E-grege uomo comune,
l’uomo qualunque, il piccolo-borghese del commediografo-giornalista, guglielmo giannini, che si sentiva
schiacciato dalla classe politica, scriveva sui muri: ”Abbasso tutti”, tu,
“contra”, o uomo comune, sia proletario, che presidente della confindustria; sia
analfabeta con la licenza di terza media, che luminare accademico, scriveresti:
”Viva tutti” gli inquilini di turno del potere politico o religioso.
Tuoi i
pensieri, le parole, le omissioni, pari, pari, quelle del coro; ciononostante,
ti sbracci nel pretendere che gli altri li apprezzino partoriti dal tuo cranio,
come atena da quello di giove.
Ad esempio, bergoglio, che in fatto di
comunicazione ”pro domo sua” lunga la sa, saluta non con la canonica formula: “Dio
sia lodato”, ma con il laico, prosaico: ”Buon giorno, buona sera, buon pranzo”?
Ecco, tu, o uomo comune, sbottare con una scarica d’impressionante, panciuto
acriticismo: ”Vita, vita, vita, o bergoglio”, secondato da milioni di cervelli
spenti, come il tuo.
IO ti Solleciterò a renderti conto di ciò che sei, del tuo
stile, si fa per dire, di vita, del tuo sragionare senza soluzione di
continuità, del tuo essere scranno di qualsiasi potere e, quindi, del tuo
essere, pur indirettamente, responsabile della Storia cruenta, senza essere, a
prima vista,”faber” di Essa, tanto meno, della tua, e di tanto, tanto altro.
Come? Proponendoti alcuni esempi del tuo “fare”, del tuo ”agire”, semplici,
semplici, non andando troppo a “r
nannasc”, che nella lingua di bitonto significa non eseguendo tuffi nel passato
remotissimo, ma fermandoMI al passato prossimo.
A patto, però, di astrarre il
passato prossimo, pur immeritevole della nobile Astrazione che Compete “Rebus
Gestis” dei Numeri Uno, Vissuti in Solitudine, dal Tempo, magma di passato,
presente, futuro, dissolvendolo nell’Eterno. Ché l’uomo comune nacque con
adamo, se non fu adamo stesso!
Mi Sposto, pertanto, a rozzano, alle porte “d mlano”,
secondo la calabra – sicula pronuncia.
Acque agitate tra mammini e papine
cattolici e mammini e papini islamici!
Pomo della discordia, non la sensuale elena omerica, ”sed” un “diktat” del
dirigentucolo scolastico di un istituto statale comprensivo, il quale, vestiti
i panni renziani dell’uomo solo al comando, ha, perentoriamente, annunciato,
non dal balcone, come l’originale da quello di “palazzo venezia”, sebbene, non
avendo sottomano un balcone, dalla scalinata fatiscente della decadente
fabbrica in cui la legge “de bona schola” l’ha autorizzato al “ducentato”: “Il
natale cattolico nella mia scuola non ha
da essere celebrato e festeggiato”.
A tale nuncio, “statim”, urla, strepiti,
strappi di capelli, mancamenti “genitoriali”, griffati di “cattolicità”, e
finta, a Parere Mio, condivisione dell’indignazione dei cattolici da parte
della “genitorialità” islamica, ferma nel ribadire che non ha, giammai,
considerato un problema far partecipare nella scuola i propri fantoli alla rievocazione del natale
del bambinello all’unisono con i loro “pari” d’altra fede.
Ecco, come comincia
a venire fuori l’“uomo comune”, o uomo comune.
La Scuola è un Luogo Pubblico, non “sacro”, cioè non
recintato, ove possano entrare, solo, i catecumeni, gli iniziati, i neofiti di
una qualsiasi fede religiosa, di una qualsiasi ideologia politica, e se mai,
solo, tollerati gli “infedeli”.
La Scuola non ospita: le tradizioni, le annose abitudini, i pregiudizi del volgo, che
sono i mattoni, le pietre, i tufi, i materiali, insomma, pseudopedagogici
indotti in esso dal potere nel tempo e nello spazio per costruire i “muri” tra
l’uomo e l’altro uomo; le identità (di cui oggi si fa strombazzata apologia da
parte dei capi e capetti dell’occidente) che chiudono l’uomo in camicie di
forza sottoculturali e gli impediscono la sua esteriorizzazione all’Altro, agli
Altri.
La Scuola è il Luogo dove Si Usa,
non come fine, ma come mezzo per il Progresso Etico di una Comunità Ricca di
Cittadini, non di condòmini, il Sapere o i Saperi (da Quelli Fondamentali alle
Complesse, Sublimi Costruzioni della Scienza, della Filosofia, dell’Arte, della
Letteratura) così come Si sono Sviluppati, grazie alla Passione, alla Tenacia,
al Coraggio, allo Studio, che è Amore, di Pochi Uomini, se si considerano i
miliardi di “animalia” che, dotati di Ragione in virtù della Darwiniana Selezione
Naturale, non hanno lasciato alcuna traccia del loro passaggio sulla zolla
terrestre, in breve: i miliardi di uomini comuni, come te, o uomo comune.
In
Essa, per Essa il Bambino, poi il Giovane (non “qui iuvat rem publicam,” ché,
supinamente, accetta di andare in guerra, “sed”, perché, attraverso lo Studio
della Storia, Impara che non è vero il “mantra” di Cicerone: ”Dulce et decorum
est pro patria mori”, mentre è, storicamente, vero che le patrie sono state botteghe “di lapidi e di croci” e, all’unisono
con Altri che, come Lui hanno Imparato cosa furono, sono le guerre e le
motivazioni per cui furono, sono dichiarate, Tenta, Si Prodiga, Si Attiva a
Tenere Lontana la sua Comunità da esse), poi l’Adulto Si Realizzano, come “Non
Essere”, nel senso che, Razionalmente, Si Liberano di tutte le definizioni
anagrafiche, burocratiche, sociali che da più parti sono loro state imposte.
Per cui l’Uomo Laico,
Cittadino ”Non Comune”, è Colui che
Rassomiglia al Cremete di Terenzio, il quale Dice di Sé: ”Homo sum nihil umani
a me alienum puto (uomo sono e considero non a me estraneo tutto ciò che è
umano)”. Se si nasce in un “essere, particolarmente, definito”, Compito della
Scuola è Riportare i suoi Discepoli nel “Non Essere Indefinito” con un
Linguaggio, anche, Difficile, non semplice o non semplificato, ché le Finalità
della Comunicazione Pedagogica non Appartengono a quelle del mondo da cui Essi
provengono: della famiglia, dell’oratorio, del partito (quando, da giovane, ho nel mio “borgo selvaggio” frequentato, per
qualche tempo, una sezione del pci, sono rimasto Scandalizzato nell’AccorgerMI che ivi si giocava a carte o alla passatella, mentre IO avevo Immaginato
che essa dovesse essere, Culturalmente, l’alternativa all’addormentamento delle
menti operato dalle sacrestie e dai “bar dello sport”).
Si Nasce sul Pianeta
“terra”: questo è il punto, Eticamente, più Alto della Conoscenza a cui la
Scuola deve Innalzare gli Uomini “in Fieri”, SottraendoLi al pregiudizio, il
più infame tra i pregiudizi, che sia il genere sessuale a dare le coordinate al
Magma dei loro Sentimenti e della loro Affettività nell’intrico imprevedibile
dei rapporti esistenziali; per il resto le modalità delle epifanie umane,
l’essenza di esse nel tempo e nello spazio non sono altro che le Fraterne Particole
del “Non Essere” che la Scuola deve, può Ricomporre, come un interminato
“puzzle”.
Al fine di Dispiegare sino in fondo la Mia Disperata Esigenza di
Chiarirti, o uomo comune, cosa Significhi “Non Essere” uomo comune, voglio
Esporti una Favola che serva alla ”Bisogna” più delle mie Parolette.
In quel
tempo un re, sentendosi vicino alla morte, chiese ai Saggi, della sua corte,
quale fosse il Fine che ogni uomo dovesse perseguire durante la sua esistenza.
I saggi si misero subito al lavoro, consultando le migliaia di libri in
dotazione della Biblioteca di corte. Riassunsero, dapprima, il contenuto di
cento libri, poi di altri cento, poi di
altri cento, ma nessuna conclusione di codeste sinossi soddisfacevano il re
morente.
Quasi sul limitare tra la vita e la morte del re, finalmente, un Saggio,
senza avere troppa fiducia di ciò che era il “ leitmotiv” della sinossi degli ultimi
cento libri consultati, Si avvicinò al letto del suo sovrano e gli Proclamò:
”Maestà, ciascun uomo nella sua vita deve cercare di essere Uomo”.
La Verità
dell’Uomo, della sua Teleologia Esistenziale era, è, dunque, un “Uovo di
Colombo”, i Saggi Scoprirono, Scoprono “l’america”, come, trivialmente, si
dice.
Eppure, ”Sii uomo”, a cui i Saggi erano arrivati, dopo aver compulsato le
pagine dei più eminenti Studiosi e Filosofi,
non era una massima da poco; era la Sintesi di ogni Pedagogia Possibile:
il re era vissuto in qualità di primogenito maschio, di infante, di erede al
trono, di re, di padre, aveva trascorso la sua vita, indossando, continuamente,
definizioni, ma, giammai, nessuno gli aveva Intimato, Suggerito di Sottrarsi a
quel dimidiamento definitorio, per Recuperare la Totale Ricchezza Umana che è
Situata nel “Non Essere” qualcosa o qualcuno a mo’ di “mezzobusto”, quasi calviniano,
o ”tagliato a fette”.
Per Riprendere il Progetto dell’”Incipit” della Presente
Epistola a te Destinata, o uomo comune, MI Corre l’Obbligo di Proferirti che il dirigentucolo
dell’istituto scolastico comprensivo di rozzano non ha vietato i festeggiamenti
natalizi con corredo di cori, delittuosamente, provati e riprovati e da te
approvati, o miserabile uomo comune, per autoapplaudirti di aver generato un
oggetto speculare, ognora, alla tua irresponsabile piccolezza intellettuale,
nelle ore curricolari durante le quali i
fantoli hanno l’Inderogabile Dovere (ché ad ogni stagione della vita la
“Paideia” non permissiva Prevede che i Docenti Curino la Responsabilità dei
loro Scolari, SpronandoLi ad Attendere a
Precisi Obblighi e Doveri Tarati sulla loro Età) di “Imparare a Leggere,
Scrivere, Far di conto”, ma perché permettere che una parte delle sue
scolaresche si allenassero, si esercitassero alle franceschielliane “feste,
farina e forche”, fruendo del “natale cattolico”, avrebbe ferito la presunta
sensibilità dei bambini di fede islamica.
Invece, i genitori di questi ultimi,
pur di mantenere i loro figli nella medesima ignoranza dei loro compagni di
classe cattolici, hanno smentito il dirigentucolo, replicandogli che la carenza
cognitiva dei loro parti per loro non era, non è mai stata un problema.
Ecco,
la globalizzazione dell’uomo comune, il cui pensiero unico, che i figli
riguardi, anche, è: ”Primum vivere,
deinde nescire, semper ludendo”!
O uomo comune, come mai continui a mitizzare
la costituzione italiettina, che più la Guardo, la Studio e più MI appare un
immedicabile pateracchio di contraddizioni, di compromessi, di inciuci tra
ideologie. interessi, partiti, pur tra loro inconciliabili?
Essa, nonostante
al 1° comma dell’art. 7, solennemente, dichiari “lo Stato e la Chiesa
cattolica…, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”, nel 2° comma
del medesimo articolo si contraddice, introducendo in essa i “Patti
Lateranensi”, rendendo problematica la Laicità dello stato italiettino, col
confermare, ad esempio, l’insegnamento della religione cattolica nella scuola
pubblica, oltre che nelle scuole paritarie e imponendo agli italiettini, come
festività nazionali, le festività cattoliche.
Se tu non fossi comune, o uomo,
probabilmente, ti Convinceresti che la fede religiosa appartiene al tuo
“foro interiore”, alla tua sfera privata, alla tua coscienza e non può essere
invasiva della sfera pubblica, che appartiene a te e a milioni di italiani non
cattolici o, addirittura, non professanti religione alcuna.
Fra pochi giorni,
l’8 dicembre le scuole, gli uffici pubblici e privati italiettini, il
commercio, le fabbriche saranno chiuse
per festeggiare il concepimento di maria, immune dal peccato originale,
personaggio, costruito in un dogma, promulgato
l’8 dicembre 1854, dal papa pio IX, di molto dubbia storicità, come suo figlio,
ingravidata dallo spirito santo, non da un membro maschile.
Tutto, pertanto, un
coacervo di fantasticherie che offendono la Ragione! E’, incontrovertibilmente,
Vero che: l’Uomo ha, sempre, Guardato al cielo nella Speranza di Scrutare in
esso il Creatore di tutte le cose; che gran parte dell’Indagine Filosofica
Occidentale ha Riguardato, fino a Kant, il Problema di Dare Fondamenti Scientifici alla Metafisica
che S’Interessa di dio, del mondo, dell’anima, della mortalità o immortalità di
essa. Ma Conversare con il cielo è Porre la Ragione nella Perfetta Rettitudine
di Curiosa Ricercatrice, mentre dar credito ai dogmi, modo di desumere opinioni
diffuso tra gli uomini comuni, è come
sprofondare negli abissi della malafede superstiziosa.
“Il cielo, Diceva
Voltaire, è il più bel Tempio di Dio” e, non di rado, anche agli Atei Viene
Indicibile Voglia di Ascendere a quel Tempio, per Incontrare Colui, la cui Divina
Vaghezza Possiamo Cogliere nella Meraviglia e, Intuitivamente, Essendo Egli la
Verità al di là delle parole, che il tuo
senso comune esplodono, ma non al di là del Pathos che Rende il Poeta Degno di
un Dio.