«Abbiamo quasi le valigie pronte. Pronte per andare via dalla nostra amata città e reinventarci a 50 anni». È la frase che ha fatto più male della conversazione telefonica avuta con i titolari della norcineria in piazza Cattedrale, a Bitonto, dopo l’aggressione subita da una baby gang sabato scorso, e che ormai vivono quasi barricati in casa. Nonostante tutti i segnali di vicinanza, le parole di conforto, la solidarietà, le frasi di amici e politici che invitano a riaprire le porte del loro locale, sembrano ormai decisi: «Non apriremo più, perché dopo qualche giorno ci lascerebbero comunque soli. Questo è il manifesto di un fallimento dello Stato tutto». Tanto che, ancora oggi, a far male, «più dei calci e pugni subiti, è stato scioccante quando uscendo dal locale vicino al nostro, dove i soccorritori del 118 mi stavano medicando – ha raccontato il titolare -, mi hanno insultato e applaudito per il mio stato. Erano in tanti, erano più della ‘gente per bene’». L’aggressione di sabato, infatti, è solo l’ultima di una serie di angherie «subite da mesi, praticamente da quando abbiamo aperto i battenti a inizio estate, a maggio», ci raccontano. Alcuni gruppi di ragazzi che stazionano lì, nelle vicinanze, avrebbero preso possesso della zona nei mesi invernali, soprattutto nei pressi dell’Open Shop 24: «Dalla nostra apertura è stato un continuo braccio di ferro – spiegano -. L’ultima rissa che è stata sventata è avvenuta non più tardi di lunedì scorso ed è stata prontamente denunciata alla Polizia». Anche per le continue segnalazioni alle forze dell’ordine sono stati presi di mira: «Per loro eravamo gli ‘nfamiun (gli infami), o altri epiteti con cui ci hanno etichettato quotidianamente». I “dispetti”, talvolta, si ritorcevano anche ai danni dei clienti, perché il gruppo avrebbe «buttato per terra lattine di bibite, oltre a creare scompiglio con le bici elettriche, tanto che anche i coperti si sono notevolmente diffusi. Siamo passati dagli 80 coperti dello scorso anno, specie nel fine settimana, ai 20 di quest’anno e, di conseguenza, dagli undici ai tre dipendenti, più che sufficienti, di questa stagione». Quindi si chiedono: «Perché riaprire?». Anche i clienti, secondo i titolari, «dopo ciò che è accaduto sarebbero impauriti e siamo dispiaciuti anche per gli altri esercenti della piazza che, come noi, hanno investito forze ed energie negli anni, hanno trovato il modo per attirare i clienti, offrire loro il miglior servizio possibile». Ora «abbiamo paura ad uscire di casa dopo tutte le minacce che abbiamo subito: minacce di incendiare il locale, di non azzardarci più ad aprire il ristorante, di non farci vedere in giro e la cosa più spaventosa e ignobile sono state le minacce di morte», hanno detto spaventati. Ma anche «ragazzini che sulle bici elettriche ci riconoscono per strada e dicono ‘Eccoli sono quelli che hanno avuto mazzate’». La volontà sarebbe quella di «non dargliela vinta, ma di fronte a tutto ciò, mi sa – dicono in conclusione – che sono riusciti nel loro intento». Ora l’unica cosa che conta è tutelare «l’incolumità della mia famiglia».