24 agosto 2019: la fine di un’era o solo l’interruzione momentanea di un’avventura umana condivisa? L’ultima volta che abbiamo scambiato con Francesco Bellezza due chiacchiere musicali (e molto più, dato il rapporto ormai amichevole che lega il sottoscritto all’intervistato), i suoi Backjumper erano giunti a quella che oggi, con il senno del poi, possiamo tranquillamente definire “maturità artistica”, condita e certificata da esperienze di vita e parti artistici riconosciuti da tutti gli addetti ai lavori e, non da meno, dai loro aficionados sparsi dovunque. Album, singoli, EP, tour internazionali, progetti paralleli e serate esplosive che hanno allietato per anni – per la precisione dodici, all’epoca – tantissimi appassionati, bitontini e non. Tra cui anche lo scrivente… “Ho retto le redini vocali dei Backjumper da quando non avevo neanche compiuto la maggiore età e, dopo quasi quindici anni di Passione, abbiamo deciso di comune accorto di fermarci per ricaricare un attimino le pile. Dopo aver vissuto in simbiosi con questo ‘cane a quattro teste’ a cui abbiamo dedicato, in pratica, metà della nostra vita. Nell’agosto del 2019, appunto, abbiamo constatato e dato ascolto alla volontà da parte di tutti e quattro di prenderci una pausa meritata, di dedicarci al lavoro ed al delineamento di un futuro personale più solido. Insomma, un punto sul nostro pentagramma esistenziale. Magari un ‘punto e a capo’, ma per ora è un punto. Abbiamo girato l’Europa, inciso cinque dischi, condiviso il palco con alcuni dei nostri idoli in tutta Italia e fuori, partecipato a Festival tra i più importanti al mondo, come il Wacken Open Air in Germania, nel 2013, dove c’erano band del calibro di Deep Purple, Rammstein e Meshuggah…”. Principia così, il nostro concittadino conosciuto al secolo, dai seguaci, con il nome d’arte di paCMan. “Abbiamo sempre fatto tutto senza scendere a compromessi, sia chiaro. Non abbiamo MAI cambiato formazione, MAI fatto un concerto se alla voce non ci fossi io, alla chitarra Vasco, al basso Dario o alla batteria Francesco. Abbiamo fatto tutto quello che una realtà indipendente, per di più del profondo Sud Italia e dedita ad un genere così ‘di nicchia’, potesse fare, dando l’esempio a tante band venute e che verranno ancora dopo di noi, tracciando un sentiero di costanza, coerenza e perseveranza. Modestia a parte, band che hanno fatto quello che abbiamo fatto noi, senza mai cambiare formazione (sottolineato nel testo originale, ndr), credo non esistano da queste parti”. Parole cariche di orgoglio e senso di appartenenza, di Amore puro verso l’oggetto dei desideri che è sempre stato in cima ai pensieri ed ai progetti di vita di Francesco: la Musica. Infatti… “Da operatore nel mondo dello spettacolo, per via del Covid, sono in cassa integrazione da un po’, come tanti altri lavoratori, e diciamo che questa lunga parentesi negativa per tutti è stata per me occasione di riflessione anche artistica. Purtroppo o per fortuna, di mio, senza musica non so proprio stare! Lavorando nel ‘music business’, come responsabile di pre-produzione e logistica, ci ho a che fare quotidianamente, tuttavia lavoro e vena artistica vivono su due piani nettamente diversi… Avendo dunque una necessità praticamente fisiologica di esprimermi, ho provato a dedicarmi ad un altro genere musicale che ho sempre amato di pari passo con l’hardcore e il metal e che negli anni ho praticato quasi in maniera ‘castrata’. Eppure, nonostante la pressoché totale dedizione ai Backjumper, ho rilasciato tre dischi rap personali tra il 2012 e il 2015. Invece, il modo in cui ho ottimizzato lo stop forzato al lavoro di quest’anno è stato quello di incanalare le cattive vibrazioni del periodo negli altri due dischi che ho realizzato entrambi nel 2020, tra luglio e dicembre”. Cos’ha ancora da urlare al mondo il nostro trentatreenne del Centro Storico, dopo aver toccato i temi più disparati nei tanti anni da frontman dei Backjumper? Si cresce, si matura, sicuramente cambiano anche prospettive e problematiche, mentre le “insofferenze sociali” possono rimanere sempre le stesse o assumere solo sfumature diverse, soprattutto in un periodo storico inedito come quello che stiamo vivendo. “Dopo lo stop dei Backjumper (non si sono sciolti, Francesco ci tiene ad evidenziarlo, ndr) avevo tante idee buttate là, come sempre, ma nel mese di marzo del 2020, cioè nel momento in cui sono esplosi i tragici eventi che ben conosciamo, non ho potuto più non ascoltarle e trasformarle in parole… Da operatore del settore, sono stato costretto ad un immobilismo che non avevo mai realmente vissuto prima, dal punto di vista lavorativo, in quanto ‘l’assembramento’ è proprio il fulcro essenziale, il vero senso del mio lavoro e della mia passione, allo stesso tempo. Uno dei modi per tenere la mente occupata, oltre all’amore verso la mia ragazza, alla famiglia e a quantità industriali di carboidrati assunte sotto varie forme, è stato quello di attivarmi al massimo per sentire vicini gli amici lontani, tra cui Tiziano Think’d, anche lui operatore del settore musicale e artista (MC e DJ), che vive da anni a Milano. Tra una chiacchiera e l’altra su Skype, abbiamo realizzato una situazione che ci accomunava, cioè quella di esserci ritrovati senza la possibilità di lavorare ma con la forte necessità di esorcizzare il mega disastro che, in ogni momento, i silenzi delle strade fuori dalle nostre stanze e le notizie sistematicamente negative dei TG ci ricordavano senza sosta, senza una tregua. Il resto è venuto da sé, mettendoci dentro le ansie, le frustrazioni, le considerazioni che ogni giorno ci scambiavamo, ma che altro non era se non l’attualità da incubo che ognuno di noi stava e sta ancora vivendo in ogni parte del globo. Un disco personale dettato dall’urgenza impellente di mettere su solchi un preciso momento storico, in cui tutti si possono ritrovare perché racconta la clausura da pandemia (e le sue conseguenze). Ecco com’è nato ‘03.20 CONTROFASE’, stampato da noi stessi in 23 copie esclusive in vinile per il progetto Outside The Box, che vede me e Think’d al microfono”. Un duo di rapper che diventerà trio in men che non si dica… “A questo disco è seguita l’illusoria Estate 2020, in cui ho potuto riassaporare la normalità del lavoro, seppur in ‘edizione limitata’. Tra una serata libera e un pomeriggio da riempire, ci siamo ritrovati sempre con Tiziano a casa dell’amico Ezio a Santo Spirito, altro artista e ottimo rapper della zona, noto con il nome di Tenko Bloodlaire; abbiamo lì rispolverato un’idea, che poi idea non è, ma un dato di fatto: siamo tutti e tre musicisti, nati nel 1987, a novembre, tutti e tre del segno dello scorpione, inevitabilmente… Una considerazione a cui avevamo fatto caso anni prima, ma a cui non c’era mai stato un seguito. In quel momento, invece, eravamo tutti e tre sulla stessa lunghezza d’onda e ci siamo detti: ‘Perché non facciamo un disco insieme in cui parlare del nostro modo di essere e del nostro modo di vedere il mondo, oggi?’. D’altronde, se siamo tre amici nati nello stesso mese del medesimo anno, cosa che ci rende molto simili ed empatici l’uno con l’altro, qualche motivo da sviluppare ci sarà senz’altro! È nato così il progetto NOVEMBRE87, un qualcosa a cui teniamo già tantissimo tutti e tre, che vorremmo dunque rendere il più continuo possibile. Mi ha donato sensazioni forti, volontà e la giusta fotta, come ai tempi d’oro dei Backjumper…”. Perché “In Cauda Venenum”? Questo è infatti il titolo del primo disco dei NOVEMBRE87 che ha visto la luce quasi a fine 2020. “Il veleno è nella coda, quella dello scorpione, il nostro segno zodiacale comune che è anche in bella vista sulla copertina. Quindi, fate attenzione, siamo velenosi (ride, ndr)! Tra agosto e ottobre 2020 abbiamo pensato, scritto e registrato sette tracce rap presso il ‘Kong Zone di Bari, prodotte da Illeti, Impatto, Jeph e Whitey. Il piglio è decisamente hardcore e ne andiamo estremamente orgogliosi. Un disco, che la Aldebaran Records ha deciso di produrci stampando una fantastica, esclusiva edizione in vinile 10’’ di colore viola (appena 100 copie), molto più astratto di ‘03.20 CONTROFASE’, più nei canoni del rap classico ma allo stesso tempo sperimentale, in cui abbiamo voluto omaggiare sia la scena hip hop barese della Golden Age anni Novanta – inizi Duemila, sia il fatto di essere nati sotto le stesse stelle, con la stessa forma mentis e un identico modo di approcciarsi al mondo. Un disco scritto di getto senza nessuna aspettativa, se non quella di fare musica assieme e spronarci l’un l’altro! Abbiamo anche girato un videoclip per la traccia ‘31 novembre’, diretto da Fabio Impatto assieme agli altri producers Whitey, Illeti e Jeph, sponde importanti per tutto il nostro progetto. Ne abbiamo anche un altro, di disco, in cantiere e uscirà a breve… Nel frattempo, tra un parto artistico e l’altro, ho anche partecipato ad un contest indetto da una band rap-metal-crossover di Roma, i THE OLD SKULL. Vedremo gli eventuali sviluppi anche di quest’asse musicale Bitonto-Roma”. In chiusura, pongo a Francesco la stessa identica domanda fattagli qualche anno fa, cioè dove e come si vede fra 10 anni. Ora che non è più un ragazzino… “Una cosa in comune con la mia risposta di cinque anni fa c’è: mi vedo in futuro ancora qui a Bitonto, dove sono nato. Un posto che pur con le sue mille contraddizioni e difficoltà, nonostante tutto e tutti, non lo cambierei con nessun altro al mondo. È la mia città e come tale ce l’ho nel cuore, perché mi ha insegnato tanto, oltre ad essere il ‘nido’ dove vive quasi tutta la mia famiglia, parte integrante e fondamentale del mio quotidiano. Al Sud abbiamo tanti problemi, ma se si ha la fortuna di trovare la propria dimensione al suo interno, penso abbia davvero pochi eguali in Italia, per tantissimi validi motivi. Per il resto, mi vedo impegnato sempre più con il lavoro, sposato con la mia ragazza di sempre e magari con un paio di marmocchi che mi aspettano a casa ogni giorno, curiosando nella mia collezione di dischi, chiedendomi di ‘quella volta che con i Backjumper eri sperduto per le foreste della Repubblica Ceca a spiegare alla Polizia locale perché avevate superato di 5km/h il limite di velocità…’… E, quando ne avrò il bisogno impellente, sempre con un microfono in mano e un palco a disposizione”.