Ci sono ben 20 immobili – tra cui due appartamenti nel pienissimo centro della città -, un’azienda individuale, un numero elevatissimo auto così come di mezzi agricoli e industriali, conti correnti con saldi positivi per centinaia di migliaia di euro.
Significa, praticamente, un patrimonio che ammonterebbe a circa 5 mlioni di euro. Da restituire al legittimo proprietario: il 63enne bitontino Vincenzo Cozzella, volto già noto alle forze dell’ordine.
Lo ha deciso nelle ultime ore la Corte di Appello di Bari, che ha detto sì al ricorso presentato dall’avvocato di Cozzella, Massimo Roberto Chiusolo, ed è un “sì” che probabilmente mette fine a una storia che dura cinque anni.
Perché tutto ha inizio nel 2013, come sottolinea “La Gazzetta del Mezzogiorno” ieri in edicola. Era gennaio e, applicando una precisa legge antimafia, si decide di mettere sotto sequestro anticipato e i beni e il patrimonio del nostro concittadino. Sequestro che ben presto si trasforma in confisca perché, secondo il Tribunale di Bari, c’erano i caratteri della illeicità visto che proprio Cozzella e i suoi familiari non sarebbero stati in grado di dimostrare la provenienza dei soldi per acquisire quei beni.
Il 63enne bitontino, tramite i suoi legali, presenta immediatamente ricorso alla Corte di Appello del capoluogo pugliese, che però impugna il provvedimento.
È il 2015. Cozzella, però, non demorde e, sempre tramite l’avvocato Chiusolo, si rivolge alla Cassazione.
La suprema Corte accoglie il ricorso, annulla la decisione della Corte d’Appello, e rinvia gli atti agli stessi magistrati affinché rivedesse il giudizio.
E così è, perché, questa volta, i magistrati baresi dispongono la restituzione totale di tutti i beni sottratti a Cozzella e famiglia.
E tale decisione non cambia neanche dopo il ricorso in Cassazione presentato dalla procura generale di Bari, dichiarato però inammissibile.