“Si recò in una città chiamata Nain e facevano
la strada con lui i discepoli e grande folla. Quando fu vicino alla porta della
città, ecco che veniva portato al sepolcro un morto, figlio unico di madre
vedova; e molta gente della città era con lei. Vedendola, il Signore ne ebbe
compassione e le disse: «Non piangere!». E accostatosi toccò la bara, mentre i
portatori si fermarono. Poi disse: «Giovinetto, dico a te, alzati!». Il morto
si levò a sedere e incominciò a parlare. Ed egli lo diede alla madre. Tutti furono
presi da timore e glorificavano Dio dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi
e Dio ha visitato il suo popolo». La fama di questi fatti si diffuse in tutta
la Giudea e per tutta la regione”. Risurrezione del figlio della vedova
di Nain (Cap 7, Vangelo di Luca).
Luca narra
di un Gesù in costante contatto con la strada come luogo d’incontro.
La storia
della morte del figlio della vedova di Nain è la sintesi del dolore fisico,
psicologico, affettivo.
La
compassione di Cristo “è entrata nelle sue viscere, diventando il suo dolore”.
“Quanti di noi avrebbero voluto
compiere lo stesso gesto toccando il freddo legno dove era custodito il piccolo
Francesco?”, chiede
durante l’omelia il parroco don Ciccio
Savino.
Un gesto di
restituzione che tutti avremmo voluto poter compiere.
E segue il
silenzio, lo stesso che aveva caratterizzato la celebrazione del funerale del
giovanissimo Francesco Berardi, che
ha perso la vita tragicamente in un incidente stradale il mese scorso (http://www.dabitonto.com/cronaca/r/ferragosto-di-sangue-sulle-strade-muore-un-bitontino-in-salento-4-i-feriti/4007.htm).
«Ma sapete qual è la grandezza e il
limite della nostra fede?– continua – È che la fede deve fare i
conti con un Dio non onnipotente, interventista, ma “onnidebole”. Non è un Dio
magico ma uno che accetta la sconfitta e condivide con noi anche la debolezza.
Quasi sempre la fede è una domanda aperta: perché?».
Le risposte
spesso mancano e ancor di più mancano le parole sempre inadeguate per dolori
così grandi.
«Sono stanco e indignato di sentire
parole inutili – predica
don Ciccio – ma questo è il tempo delle
parole inutili: viviamo le barbarie delle parole e i social stanno facendo la
loro parte. Senza renderci conto che le
parole sono sacre, sacre come le persone i loro corpi, dove si custodisce
lo spirito della verità che è Gesù».
I latini
dicevano che quando una persona inizia a parlare, comincia il suo percorso di
umanizzazione: «Vorrei recuperare la
pudicizia delle parole. Soprattutto quando si leggono parole di giudizio sulle
persone: Papa Francesco ha indicato 4 i principi fondamentali quando viviamo
nel mondo: uno di questi è “La realtà è
più dell’idea”».
E conclude
con un monito:«Bisogna tornare alla
realtà. Basta con gli approcci ideologici, con l’atteggiamento che ci fa
negare la realtà. Il virtuale ci sta impedendo di osservare i volti, di avere
contatti carne con carne: tutto è diventato interpretazione. Torniamo a vivere la
realtà e a saperla vivere».