Riprendiamo di seguito le riflessioni di un nostro valente concittadino, il dott. Antonio Anelli, anestesista Rianimatore presso Azienda Ospedaliero-Universitaria Consorziale, Policlinico di Bari, pubblicate sul sito www.fedcp.org, col titolo “Pensieri dalla trincea”
“E dire che pensavamo sarebbe stata poco più di una semplice influenza!
Questa era la voce che circolava tra noi medici, mentre le notizie dalla Cina sulla contagiosità e aggressività non lasciavano ben sperare.
Quando il virus è arrivato in Italia, è stato l’inferno!
Fortunatamente noi del Sud abbiamo avuto più tempo per organizzarci, ma lo “Tsunami” non ci ha risparmiato.
In tanti anni da rianimatore, non avevo mai visto così tante persone accedere contemporaneamente al pronto soccorso con gravi problemi respiratori…. Ci sono stati momenti che avevo la sensazione di essere in un film per la situazione tanto drammatica quanto surreale. C’erano pazienti in diverse stanze, tutti sofferenti e bisognosi di cure immediate; c’era chi gridava chi non aveva la forza di parlare e chi moriva in totale solitudine…. È stata proprio la solitudine che ho percepito dall’inizio di questa brutta storia. Io per primo ho avuto così tanta paura di essere vettore di infezione, che ho deciso di allontanarmi dalla mia famiglia vivendo da solo e lontano da tutti.
I giorni passavano e i malati aumentavano e con essi anche le incertezze sull’evoluzione della malattia. Abbiamo, come gruppo di rianimazione, partecipato a diverse video conferenze per confrontarci con i collegi del nord, mettendo a punto delle strategie terapeutiche comuni e di maggior rilevanza scientifica. Le giornate erano diventate ormai molto simili, con tanti arrivi in pronto soccorso e tanti ricoveri in rianimazione e la solitudine aumentava per tutti…. Era difficile tutto, muoversi e lavorare con le pesanti tute e protezioni, trovare nuove strategie per curare tutti, riuscire a interfacciarsi con i parenti, che per telefono chiedevano notizie e cercavano di strappare delle speranze. Fortunatamente abbiamo avuto a disposizione dei palmari di servizio e per quei pazienti che potevano comunicare, perché in condizioni meno gravi, giornalmente permettevamo delle video chiamate per accorciare le distanze con i propri parenti.
I giorni continuano a passare gli ammalati sono sempre meno, molti fortunatamente sono guariti e io sono ancora qui a “combattete”, ma oggi ho maturato finalmente la consapevolezza che TUTTO ANDRÀ BENE”.