire nel loro letto, pur se Ferdinando
Imposimato, Giudice Istruttore della vicenda del sequestro e dell’uccisione di
moro, Intervenendo da reggio calabria sul “caso moro” in occasione della
rassegna ”Tabularasa” dell’associazione “Urbs/Strill.it”, ha Asseverato con Convinzione:
”L’uccisione di Moro è avvenuta per mano delle Brigate Rosse, ma anche e soprattutto
per volere di giulio andreotti, francesco cossiga e del sottosegretario lettieri.
Se non mi fossero stati nascosti alcuni documenti, li avrei incriminati per
concorso in associazione per il fatto. I servizi segreti avevano scoperto dove
le Br lo nascondevano, così come i carabinieri. Il generale della Chiesa
avrebbe voluto intervenire con i suoi uomini e la polizia per liberarlo in
tutta sicurezza, ma due giorni prima dell’uccisione ricevettero l’ordine di
abbandonare il luogo attiguo a quello della prigionia. Quei politici sono
responsabili anche delle stragi: da piazza Fontana a quelle di Via D’Amelio”.
In questo Scritto MI Dedicherò, compatibilmente con lo spazio a mia
disposizione, più diffusamente, al “caso moro”, ché qualche mese fa il “boss”
camorrista raffaele cutolo ha tirato fuori dal cilindro dei suoi ricordi
l’ultima sua verità sul medesimo caso, affermando: ”Potevo salvarlo, gava ci
fermò. Era pronta un’irruzione con uomini armati poi da roma arrivò un
contrordine. La verità su Moro non si saprà mai, anche se vi posso dire che non
l’hanno voluto salvare”. Si consideravano, si dicevano amici i democristiani,
eppure, mai, irrevocablii nemici si combatterono, tanto aspramente, quanto
codesti amici che arrivarono, perfino, a demandare a scherani prezzolati la
“finis vitae” dei loro competitori nella spartizione della torta “dc”, del
governo, del sottogoverno.
Chi era moro? Era, forse, umanamente, politicamente
diverso da andreotti, cossiga, fanfani, forlani e mille e mille e mille altri
democristiani ? “NO!” e, comunque, non MI risulta, affatto, che la stragrande
maggioranza della fauna democristiana abbia gettato una lacrima vera, si sia
attivata per la sua salvezza. Cresciuto, assieme a Dossetti, La Pira, fanfani,
andreotti, sotto la chioccia di gianbattista montini, poi, elevato al soglio
pontificio col nome di paoloVI (avrebbe potuto fare molto di più il montini per
moro, ma si limitò, sotto la spinta della “Loggia di Cristo”, secondo mino
pecorelli, un’accolita di cardinali e di alti dignitari vaticani massoni, a
redigere un’algida epistola ai brigatisti, chiedendo la liberazione del
prigioniero “senza condizione”, postilla che decretò la necessità, secondo le
“br”, della soluzione finale per moro.
Moro, inoltre, in una lettera alla
moglie, si lamentò che il papa aveva fatto per lui “un po’pochino”), percorse
il “cursus honorum”, all’interno della “dc, e al governo: più volte ministro e
per 5 volte primo ministro, “sed” senza lasciare nella storia della nostra
repubblica tracce indelebili di opere e
di risoluzione di annosi problemi, specie di quelli del sud italiettino La
Storia lo ricorderà per il tradimento di coloro che egli presumeva fossero suoi
amici e per il suo martirio. Anche se passa, è passato per Tale, Statista non
fu! Indolente, quasi un medio orientale (qualcosa vorrà dire il suo essere nato
a maglie, in provincia di lecce!), soleva ripetere: ”Il rinvio è il momento
significativo di ogni disegno riformatore…Per fare le cose occorre tutto il
tempo che occorre”. Non diversamente da andreotti, fanfani, cossiga, non poteva
fare, farisaicamente, a meno della messa quotidiana, però, “a sua insaputa”,
s’era fatto, durante una visita in sicilia, da segretario nazionale della “dc”
negli anni ’60 del secolo scorso, fotografare sorridente, soddisfatto, con
l’allora capo della mafia siciliana, tal genco russo.
Certo, mai, arrivò agli
eccessi di andreotti che si spinse, o fu costretto, a baciare, per “la ragion
di stato”, sulla bocca, secondo il gossip giornalistico, salvatore riina. Per
Pasolini moro fu “il meno implicato di tutti nelle cose orribili che, da Piazza Fontana a Piazza della Loggia,
hanno segnato i primi anni settanta; ma il più responsabile di tutti” ché, ad
onta delle miserabili infamie, compiute dai suoi amici – nemici, rimase dove
loro sguazzavano per libidine di potere. Leonardo Sciascia, in un’intervista
rilasciata a “Radio Radicale” il 14 novembre del 1980, Proclamò: ”Io non sono
di quelli che credono che Moro sia stato ucciso perché voleva portare il PCI al
governo. Moro non voleva questo, lavorava a rosicchiare gli altri partiti per
il maggiore splendore della DC”.
Moro col centrosinistra aveva portato i
socialisti nella stanza dei bottoni, come tronfiamente e, stupidamente,
trionfalmente, si gloriava nenni, e i socialisti fecero la fine della “pulce
nella farina”. Non passava giorno, dal dì che erano entrati a far parte del
governo, che un socialista non veniva indagato per tangenti o per altri reati
di matrice corruttiva. Grazie, si fa per dire, a moro si operò il genocidio dei
socialisti e la scomparsa del “psi” con “Mani pulite”. Il “compromesso storico”
tra “dc” e “pci”, secondo le riserve mentali di moro, non doveva servire ad
allargare il consenso allo stato democratico, evitando possibili derive
autoritarie di destra o totalitarismi di sinistra, semmai, doveva rendere più
elefantiaca la, già immensa, dimensione elettorale della “balena bianca”. Moro
sapeva che la dirigenza periferica e centrale del “pci” non era costituita da
Uomini di Sinistra, e questo da sempre, “sed” da piccolo – borghesi che si erano
posizionati a sinistra e che non
vedevano il momento di offrire al mondo il loro vero volto, di confessare di
essere, politicamente, il “mero nulla” o clintoniani o kissingeriani
guerrafondai, dopo aver per una vita mangiato pane e companatico mercé un
partito che aveva innalzato parecchi di costoro ai più alti scranni della
repubblica. Tanto per non far nomi, d’alema alla presidenza del consiglio dei
ministri e napolitano alla presidenza della repubblica che durante il suo
settennato ricevette, con gli onori dovuti ad un capo di stato, kissinger, il
“grande vecchio”, forse, la mente del rapimento di moro e della sua condanna a
morte, affiliato al “Bildenberg Group”, il meno che si possa dire,
un’organizzazione massonica di stampo mondiale.
Le masse pciniane? Sprovviste
di Barlumi di Cultura, di Etica, ideologicamente, qualunquiste non avevano
niente da invidiare, in quanto a note
negative, alle masse cattofasciste, per cui non era, neanche, necessario
sdoganarle, formalmente, ufficialmente; in piena servile autonomia si sarebbero
messe a far da sgabello al potere “dc” per un ulteriore cinquantennio. I veri
intendimenti del ”Compromesso storico” di moro non furono, sufficientemente,
compresi dalle lobby statunitensi, dalla “Casa bianca”, dal Dipartimento di
stato degli “states”. Grosse preoccupazioni, data la posizione geografica
dell’italietta nel Mediterraneo, non ininfluente nella ripartizione delle “zone
d’influenza” mondiali tra le due superpotenze, aleggiarono negli ambienti
politici, militari, finanziari statunitensi, sì che kissinger, avuta notizia
del rapimento di moro da parte di un gruppo terrorista, denominato “brigate
rosse”, inviò nell’italietta un suo assistente, uno psichiatra, il dott. steve
pieczenik, il quale , subito si piazzò al “viminale” e impose ad andreotti, a
cossiga, a zaccagnini, alle organizzazioni malavitose, quali la camorra, la
mafia siciliana, la ndrangta, la banda della magliana, alle forze dell’ordine
di ubbidire ai suoi disegni strategici nella gestione dell’”affaire moro” che
contemplavano la “destabilizzazione per la stabilizzazione”. Cioè, bisognava
lasciar fare i destabilizzatori, i brigatisti, che avevano rapito moro,
metterli nella condizione di doverlo ucciderlo, per stabilizzare nell’italietta
quello che i brigatisti denominavano il “sim”, cioè, il sistema imperialistico
delle multinazionali.
Dopo 30 anni dall’omicidio di moro, pieczenik ha vuotato
il sacco in un libro – intervista pubblicato nel 2008, edito da Cooper e curato
da Nicola Biondo dal titolo: “Abbiamo ucciso Aldo Moro. Dopo trent’anni un
protagonista esce dall’ombra”. Tra l’altro lo psichiatra ammette:” Ho messo in
atto la manipolazione strategica che ha portato alla morte di Aldo Moro al fine
di stabilizzare la situazione in Italia. I brigatisti avrebbero potuto cercare
di condizionarmi dicendo “o soddisfate le nostre richieste o lo uccidiamo” Ma
la mia strategia era ”No, non è così che
funziona, sono io a decidere che dovete ucciderlo a vostre spese”. Mi aspettavo
che si rendessero conto dell’errore che stavano commettendo e che liberassero
Moro, mossa che avrebbe fatto fallire il mio piano. Fino alla fine ho avuto paura
che liberassero Moro. E questa sarebbe stata una grossa vittoria per loro”.
Mario Luzi ha Scritto: “Acciambellato in quella sconcia stiva, /crivellato da
quei colpi, /è lui, il capo di cinque governi, /punto fisso o stratega di
almeno dieci altri, /la mente fina, il maestro /sottile /di metodica pazienza,
esempio /vero di essa anche spiritualmente: lui”/. Se c’è Qualcuno a cui Interessano
la Democrazia, la Libertà, l’Indipendenza Politica, behhh, non guardi
all’italietta!