E’
balzato stamane, 2 novembre 2016, alla mia Attenzione il ritaglio di un
giornale in cui si comunicava con la solita enfasi dei servi e dei cortigiani
l’arresto nel giorno del signore, 28 giugno 2016, di tal ernesto fazzalari, di
anni 46, boss della ndrangheta, a dire di un comunicato dei carabinieri, il
secondo ricercato per importanza e pericolosità dopo matteo messina denaro.
E
costui latitava da 20 anni! Nel medesimo ritaglio era riportato il testo delle
canoniche congratulazioni, rivolte alle forze dell’ordine, da parte delle
massime autorità dello stato, quando si porta con successo a compimento
un’operazione di polizia: sarà il presidente della repubblica o il presidente
del consiglio dei ministri o, un gradino più sotto, il ministro dell’interno.
Per fazzalari è toccato a matteo renzi, attuale inquilino provvisorio di
“palazzo ghigi”, intonare il peana all’importante (??, poi, Giustificherò, Motiverò i due punti
interrogativi) azione congiunta delle forze di polizia, dirette dalla
magistratura. Ecco i toni “in maggiore” di renzi, come di tanti suoi
predecessori (e renzi è il nuovo che avanza! Per Parafrasare l’Antonio di
Shakespeare): ”Una bellissima domenica! Questa notte i Carabinieri (con la
iniziale maiuscola, non si sa mai, trattiamoli bene costoro, tra sé e sé avrà
renzi ruminato) hanno arrestato in Aspromonte Ernesto Fazzalari, ricercato da
20 anni, considerato il secondo latitante più pericoloso d’Europa (ehhhh, che
esagerazione! Renzi, forse, non era a conoscenza che i suoi Carabinieri, con la
iniziale maiuscola, avevano posizionato il già citato latitante quale secondo
esiziale bandito nell’italietta, non in europa) e il più feroce capo della ndrangheta.
Un’operazione molto difficile (???, poi, Giustificherò, Motiverò, anche,
codesti tre punti interrogativi) resa possibile dalla professionalità e dalla
dedizione (e meno male che nell’italietta le forze dell’ordine e la
magistratura sono professionali e dedite a compiere il loro dovere ché, se così
non fosse nel presente e non fosse stato in passato, quanto sarebbe durata,
durerebbe la latitanza dei delinquenti ? Secoli ?) delle forze dell’ordine e dei magistrati….”
Seguono noiosissimi, prevedibili, irrinunciabili ecc., ecc., ecc., ecc. Quando
M’Imbatto nei, non rari, rituali
telegrafici del “poterume” italiettino, non posso fare a meno di Rimembrare
quanto accadde a una mia cara Amica nelle ore, immediatamente, successive alla
sua dipartita nel mondo del Foscoliano “Nulla Eterno”.
Ebbene, Costei, nubile,
aveva tre fratelli, anch’essi, in successione, dipartiti dopo qualche tempo,
dei quali due vivevano, come lei, a bari e uno a milano, pezzo grossissimo e
non incorruttibile degli uffici finanziari milanesi. Ovviamente, esalato
l’ultimo spiro della sorella, i germani baresi si affrettarono ad avvisare il
germano milanese del lutto che li aveva, in comune, colpiti, ma si sentirono
rispondere dal meneghino d’adozione che, avendo egli problemi di salute, non
avrebbe potuto partecipare alle esequie della congiunta; in ogni caso, non
avrebbe fatto mancare un telegramma di cordoglio per il doloroso evento. A
siffatta imperdonabile “uscita” dell’ineffabile polentone, dai milanesi
acquisito, i due fratelli di stanza a bari gli risposero: ”Il telegrammaaaaa? E
a chi lo mandi, a te stesso” ? E, similmente, a loro stessi, il putto gigliato
e i suoi antesignani, pionieri, precursori, precorritori dell’usanza dei
telegrammi, inviano congratulazioni, incensamenti, ché le forze dell’ordine, la
magistratura sono organi di quello stato di cui essi, antropomorficamente, sono
la testa o il momento apicale del potere in esso; se qualcosa di positivo o di,
supposto, memorabile gli organi, di cui sopra, mettono in essere, compiono, è
la testa o il momento apicale del potere dello stato, che opera in una
determinata stagione storica, da celebrare, secondo l’immaginario collettivo.
Pertanto, gli inquilini dei palazzi quiriti si autocelebrano, se la fortuna,
per caso, gira in favore del cosiddetto bene comune italiettino; giocano,
invece, allo scaricabarile, addebitando gli insuccessi, a volte tragici, “tamen”non
fatali, ai più impensabili esseri viventi sul pianeta, se non possono trovare
responsabilità di essi, da addebitare al prossimo o ai prossimi. Poco sopra, ho
Promesso ai miei 25 Lettori che avrei Giustificato, Motivato i punti
interrogativi, da ME utilizzati, per oppugnare a renzi che l’arresto di
fazzalari ernesto (quanto MI Dispiace che codesto balordo si chiami come il
Personaggio del Romanzo Incompiuto di Saba, appunto, ”Ernesto”, forse, il più
bel Romanzo del secolo scorso!) non è stato importante. Ché, ammesso e concesso che i capi della mafia, della
ndrangheta, della camorra siano omuncoli analfabeti, quali i fazzalari, i
riina, i provenzano (di costui, ad esempio, liggio, altro sedicente capo
mafioso, ebbe a dire: ”spara come un dio, ma ha il cervello di gallina”), i messina
denaro, se viene arrestato uno di tanto spessore criminale, mille altri sortiscono.
Da dove? Da un contesto storico, sociale, economico, politico che ha creato,
non solo in italia, da secoli, se non da tempi immemorabili, l’antistato con i
suoi sacerdoti, con le sue gerarchie, con i suoi “bravi” con i suoi rituali di
inenarrabile ferocia, funzionale ad un certo tipo di stato. I vertici di
codesto stato, direttamente o indirettamente, corrotti o corruttibili, sono in
combutta con istituti bancari, finanziari, che diventano le casseforti o le
casse di deposito dei soldi sporchi che riesce ad arraffare l’antistato con i
suoi esecutori di malefatte (oggi, ad esempio, nel campo delle estorsioni,
dell’usura, dell’accumulo e lo smercio delle droghe, degli appalti truccati,
ecc., ecc., ecc.).
Pertanto, non è l’antistato che forma la sua classe
dirigente e infiltra nello stato i suoi affiliati, ma è lo stato che si serve
di prestanomi come riina, provenzano, cutolo, messina denaro (sotto la tutela
di coloro che detengono o detennero le più alte cariche istituzionali di esso: primi ministri, parenti di ministri, di altissimi
boiardi delle forze dell’ordine, della magistratura, della burocrazia
ministeriale, del parastato), permettendo loro di accumulare immense ricchezze,
da requisire a tempo debito, cioè al momento opportuno in cui non è più
rinviabile il deliberare con anni e anni di galera, con la morte civile o con
la morte fisica, l’eliminazione dei sopracitati e la sostituzione con altri
picciotti graduati.
Allora, l’arresto di fallazzari, di riina, di provenzano,
domani di messina denaro, non è stato, non sarà importante, per i motivi
addotti, né difficile ché, chi avrebbe dovuto e non ha fatto, non farà il suo dovere di arrestarli subito,
permettendo a costoro di macchiarsi dei più inqualificabili, indicibili delitti,
conosceva, conosce i loro rifugi, non lontani dai loro paesi natali, di
residenza, talvolta, dalle loro case.
E’ un classico che i latitanti della
mafia, della ndrangheta, della camorra non si allontanino molto, addirittura,
affatto, da luoghi ove possono trovare tra famigliari e compari supporto
logistico e aiuti di qualsiasi spessore, consapevoli che quando, dove si puote
ciò che si vuole sarà deciso, saranno ospiti degli alberghi di stato. 20 anni
fallazzari latitante, 40 anni anni provenzano, altrettanti riina (che,
ottimamente, viveva in una villa nel cuore di palermo, con la moglie e parecchi
figli da battezzare, cresimare, mandare a scuola, cioè, con le normali “corvé”,
incombenze del buon padre di famiglia, si fa per dire per riina), se ci fosse
stata più solerzia. diligenza, volontà politica, sarebbe bastato mettere il
naso nei luoghi, appunto, classici, dove, sempre, si nascondono i latitanti
delle organizzazioni mafiose, e acchiapparli senza troppa”muina” mediatica.
Oppure, in 20 anni o 40 anni, ci sarebbe stato il tempo di percorrere, casa per
casa, la sicilia, la calabria e strappare gli “uomini di rispetto” dalla loro
occupazione quotidiana: il delitto, da decidere e farlo, proditoriamente,
eseguire. “Io so – diceva Pasolini –ma non ho le prove”. IO, invece, non so, ma
Immagino e Formulo Ipotesi, “Doxai”, che qualche buontempone potrebbe,
sorridendo con la puzzetta al naso, contestare. Del resto me ne faccio una
ragione. Ahi, ”etiam Ego dormito, ut
Homerus”!
MI accorgo, infatti, di aver usato un modo di dire tipico di renzi e
dei renziani, cioè, di coloro che lasciano discutere gli altri tra loro, ma
decidono, autarchicamente, da soli. Anche, in bitonto c’è qualcuno che istituisce comitati di quartiere; a tutti i
suoi elettori elargisce la greca di “sindaco” ma, al momento di elaborare
decisioni, veste i panni antipatici del “dominus absolutus”, non per
cattiveria, non per malanimo, a dire il vero, sebbene perché, non Sapendo il
“sine nomine” di Latino, non riesce a tradurre l’aggettivo “absolutus”, che
appartiene a “persona”(maschera) sciolta, svincolata da qualsiasi legame con i
comuni mortali e allergica dal farsi eccitare da qualsiasi “Minerva” che non
sia partorita dal cranio suo. Dicevo che sono Aperto al Disaccordo costruttivo
di probabili Interlocutori, Considerando che, se “il solo fondamento della
Verità è la possibilità di negarla”, l’essenziale, necessaria Caratteristica
della “Singolarità” Mentale, Intellettuale è, per Parafrasare Salvatore Di Diacono, Aspettare alla Finestra delle sue
Acquisizioni Culturali, Filosofiche, Scientifiche “E resta, / ncantànnose, a
penzà”. Sempre!
“Non ho né soldi, né risorse, né
speranze. Sono l’uomo più felice del mondo”. E’ Henry Miller, l’Autore del
Capolavoro Assoluto, “Tropico del cancro”, che Tanto Afferma e Confessa. Queste
Parole dello Scrittore, Romanziere Statunitense MI hanno. immantinente, fatto
Riandare ad un Eminente Romanziere Italiano (Uno dei pochi Nati sullo stivale,
da Dante fino ai nostri giorni, che, secondo ME, non merita di essere appellato
“italiettino”), a Goffredo Parise che. dal 1974 al 1975, in buona Compagnia con
Pierpaolo Pasolini, Leonardo Sciascia, Scrisse sulla mirabile “Terza Pagina”
del “Corriere della sera”, magistralmente, Diretto da Piero Ottone. Goffredo
Parise, in seguito, Raccolse nel volume dal Titolo “Dobbiamo disubbidire” gli
Articoli, da Lui Composti per il Giornale meneghino, tra i quali “Il rimedio è
la povertà”. Articolo in cui sono Trattati Argomenti di sconvolgente Attualità,
come sono, sempre, attuali le Riflessioni dei Grandi, ed è il frutto dello
Sguardo attento alla temperie politica,
sociale, economica del suo tempo, all’analisi dei comportamenti, degli
atteggiamenti omologati degli italiettini, specie dei giovani italiettini, di
“un fascismo senza storia”.
Intanto, cos’è la povertà per Goffredo Parise ? Non
è essa la miseria, ma, per Definirla con Parole mie, è la Sottrazione dai
nostri desideri del “superfluo”. Le distinzioni sociali, di classe,
illusoriamente, scompaiono, mostrando costosissimi tatuaggi, che tra l’altro massacrano, vandalizzano,
indelebilmente, corpi, talvolta, esaltati, gratificati dal/del Bello Naturale;
esibendo glutei, ché gli obbligatori,
salatissimi stracci sono acquistati con numerosi, evidentissimi buchi; facendo
i maschietti bella mostra di improbabili crani, ornati di crine a mo’ di creste
di gallo (absit iniuria verbis); all’interno di “pub”, di discoteche, di
pizzerie, di stadi di calcio (l’ ”olimpico” di torino frequentato dagli
agnelli, i padroni della “juventus” e dagli operai della ex “fiat” che in quell’impianto
immaginano, sono infinocchiati dal miraggio, di far parte della medesima
famiglia che ha, con latina indifferenza, sfruttato intere generazioni di loro
simili). L’elenco dei modi, delle demenziali strategie di uniformità,
omologazione, unidimensionalità esistenziale, sottoculturale, linguistica,
perfino, è interminabile, comunque, se
si potessero cancellare dalle carni idiote i tatuaggi; se i glutei potessero
essere denudati di brache bucate ”more minus habentium”; se potessimo rasare
alla “jovanka”, tutti i crani pollastrati; se, infine, impedissimo a coloro che dispongono di poche risorse
economiche l’accesso a stadi, discoteche, pizzerie, “pub”, luoghi che li
sottraggono, delittuosamente, alla Frequentazione di Librerie e dintorni,
vedremmo riemergere tutte le disuguaglianze sociali che la corsa, imposta dalla telecrazia, gestita dai
detentori di sempre del potere, all’acquisto e al consumo del “superfluo” ha
tinteggiato di falso benessere. “Povertà – Continua Parise – è una ideologia
politica ed economica. Povertà è godere di beni minimi e necessari, quali il cibo necessario e non
superfluo, il vestiario necessario, la casa necessaria e non superflua. Povertà
e necessità nazionale sono i mezzi pubblici di locomozione, necessaria è la
salute delle proprie gambe per andare a
piedi, superflua è l’automobile, le motociclette, le famose e cretinissine
”barche”. Povertà, Dicevo qualche giorno fa ad un Amico, era la Capacità,
Disponibilità, Sensibilità Mie di Fruire e di Godere, dalle finestre di una
casetta, posta, quasi, sugli scogli a Santo Spirito, Frazione di bari, la Sublimità
dell’Orrido dei temporali estivi a cui seguivano, dolci, divinamente,
benedicenti, i colori dell’arcobaleno sul mare, finalmente, acquietato dalla
Bellezza di cui il cielo l’aveva onorato e ornato.