“L’Inferno: un luogo di dannazione eterna, di dolore e sofferenza, lo sconto della pena in riparazione alla malvagità e agli errori commessi in vita, un luogo in cui la voglia di redenzione è grande, ma non arriverà mai…
I cinque dannati del libro che stiamo leggendo – “L’ora dei Dannati” -, cercano ansiosamente una fuga da quel luogo mistico e maledetto, una fuga che molti riterrebbero infattibile, ma che, con una buona dose di coraggio nelle vene, può essere realizzata.
Beh, non viviamo più in un’epoca in cui si crede molto alla dannazione eterna dopo la morte, ma in un’epoca in cui, molto più spesso di quello che si possa pensare, la dannazione arriva a noi tramite quelle che molti chiamano punizioni divine. Certo ormai sono secoli che queste punizioni arrivano a noi: nel Medioevo, ad esempio, si pensava fosse opera di Dio punire gli umani; oggi ,invece, si crede alla scienza, dalle scoperte della biologia alle evidenze della politica. Da ormai decenni viviamo in un’instabilità politica (con capi di governo che vogliono fare la guerra!) e. ultimamente, a questo grande “scatafascio” di realtà piena di problemi, che ci siamo sempre divertiti a creare, si è aggiunta una bella pandemia globale… come se non bastasse tutto il resto!
Io il Covid lo vedo come un nuovo Inferno in terra, con i dannati che sono tutte le persone che si ammalano, così scontando la loro pena (anche se magari un po’ esagerata come metafora), e noi, persone ancora sane, siamo nel purgatorio, aspettando la redenzione o la dannazione.
Io rientro nei dannati, secondo la mia immagine di “nuovo inferno”, ma bene o male di un girone alto, con una pena non molto dura e pesante come per altri.
Certo sì, vivo in una prigione da ormai tredici giorni; ho tutto quello che mi serve in maniera materiale, però mi manca comunque molto; per me, una persona abituata a vivere ogni giorno all’aperto, scoprendo posti nuovi o molto lontani, è difficile… Faticoso è altresì abbandonare la normale quotidianità che amavo molto, per trovarmi qui, in questa stanza, da solo immerso nei miei pensieri, cercando di progettare quello che farò dopo e quello che farò al momento. Restare in isolamento in una stanza non è semplice, al contrario di come dicono molti che magari non ci sono stati costretti per la salvaguardia di qualcun altro a cui si tiene. I primi giorni sono stati duri. Cambiare totalmente la routine non è affatto facile, si sta sempre in solitudine, e in questa solitudine fluiscono i pensieri buoni o cattivi che siano, fluiscono i ricordi che per la maggior parte rientrano in quelli belli, proprio per creare l’illusione momentanea di non essere lì; la stanza si anima grazie all’immaginazione, tanto che quasi quasi non me ne voglio andare più; il mondo esterno, però, mi manca e mi trovo quasi in contrasto con la mia mente… e mi chiedo: resto o non resto?
Ovviamente andrò via quando sarà il momento, e credo sarà molto bello; mi piace pensare che evaderò, come hanno fatto i cinque dannati dall’Inferno, certamente sarà in maniera diversa da dalla loro. Sarà l’evasione dalla mia nuova casa racchiusa nella mia casa, uno dei tanti pensieri contorti e intricati che si creano quando hai molto tempo a disposizione.
La voglia di libertà ogni tanto pervade il flusso di pensieri, bloccandolo completamente e creando una grande malinconia e tristezza che porta alla rimembranza di un nuovo flusso, nel quale ci si sente ancora più tristi, mentre si ricordano i bei momenti passati quando si era liberi e non un galeotto da camera da letto.
Credo proprio, quindi, che la libertà e la socialità siano la cosa peggiore che si possa togliere ad un essere umano, visto che vive ormai da millenni così. Come dice Jovanotti, che è un grande amante della libertà e del cicloturismo, “viva viva viva viva la libertà”.