In un consesso, organizzato per riunire coloro che sono favorevoli alla “controriforma renziana”, ha preso, tra tanti illustri cultori dell’Arte di Cicerone, tal de caro, che MI dicono sia il primo condòmino della città metropolitana (bari città metropolitana? Se penso che la sua università ha organizzato un evento, molto pubblicizzato dai “media” e dai “social”, per premiare i “pooh”, devo concludere che i miasmi del provincialismo più chiuso e ottuso devono essere inestirpabili, irrevocabili nel borgo nicolaiano), ha concluso il suo aulico intervento, proclamando il suo indefettibile “sì” non tanto al parto politico (??) di renzi, ma a renzi, anche se si è affrettato a precisare che il suo “sì” era pronunciato “pro patria”, pro bono communi”, pro suis filiis (per le sue figlie)”. Anche da come si esprimono i suoi cortigiani, si capisce, si evince che renzi è già a buon punto nella costruzione politica dell'”uomo solo al comando”, che detta i compitini ai tapini suoi, i quali devono eseguirli, usando il medesimo linguaggio del capo. In codesta lunga, noiosa campagna elettorale, non referendaria, per la quale più non si move foglia nell’italetta, ove tutti gli “addetti ai lavori” (non il 60% dei giovani disoccupati, non i moltissimi, che in questa temperie economica, gli uni dopo gli altri, perdono il lavoro, non i milioni di poveri, di pauperizzati, di pauperizzanti, giorno per giorno, non coloro che non possono curarsi, sfatti dalle interminabili liste d’attesa) sono concentrati sul “sì” o (non piuttosto al…) al “no” a renzi, non ho ascoltato dagli epigoni renziani, niente che renzi non abbia, contenutisticamente, linguisticamente, loro suggerito: “… e noi siamo gli autori del cambiamento e la vecchia politica in tanti anni non è riuscita a fare ciò che noi in pochi mesi abbiamo fatto e se passa il “no”, ci sarà lo stallo e non il cambiamento e tuoni e lampi devasteranno l’italia e, invece, se passa ils”sì” tutto sarà più semplice nell’approvazione delle leggi e dimezzeremo il costo della politica e i cittadini, attraverso i senatori che saranno i sindaci e consiglieri regionali, avranno più possibilità di far sentire la loro voce e aboliremo gli enti inutili, come i “Cnel” e sparirà il bicameralismo paritario, ecc., ecc., ecc.,”. Insomma, tutti gli ex dalemiani, bersaniani, veltroniani, prodiani, rutelliani, craxiani e chi ne ha più ne metta, saliti, vilmente, sul carro del vincitore, vanno diffondendo la bufala che, grazie a renzi e alla sua “controriforma”, sullo stivale sarà, finalmente, nuovamente, istituita l'”età dell’oro”. A favore di cosa, di chi? “Della patria, del bene comune (secondo il “diktat” dell’attuale chigiano, speriamo, voglia il cielo, non oltre il 4 dicembre 2016), ma, soprattutto, in favore dei “nostri figli”. Addirittura, il proconsole di renzi in terra di bari s’è allargato a precisare: “a favore delle mie figlie”. Cari miei 25 Lettori, occhio, state in guardia, quando un politicante, tipo di mezza tacca, parla di figli, tranquillizzatevi, egli, nel momento in cui parla, riferisce, non teleologizza ad altri il suo fare, il suo impegno, il suo sbracare le braccia, se non ai prodotti dei suoi spermatozoi. L’unico cambiamento dal passato al presente sta nel fatto che ieri i padri, in qualche modo aderenti (espressione in uso in sicilia, “capisc a me!”) al potere, brigavano in silenzio per i propri figli, per cui abbiamo avuto dinastie di politici (vedi: bernardo mattarella, il padre dell’attuale presidente della repubblica, egli stesso più volte ministro, un altro figlio, il piersanti, ammazzato dalla mafia, presidente della regione siciliana; in bari i fratelli pisicchio, uno deputato, l’altro consigliere regionale, figli di un accorsato sindacalista della “cisl”), dinastie di primari ospedalieri, di baroni universitari, dinastie di industriali; dinastie di titolari di studi legali, di ingegneria, di architetti, dinastie di attori, di registi cinematografici e teatrali, di cantanti o presunti tali, ecc., ecc., ecc. . Mentre oggi chi, per grazia di dio, o per altrui stupidità (letta, bersani, cuperlo, d’alema, veltroni, prodi e l'”altrume” qualche anno ai vertici del pd, si sono fatti togliere di sotto al culo da un putto sottoacculturato, ex galoppino democattolico, il cadreghino di un partito, erede del Patrimonio di Lotte, di Conquiste Sociali, di Diritti Civili, di Cultura del vecchio PCI, quasi, “con il gesso”, come Dice Machiavelli a proposito di carlo V, il conquistatore di gran parte dell’italetta), detiene un potere di spessore nazionale o periferico ha l’impudenza di dichiarare, tanto l’immoralità politica non fa più scandalo, in quanto gli italiettini si sono ad essa mitridatizzati, dopo 50 anni di democrazia cattolica e 20 anni di regime berlusconiano, che “dulce et decorum esse inire etiam intra carceres pro liberis suis”(a favore dei propri figli). In più, per un politico, di sesso maschile, è importante sbandierare ai 4 venti che possiede eredi, prova essi incontrovertibile della sua potenza sessuale, non importa se tale potenza non ha niente da spartire con il Contenuto Razionale del suo cranio, tanto per far politica, come egli la fa, si può, anche, essere acefali, sì che non è raro il caso che i 40enni, alla renzi, si vedano in giro a scarrozzare, quali trofei, cari alla plebaglia, i quaqaraqua di domani. Familismo, assolutamente, sconveniente, incompatibile con lo squillare di trombe, con il suonare di campane a stormo, inneggiando al cambiamento! Infatti, per Parafrasare Gandhi, per cambiare il mondo, ogni uomo deve cominciare a cambiare se stesso. Cosa vogliono cambiare codesti quarantenni in possesso del potere o di cocci di esso, ancora, infognati, “immerdati” davanti al focolare domestico nel ponzare, immaginare, fantasticare come riuscire a far meglio i “beni” propri, facendo galleggiare nelle urne del “democraticume”i voti degli stronzi ?
—————————————————————————————————–
Cari giovanotti del movimento pentastellato, la vostra demagogica crociata contro la presunta esosità degli emolumenti da elargire a coloro che ricoprono un incarico istituzionale (dal consigliere di quartiere al sindaco, al consigliere regionale, al deputato, al senatore, al componente del consiglio dei ministri, al capo dello stato) è, assolutamente, di retroguardia, riporta il fare politica ai secoli scorsi, quando c’era il re che nominava, a suo piacimento, i senatori, (non di rado Personalità di tutto rispetto, come tanto per fare un Nome, Alessandro Manzoni, non, tanto per fare dei nomi, agnelli, andreotti, colombo, monti), i quali andavano a sonnecchiare in senato per prestigio e “a gratis”, ché appartenenti all’aristocrazia, possessori di patrimoni “importanti”, per usare un aggettivo, oggi molto in voga, atto, semanticamente, per la fretta o per la pigrizia dei parlanti, a caratterizzare molte situazioni, eventi che esulano dalla normalità. Comunque, se è vero che codesti nobili negrieri, affamatori del popolo, immani latifondisti non percepivano un soldo dallo stato, in combutta con la corte, dalla quale erano stati nominati, potevano frenare qualsiasi fremito di rinnovamento verso una comunità statale più umana, che spazzasse via la “servitù della gleba”, ancora, nella prima metà del ‘900 del secolo scorso esiziale per milioni di italiani, specie, meridionali. La medesima solfa riguardava i componenti della camera dei deputati. All’alba dell’unità d’italia i deputati, democraticamente, (si fa per dire) eletti, di sesso maschile (alle femmine era interdetto qualsiasi incarico istituzionale), dovevano essere acculturati, in grado di vivere con un rilevante censo (immaginiamo quanto dovesse costare, pecuniariamente, e in disagi, per la scarsa qualità dei mezzi di trasporto, a un deputato meridionale recarsi a torino per partecipare a una seduta del parlamento); gli elettori di costoro dovevano avere i medesimi “attributi”, caratteristiche, il medesimo censo degli eletti: quindi tra eletti ed elettori si stabiliva una sorta di solidarietà di classe, di censo, di interessi per cui, se è vero che i deputati non ricevevano obolo alcuno, costituivano con i senatori e con la corte una sorta di associazione a delinquere per continuare a vessare con leggi ingiuste i milioni di italiani senza voce. Cari giovani pentastellati, avete, giammai, sentito parlare della “tassa sul macinato”? Dell’accredito alle popolazioni meridionali, al momento dell’unità d’italia, di tutti i debiti, contratti dai savoia, un dinastia di guerrafondai, per far fronte alle continue guerre in cui essi avevao coinvolto il loro regno ? Avete, giammai, sentito parlare della coscrizione militare, alla quale i sudditi dei borboni non erano obbligati, mentre lo furono, quando diventarono sudditi dei savoia ? Bene, la Costituzione Italiana, Promulgata il 27 dicembre del 1947 da Enrico De Nicola, capo Provvisorio dello Stato, spazzava via dalla vita politica italiana tutte le esclusioni: le femmine avrebbero potuto essere elettrici attive e passive; per essere elettori attivi non era necessario saper scrivere, leggere, far di conto, ma, soprattutto, non era necessario avere un censo rilevante, si poteva essere poveracci in canna. Tanto valeva per gli elettori passivi, cioè per coloro che venivano eletti a Cariche Istituzionali periferiche o centrali. Tutti coloro che ambivano ad essere eletti agli scranni pubblici, in special modo coloro che avevano redditi modesti o nessun reddito, secondo La Costituzione, sarebbero stati rimunerati con stipendi adeguati al Prestigio della Carica che Ricoprivano perché, tra l’altro, con serenità svolgessero il loro impegnativo Lavoro, non “per i propri figli e figlie”, non canticchiando in continuazione:”tengo famiglia”, come fanno e grugniscono i 40enni in “politicume” di oggi, ma per i figli di tutte le famiglie italiane. Cari giovani pentastellati, vorrei, però, non essere equivocato: la Costituzione in Teoria Permette a tutti di Accedere alle Aule Solenni della Nazione, ma sta agli elettori attivi, cioè al Popolo Sovrano, Consapevole del suo Diritto – Dovere di Esercitare la sua Sovranità con Responsabile Dignità, Competenza, Scegliere i suoi Migliori Rappresentanti, anche, tra coloro che non hanno alcun titolo di studio, ma che sanno, da autodidatti, oltre che leggere, scrivere e far di conto, Comprendere il loro tempo con Intelligenza, con Logico Raziocinio. Giuseppe Di Vittorio era un Bracciante Analfabeta, da grande Oratore Autodidatta Seppe Guidare, Incitare i suoi Fratelli Braccianti alla Conquista di Diritti Fondamentali per il loro Vissuto, Divenne deputato del PCI per diverse Legislature e Segretario Generale della fu Gloriosa CGIL. Siamo in un ordine mondiale capitalistico: tutto ha un prezzo, un costo, ché tutto ha un valore, per cui, come la plebaglia non si scandalizza che un pallonaro guadagni milioni all’anno o centinaia di migliaia di euro all’anno i più sfortunati, diciamo, così non deve scandalizzarsi che un Sindaco di una metropoli, come roma, con tutte le responsabilità, civili e penali, che la sua carica comporta, percepisca 5 o 10 mila euro al mese, magari, se è un libero professionista, costretto a curare di meno o affatto i suoi interessi privati; cosi dicasi per tutti gli incarichi politici che la Democrazia deve Proporre ai Migliori tra i suoi associati. Renzi con la sua controriforma sta proseguendo il percorso di svilimento della Democrazia Parlamentare iniziato da tempo e da altri peggiori di lui; da tempo si decide nei camper, davanti a una crostata, davanti a un caminetto, non più a “Palazzo Madama” o a “Montecitorio”; da tempo deputati e senatori approvano senza sapere ciò che approvano; da tempo s’è concesso al Comico Crozza di ridicolizzare la Nobiltà della Politica, perché s’è permesso a tal razzi di entrare nei Luoghi Sacri con cui un Popolo, veramente, Sovrano S’Identifica e a renzi di trasportare il peggiore spirito della fiorentina goliardia nei Luoghi dove con Competenza e Passione si deve Dare sollecita esecuzione ai Deliberata di Coloro che Fanno Parte del Cuore della Democrazia Parlamentare. La Passione, la Competenza di Chi Esercita il Lavoro, l’Attività Politica va, degnamente, Retribuita e Premiata. Marx Ammoniva che a ciascun uomo va dato secondo i suoi bisogni e le sue capacità, ma è il Popolo Sovrano, oggi solo reso imbecille dalla telecrazia, Scovare i Meritevoli della sua Fiducia, che, sovranamente, può loro togliere, senza farsi defraudare di una sua Prerogativa dalla vostra demagogia che si arroga il diritto di stabilire il tempo in cui una Comunità deve avvalersi di un suo rappresentante nelle Istituzioni nelle quali si Decide del suo Benessere e della sua Felicità.