Il “pci”, dopo lunga, lenta, inesorabile involuzione politica, culturale, sociale, poi, dal migliorista caronte traghettato, “post mortem”, all’inferno del “pd” renziano. Con quanta tristezza sono, nei decenni, stato costretto ad osservare l’evidenziarsi della malattia genetica del “pci” e la conclamazione totale e totalizzante di essa, celebrata dal sacerdote achille occhetto che, dopo la “caduta del muro di berlino”, la svolta detta della “Bolognina”, decise che l’esperienza del comunismo fosse tramontata, esaurita.
Nel 1989 sciolse il “pci” e fondò un nuovo movimento all’interno della sinistra italiana con velleità, brame socialdemocratiche da, sempre, coltivate dall’ ”élite” pciniana, con l’intento di rivelarle, quando si fossero maturati i tempi. Il nuovo partito fu nomato “Partito Democratico della Sinistra”, cioè “PDS”. Un terzo dei militanti del defunto”pci” non accettò la svolta della “Bolognina” e diede vita al “Partito della Rifondazione Comunista”, che ebbe percorsi tormentati dal dissidio tra cossutta e bertinotti con in braccio il bambinello vendola. Sicché codesta costola dell’ex “pci” si divise in tre tronconi: quello capitanato da cossutta, quello gestito da bertinotti, quello allattato da vendola, sino a scomparire del tutto, come il “pci”.
Comunque, mentre il “pci” defungeva, a grado a grado, la nomenclatura di esso, sia quella galleggiante, come gli “stronzi”, nel “pds”, poi, nel ”ds”, poi, nel “pd”, che quella galleggiante, ut antea Diximus”, nei tre tronconi, in cui era stato sminuzzato il “partito della rifondazione comunista”, continuò ad incassare prebende e incarichi prestigiosi.
Ecco, qualche esempio, a braccio: d’alema fu presidente del consiglio dei ministri, ministro degli esteri, presidente della bicamerale per la riforma della costituzione, presidente del comitato di controllo dei servizi segreti; veltroni vice presidente del consiglio dei ministri, segretario del “pd”; bertinotti presidente della camera dei deputati; fassino in vari ministeri, tra cui quello degli esteri, sindaco, fino allo sfinimento, di torino; vendola per 10 anni, cioè, per due legislature, governatore della regione puglia; re giorgio napolitano, per 9 anni al quirinale, tanto da non poterne più della sua, nei fatti, repubblica presidenziale.
Per non parlare di uno stuolo di colonnelli ex pciniani, attaccati al cadreghino delle due camere parlamentari, finché morte da esso non li divise. Toltasi la maschera o costretti a togliersi la maschera, la “persona” del comunista, gli ex comunisti sedicenti (ché comunisti non furono, giammai!) fecero a gara nel dirsi pentiti di essere stati comunisti o confessarono, come veltroni confessò, di essere stati, semmai, “clintoniani”, pur se, senza arte, né parte, né lauree, il loro “stare optime” in una posizione economica dignitosissima e in posti di potere a loro derivava dall’aver, sin da giovani, starnazzato all’interno e all’esterno del “pci”.
L’esperienza del comunismo tramontata ed esaurita? Forse, quella tremenda, innaffiata di sangue, dei regimi, falsamente, comunisti dei paesi all’interno della cortina di ferro, egemonizzati dall’unione sovietica, ognora, stalinista, ad onta dei disgeli ispirati, prima, da kruscev, in seguito, da gorbaciov, disintegratisi, come neve al sole, con lo smantellamento del “muro di berlino”. Forse, quella cinese, che sbrogliò, non smette di sbrogliare le briglie ad un capitalismo selvaggio, senza diritti per coloro che, alle falde di esso, faticarono, faticano per farlo, astralmente, potente; che continua a conservare un partito di migliaia di mandarini, periodicamente, riuniti a rinnovare il rituale folclorico di congressi per ratificare ciò che è stato già deciso da una oligarchia di politici corrotti e di affaristi.
E, così, quella di cuba, della corea del nord, del vietnam, della cambogia ecc. ecc.,ecc. Invece, il Comunismo, come Utopia, come Assoluta, Etica Alternativa al “luogo mondano” in cui la Storia ha abitato e abita; come Assoluta, Etica Alternativa all’ uomo, che di quella Storia è stato, è autore ferocissimo e attore, non è, mai, Tramontata, ché non è, mai, Sorta; non si è, mai, Esaurita, ché non ha, mai, Operato. Tutte le rivoluzioni, guidate dalle avanguardie, anche, intellettuali della borghesia e della piccola borghesia sono partite per smantellare regimi tirannici, traviati, pervertiti, immorali e hanno compiuto il loro ciclo restaurando regimi tirannici, pervertiti immorali.
Lasciamo stare Gramsci, che trascorse parecchi anni della sua vita in carcere e, appena, ne uscì, fu annientato dai patimenti, privazioni infertigli dalla lunga detenzione. Comunque, pur di Alta Statura Etica, Intellettuale, Culturale, nemmeno Gramsci costituiva il Prototipo dell’ ”Uomo che non C’E’”, capace, disponibile di/ad Individuare i Contenuti Teorici del “Luogo che non c’E”, sì da FarNe la Prassi di/in un “Mondo che non C’E’, che non C’E’, mai, Stato, che non ci Sarà, mai”, finché opereranno, agiranno gli uomini, tutti gli uomini, anche della Stazza di Socrate, del Nazareno, di Gandhi, di Dante, di Leopardi, Michelangelo, per non parlare della minutaglia tutta casa, lavoro, chiesa o dio, patria, famiglia, delle cui parole, azioni, omissioni conosciamo le conseguenze e i risultati nei millenni, che certamente, conoscerà il futuro.
Figuriamoci se non doveva morire d’inedia, di inopia Comunista un partito, continuamente, rimestato da borghesi e piccolo – borghesi alla togliatti, alla nilde iotti, alla ingrao, alla bordiga, alla napolitano, alla pajetta, alla occhetto, alla d’alema, alla veltroni, ecc., ecc., ecc., per adattarlo ai voleri, agli obbiettivi famelici della gerarchia vaticana, dei padroni delle ferriere, degli agrari, dell’alta finanza, il tutto sotto la regia implacabile della massoneria, delle mafie, dei poteri forti all’interno del centro dell’impero, cioè, degli “states”! E questa è la “svolta di salerno”, e questa è la priorità da dare alla pace religiosa degli italiettini e, quindi, i “Patti Lateranensi” allegati alla costituzione e questo è il “compromesso storico” e questo è il diniego di berlinguer a qualsiasi iniziativa di trattativa con le “br”, per salvare la vita di moro, che i poteri forti, nazionali e internazionali, volevano morto e questi i continui cambi di nome alla “ditta”, come si esprimeva bersani, per lavare il partito da un presunto passato di mene illiberali, antidemocratiche, di mangiabambini, addirittura, che i sostenitori del fascismo e del nazismo, riciclatisi nella democrazia cattolica, e la gerarchia vaticana avevano ad esso appioppato. In Verità, era fatale che la regressione politica, culturale del “pci” (non dobbiamo dimenticare che il “pci”, pur infilzato dalle accuse infondate, di cui sopra, era un partito inserito nel cerchio magico dell’ ”arco costituzionale” e, quindi, nell’aura, comunque, privilegiata e ambita dell’ ”establishement”) avvenisse, ché il gramsciano “centro democratico” di esso è, sempre, stato allestito da intellettuali borghesi, piccolo-borghesi, se non da nobili sardi o da, secondo la chiacchiera, figli naturali di re, che trovarono più conveniente, se non più facile, il “cursus honorum” in esso.
La base del “pci”, inoltre, fu, sempre irrimediabilmente, divisa tra i cipputi, gli operai metalmeccanici del nord industrializzato, e i “cafoni”, i contadini, i braccianti del sud. I primi fecero lotte, battaglie ”ad classem suam” e poco solidarizzarono con le battaglie, le lotte dei secondi; anzi, pretesero la solidarietà dai secondi, senza restituirla con la medesima intensità e passione. Come mai? Per Spiegarci codesta “divisività” sociale, quando non politica, ci potrebbe venire in aiuto un Saggio di Lenin: ”Imperialismo e colonialismo nei rapporti tra centro e periferia all’interno di un paese e nelle relazioni internazionali”. Vediamo il rapporto tra il centro e la periferia nella storia dell’italietta, dall’inizio del secolo fino alla fine degli anni ’80 del secolo scorso. Il centro economico – politico (la politica è la serva dell’economia in un sistema economico capitalista!) dell’italietta era situato al nord che, a sua volta, aveva il suo centro, costruito dai padroni delle ferriere, inseriti con i loro biechi interessi nei “salotti buoni” del sinedrio bancario e dell’alta finanza. Contrapposta al centro del centro c’era la periferia del centro, affollata dei cipputi, di cui sopra, e di impegnati in un’agricoltura fiorente, anch’essi, come i cipputi, poco solidali con i ”cafoni” del sitibondo, petroso sud. La periferia dell’italietta era situata al sud: dal garigliano fino alla calabria, comprese la sicilia e la sardegna, che, a sua volta, aveva il suo centro, messo insieme dai grandi agrari e latifondisti, all’inizio del ‘900 artefici del “patto agrario – industriale”, di cui Parla Gramsci, con gli industriali e l’alta finanza del nord, contemplante la spartizione delle zone d’influenza e di potere tra le due classi egemoni nell’italietta: agli agrari e ai latifondisti del sud sarebbero spettati i posti di prestigio nella burocrazia statale, nella magistratura, nelle forze armate; agli industriali e all’alta finanza del nord la direzione della politica economica dell’italietta. A siffatto centro della periferia si contrapponeva la periferia della periferia, in cui sopravviveva gente indifesa, inerme: i “cafoni”, i contadini, i braccianti agricoli, con reddito inesistente, aleatorio, per la più parte dell’anno disoccupati e, quando erano occupati, esiguo era il salario. Si chiarisce, quindi, l’emigrazione interna e all’estero di codesta umanità, sollecitata dalle politiche governative, tendenti a mantenere gran parte della popolazione del sud in una condizione di povertà, quasi, assoluta, funzionale all’ incremento della ricchezza, della prosperità del nord. Quale la Conclusione di questa parte del mio Scritto? Che poiché il nord si faceva, sempre più opulento, grazie, Ripeto, alle politiche governative che privilegiavano il nord industrializzato; che poiché la prosperità del nord era motivata e causata, anche, grazie al “patto agrario – industriale tra il centro del centro e il centro della periferia, cioè tra gli agrari, i latifondisti del sud e gli industriali, l’alta finanza del nord, le due periferie, quella del centro e quella della periferia, non avrebbero potuto non coltivare interessi, assolutamente, incompatibili, cioè, i cipputi, massimamente, e i contadini del nord, pur godendo, solo, delle briciole dell’incessante sviluppo economico del nord, si sentivano più complici dei loro sfruttatori, che costituivano il centro del centro, che solidali con gli oppressi della periferia dai sodali dei loro sfruttatori.
Ecco perché non ci fu, mai, consonanza d’intenti tra cipputi e “cafoni”, due modi, due esperienze di essere sfruttati! “Tamen”, sia i primi che i secondi, che costituivano la base del “pci”, a parte le sofferenze dello sfruttamento, a cui erano sottoposti, più indicibile, più ineffabile per i secondi che per i primi, umanamente, non erano alternativi ai loro padroni; come spartaco, speravano di mettere in catene i loro padroni dopo un’ eventuale vittoria su di essi. Spartaco sperava di schiavizzare i romani, i cipputi e i ”cafoni” speravano di sfruttare i loro padroni; né l’uno, né gli altri speravano che dalle loro lotte fosse spazzata via la schiavitù e lo sfruttamento.
Infatti, l’ossessivo, interiore bofonchiare dei cipputi e dei “cafoni” era:” quando sarò io padrone”. Ci fu il miracolo economico, le condizioni economiche migliorarono delle masse, non la loro Istruzione, non il Progresso Etico di esse, nonostante la capillare scolarizzazione di esse; il tenore di vita di esse s’elevò al di là delle possibilità della comunità nazionale, la corsa sfrenata al consumismo, il rimbambimento collettivo degli italiettini dalla telecrazia. Sicché cipputi e “cafoni”, che nel contempo avevano conseguito più stabilità di occupazione e salari dignitosi, finalmente, divennero “padroni di qualcosa: di un appartamentino”. Miserabile proprietà che “statim” li spinse ad approdare alla socialdemocrazia, ad una paternità felice, contenta: quelli del sud che i loro fantoli si iscrivessero all’ ”msi”; quelli del nord alla “lega nord” e non pochi al ”pdr” (partito democratico di renzi). Occhetto, quando sciolse il “pci”, non fece altro che prendere atto che la caduta del muro di berlino aveva costretto i componenti del centro e la base del “pci” ad apparire per quello che erano: un cumulo di macerie del più lercio qualunquismo politico e sottoculturale, buono per tutte le stagioni e temperie politiche. La Storia non furono loro, non La fecero loro, ma il “dna” della classe, della sottocultura borghese, da cui i capi del “pci” provenivano e in cui la moltitudine dei gregari plebei di essi bramava confondersi.