IO MI Domando: “Ma il ‘festival di san remo’ quest’anno, soprattutto, è stato il festival, la rassegna della canzone italiettina, della musica (???????????) leggera, ‘pop’, ‘rock’ o il festival, la rassegna degli ‘sponsor’ italiettini e internazionali”? Una vergognosa, oscena, brutale, indigesta quantità di pubblicità la “rai”e i suoi renziani dirigentucoli ha ministrato a milioni di spettatori “rai unotelesivanti”, approfittando di un evento, che non ha niente da spartire con la Cultura, con la più nobile Epifania di Essa, la Musica, con la Poesia, Sorella Minore (cronologicamente Sortita dopo dall’Animo e dalla Mente umana) della Musica. Di fatto, la “kermesse” pseudomusicale sanremese, quest’anno più che mai da una decina d’anni, a far data, per la precisione, dalle conduzioni del sacerdote della cultura media, letteraria, scientifica, musicale, cioè l’abatino fabio fazio, non è stata altro che un “polpettoso” “carro di tespi”, stancamente, dipanato in 5 giorni e per molte ore in ciascun giorno della cinquina, popolato dai rappresentanti più impudichi della mediocrità intellettuale italiettina e, direi, umana, perfino. Mediocrità dell’offerta musicale e non, dei propositori di essa, dei fruitori di essa, degli editori di essa. Ancora, MI Domando: “Ma il popolicchio italiettino sarà a tal punto popolicchio, sarà a tal punto italiettino, tanto che oserà spendere i suoi pochi euro a disposizione, per correre ad acquistare “cd” maleodoranti di materia cambronniana, sprizzata da crani solo di quella capaci” ? Vorrei conoscerne qualche acquirente, per inondargli l’occhio di quel licore che il Divino Totò nel film di Steno, “Totò a colori”, usò, per mettere alla berlina un vanesio pittorucolo francese. E, poi, buonismo a tonnellate, a sciacquare, quasi, degli italiettini la loro cattiva coscienza nella cronaca presente e nella storia remota, non proprio. Infatti, siamo stati colonialisti di una ferocia inaudita, macellai nei territori nordafricani, occupati nella prima parte del secolo scorso; siamo, ferocemente, razzisti nei confronti di coloro che provengono dai territori, che noi e i nostri compari inglesi, francesi, belgi, tedeschi, olandesi disturbammo con i nostri armamenti, con i gas venefici, con i nostri eserciti e derubammo delle ricchezze del sottosuolo. Dove, quindi, quando mai, gli italiani sono, sono stati “brava gente”, se la storia, la cronaca smentisce siffatta menzogna ? Sono stati essi capaci di esportare le mafie in tutti i paesi occidentali; di distruggere un pezzo di Mondo, che poteva essere considerato il “paradiso in terra”; di causarne lo squilibrio idrogeologico; di cementificarlo con follie urbanistiche mostruose; di inquinarlo con rifiuti tossici, “diossinati”, radioattivi. L’egoismo di molti italiettini, incardinati nel malaffare, fa sì che gran parte degli alimenti non sono, assolutamente, sicuri per la salute popolare: se gran parte delle falde acquifere della penisola sono inquinate o corrono il pericolo di essere inquinate, beh, quale acqua beviamo? Se buona parte dei terreni italiettini sono stati impestati di rifiuti tossici, provenienti da tutta l’europa, in quale “eden” si coltiva il nostro grano, la nostra verdura, la nostra frutta, la nostra uva? La moltitudine delle scimmie che non sanno, non sentono, non vedono colpevolizzano dei disastri ecologici le mafie. Ebbene, come le varie patologie fisiche nascono da organismi che conservano “in nuce” la possibilità di svilupparle, si può proclamare la medesima cosa per gli organismi sociali, politici, economici. Sono essi a conservare aporie, contraddizioni, virus pseudoculturali, tanto da sviluppare avanguardie mafiose da relazioni, generalmente, proiettate al delinquere, mentre la gran parte degli italiettini con il loro disinteresse, con il loro vile silenzio, con il loro ideologico “chi mo’ fa fa”, con il loro distrarsi, dissolversi nelle canzonette sanremesi, nel tifo da stadio, sostanzialmente, acconsentono alle pratiche mafiose, malavitose degli “uomini d’onore” e del sangue, che costoro fanno scorrere, sono in solido responsabili. Dicevamo del buonismo, di cui s’è ammantato il palcoscenico dell’ “ariston” sanremese: protagonisti gli eroi, emersi dal quotidiano della gente comune, non consapevoli i quadri organizzatori del “festival” che Brecht Tuonava: “Guai a quei popoli che hanno bisogno di eroi”! Così, come eroe è stato presentato un nonno che, per salvare i nipotini, sulla “promenade” di nizza ebbe una gamba tranciata dalle ruote del camion lanciato da un terrorista sulla folla; come eroe è stato presentato un impiegato siciliano che in 40 anni, come il padre, non si era, mai, assentato dal suo ufficio, anzi, aveva, ognora, rifiutato, perfino, le ferie. Codesto signore sarà stato, pure, un eroe, ma, in buona compagnia dei suoi superiori, nei tanti anni di onorato servizio si rese responsabile di atti anticostituzionali, ché l’Art. 36, Comma 3, della Costituzione, perentoriamente, Afferma: “Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite e non può rinunciarvi”; come eroina è stata presentata una ostetrica di 93 anni che avrebbe contribuito a far nascere migliaia di bambini e, ancora, è in competente attività. Il primo bambino, nato grazie all’ostetrica eroina, ha 72 anni. Infine, in tempi di scosse telluriche nel centro dell’italietta, con l’aggiunta di nevicate abbondanti, non potevano mancare sul palcoscenico dell’ “ariston” parate di rappresentanti dei vigili del fuoco, dell’esercito, della guardia di finanza, dei carabinieri, della polizia. A proposito di eroi, Pirandello Scriveva: “E’ molto più facile essere eroe che galantuomo. Eroe si può essere una volta tanto, galantuomo si deve essere per sempre”. Per la verità, in tempi di epidemia da furbizia cartellinara, i dipendenti pubblici, che entrano negli uffici di loro pertinenza e ne escono, avendo, coscienziosamente, atteso al loro dovere, dopo le ore canoniche da contratto collettivo di lavoro, devono essere considerati eroi di pubblico galantomismo. “Tamen”, IO Appenderei un codicillo all’Adagio Pirandelliano, Precisando che i meriti, le medaglie, gli encomi, le greche vanno attribuiti alle persone, non agli insiemi o alle categorie sociali, cui essi appartengono, e così i demeriti, gli atteggiamenti delinquenziali, criminali. Ad esempio, si può, forse, criminalizzare la categoria degli imprenditori caseari, se alcuni di essi in campania (ahi, ahi, benedetta campania!) hanno prodotto mozzarelle di bufala con latte scaduto, munto da mucche, colpite dalla tubercolosi ? Di contro, si può, forse. ammettere che l’arma dei carabinieri sia stata nei secoli “linda e pinta”, se, ad esempio, nel luglio del 1964, il generale giovanni de Lorenzo, comandante generale dell’arma, capo di stato maggiore dell’esercito, ideò il “Piano Solo”, cioè, un tentativo di colpo di stato? Se, secondo “Il Fatto Quotidiano”, il generale tullio del sette, attuale comandante generale dell’arma, sarebbe indagato dalla procura di napoli per favoreggiamento e rivelazione del segreto istruttorio nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti “Romeo e Consip”? Se tre carabinieri sono stati rinviati a giudizio, accusati di omicidio preterintenzionale, per aver pestato Stefano Cucchi, procurandogli lesioni letali ? Il medesimo ragionamento si può fare del corpo di polizia, se si pensa alla morte del Sedicenne Federico Aldovrandi, a causa dei traumi prodotti dalle carezze di un branco di poliziotti. Cosa dire dei due poliziotti cristian movio e luca scatà, universalmente, dopo aver ucciso il terrorista anis amri, considerati eroi, sì che le autorità tedesche stavano pensando (ma, in seguito, hanno lasciato perdere) di attribuire loro un encomio solenne, se essi stessi, sui loro profili di “facebook” e di “instagram” si sono, orgogliosamente, dichiarati razzisti e fascisti ? Può, allora, sorgere il sospetto che costoro, oltre che punire (comunque, in uno stato di diritto, quale non è più l’italietta, le condanne sono comminate dai tribunali, dopo giusti processi) il terrorista, abbiano sparato, anche, all’uomo di colore ? Non è, forse, venuto il momento che qualche commissione parlamentare vada a visitare le scuole di formazione dei “servitori del popolo” e s’informi su ciò che a ragazzi, notoriamente, sprovveduti, culturalmente, viene loro insegnato ? Non parliamo, poi, di cosa si possa dire e pensare del corpo della “guardia di finanza”. Traggo da “internet” uno Scritto di Lorenzo Lorusso, Presidente Nazionale dei Finanzieri Democratici, il quale sulla Rivista “Polizia Democratica” dell’agosto 2012 Tanto Lamenta: “‘La finanza merita lode e rispetto, ma non altrettanto si può dire per il suo comando generale’. Sono le parole di….Eugenio Scalari che rincarava la dose affermando che:’al vertice di quel corpo, sono stati rari e brevi i periodi di pieno rispetto delle norme di correttezza e legalità’. Ma a cosa si riferiva Scalari ? All’ultimo scandalo, in ordine di tempo, che ha investito i vertici della Guardia di Finanza: la loggia massonico – affaristica denominata P4. Ma già negli elenchi di Licio Gelli della P2 vi erano finiti ben 37 alti ufficiali del Corpo, molti dei quali fecero carriera anche dopo la pubblicazione ufficiale dei nominativi degli appartenenti alla loggia….”. Quale la Conclusione del mio Discorso? La Responsabilità di ciò che facciamo “pro aliis” o “contra alios” è, in ogni caso, Personale, sì che, se i Rappresentanti dei vigili del fuoco, dell’esercito, dei carabinieri, della polizia, della guardia di finanza, schierati sul palcoscenico dell’ “ariston”, hanno Rischiato la loro Vita, durante le recenti calamità sismiche e metereologiche, per Salvare la Vita Altrui, Essi Si sono Esaltati all’Eroismo e, perfino, al Martirio, non perché vigili del fuoco o militari o carabinieri o poliziotti o finanzieri, sebbene perché Uomini, o meglio, Non uomini, (Dis)umani. Se essere uomini, spesso, significa agire come de lorenzo, come i massacratori di Federico Aldovrandi, di Stefano Cucchi, come gli alti ufficiali pduisti della guardia di finanza, come i declassati eroi, punitori di anis amri, il terrorista marocchino di colore. E per questa seconda fattispecie di uomini non ha nessuna importanza che siano stati o siano, ancora, appartenenti a un insieme o a una categoria di presunti “servitori dello stato” ché, a parte l’Etica, la Costituzione Italiana, all’Art.27, Comma1, Recita: “La Responsabilità penale è personale”. Infine, a proposito della denuncia dei 600 professori universitari sulla verticale caduta nel “non cale” nella scuola primaria e secondaria italiettina della Lingua Italiana, della conoscenza da parte dei loro studenti (??????) di un numero limitato di parole e del loro significato primario e traslato, della sua grammatica e sintassi, della sua punteggiatura e ortografia, è indicativo, è illuminante il siparietto, di cui sono stati protagonisti sul palco dell’ “ariston” carlo conti e un sottotenente (femmina) dei carabinieri. A un certo punto del dialogo tra i due, conti chiede all’ufficiale (femmina): “L’essere carabinieri è una missione o è altro”? Tosto, il sottotenente (femmina) replica al presentatore: “E’ una passione, ché se fosse una missione, sarebbe agire per ordine di qualcuno; se così fosse non si andrebbe da nessuna parte”. Ora, a parte il “topos” linguistico: “non si andrebbe da nessuna parte”, bruttissimo, come tutti i luoghi comuni che escono dalla pancia dei “coreutizzanti”, la femmina ufficiale carabiniere nel concionare con conti, che in quanto al “coreutizzare” non aveva niente da invidiare alla sua interlocutrice, aveva, semanticamente, confuso il significato di “missione” (l’essere mandato da un’autorità presso qualcuno per assolvere a un compito, un incarico specifico: partire, trovarsi in missione) con missione (attività svolta con piena dedizione, con spirito di servizio verso gli altri: intendere, ad esempio, i lavoro del carabiniere come una missione) Cioè, come vocazione, apostolato, sinonimo di quella “passione” con la quale la femmina ufficiale carabiniere aveva con supponenza (ahi, ahi, quando a una femmina si mette in testa una coppola!!) contestato conti che aveva a lei chiesto se, in definitiva, carabinieri si è per vocazione, per disponibilità all’apostolato o per motivi più prosaici, come, in effetti, si è da parte dei molti, ad eccezione dei pochi. La Lingua è il Punto di Riferimento di un popolo e ciò che Enuclea in una comune Identità le tradizioni, la visione del mondo di genti diverse, soprattutto, economicamente, diverse, quali erano e, ancora, sono gli abitanti delle venti regioni italiettine. Un celebre Verso della Divina Commedia Denuncia: “…le genti del bel paese là dove ‘l sì non suona”(Inf., canto XXXIII, w. 79-80). Dante Si Riferiva agli italiani in un’epoca in cui l’Italia era un concetto di là da venire. E, ancora, lo stiamo aspettando! Ieri, come oggi, il primo nucleo di quella Identità, di quel Punto di Riferimento Linguistico ma, anche, Politico, Culturale, Spirituale, di cui testé ho Parlato, non poteva non essere il “SI'”, che non si pronunciava, come oggi non si pronuncia. Gli italiettini assentono con un “okay” o con un”yes”, considerandosi abitanti della periferia dell’impero, di cui sono egemoni gli “states”. E un velo pietoso sul declino totalizzante l’esistenza degli italiettini bisognerebbe stendere sui miasmi di una morale controriformistica, espressa con un linguaggio inseminato di truculento bigottismo, che si sono, respirando, uditi sul palco dell’ “ariston” dai grugniti di gigi d’alessio. Tra l’altro: “Adesso un fiore nasce pure senza il sole /Un figlio può arrivare /anche senza far l’amore /Chi è pronto per morire /Non ha la croce al muro”. Amen!