40 anni fa moriva Aldo Moro e il suo corpo veniva trovato in vie Caetani. Spesso, nel ricordarlo, ci si sofferma sulla sua tragica fine, sui suoi ultimi 55 giorni, senza ricordare il Moro politico, il Moro uomo, prima di essere sequestrato in via Fani.
«La sua formazione veniva da lontano» ricorda il giornalista Marino Pagano, che ha partecipato, giovedì all’incontro “Liberi di ricordare” nel Teatro Traetta. Attraverso le parole di Agnese Moro, figlia del politico magliese, Pagano ricorda la figura del Moro uomo e cristiano: «Un uomo che ha vissuto le contraddizioni del potere, con una visione alta del Paese e uno sguardo lungimirante. Lo animava la ricerca della verità, con una complessità di studio che non di rado coinvolgeva anche il linguaggio, nonostante avesse una capacità di lasciarsi capire».
«Moro era un cristiano, un credente e applicava la fede in Cristo in tutto quello che faceva. Era cristiano fino alla fine. Veniva dalla scuola di Paolo VI – aggiunge il giornalista Rai Enzo Quarto – La sua ricerca si basava sul mettere al centro sempre la persona. Emerge anche dalle lezioni del Moro docente, dalle lettere. Definiva come persona colui che commette un reato, parlando di pena che deve essere commisurata considerando che si parla di una persona, una persona che ha sbagliato, ma che rimane una persona. Un approccio cristiano, di chi pone al centro l’uomo. Aveva una capacità di leggere e interpretare il tempo».
A ricordare il politico è anche monsignor Francesco Savino, che l’anno scorso ne parlò anche nel libro “Spiritualità e politica. Aldo Moro, Giorgio La Pira, Giuseppe Dossetti”.
«Mi piace leggere Aldo Moro sia dal punto di vista della spiritualità. Che dal punto di vista della emergenza di umanità che stiamo vivendo oggi» prosegue il vescovo di Cassano allo Jonio: «Si parla di tante emergenze, ma non ci rendiamo conto che la vera emergenza di oggi è di umanità. Viviamo in un’epoca in cui imperano autoreferenzialità, individualismo esagerato e narcisismo compulsivo. Siamo tutti più soli e al tempo stesso più autoreferenziali. Ciò che conta è l’io e regna l’indifferenza. Non ci rendiamo conto della sofferenza di chi ci sta accanto. Mi piace leggere Moro anche alla luce della crisi di spiritualità di oggi».
Savino sottolinea come il vero protagonista dell’epoca che stiamo vivendo sia il nichilismo: «Con la morte delle ideologie c’è stato sì un rifiuto degli scontri ideologici, ma al tempo stesso sono stati gettati gli ideali, le prospettive, gli orizzonti, le motivazioni per cui vale la pena impegnarsi. Oggi i giovani sono dominati dall’ospite inquietante del nichilismo contemporaneo, che sul versante psichiatrico si chiama “depressione”. Non c’è un valore per cui valga la pena vivere e impegnarsi. Il nichilismo genera individualismo che, a sua volta, genera una vita in funzione di se stessi. Dal punto di vista politico questo si traduce nella rinuncia ai grandi valori. La politica finisce per essere al servizio dei grandi potentati e delle multinazionali. Questo nichilismo nega anche la possibilità che ci sia una verità. E non c’è libertà senza verità. Siamo tutti malati di Alzheimer culturale e nell’agone politica manca una visione politica, un pensiero politico. Quando la vita attiva non ha un pensiero, diventa solo mera gestione».
E ricordando Aldo Moro aggiunge: «Era un grande uomo di cultura. Stava compiendo un’importante operazione culturale e politica che ha anticipato la storia. Stava capendo che c’erano le condizioni per sdoganare la cultura politica per avviare una democrazia dell’alternanza. Ed evidentemente alcune forze, che avevano le proprie radici nel partito e negli Stati Uniti d’America, non potevano permettere che la sua azione continuasse. In Aldo Moro c’è una coerenza tra vita privata e vita pubblica, tra spiritualità e politica, tra fede e mediazione culturale e politica. Per Aldo Moro la legalità è un mezzo, per arrivare al vero fine che è la giustizia».
Durante la serata si ricorda, inoltre, il rapporto che Moro aveva con Bitonto e con alcuni suoi personaggi, come monsignor Aurelio Marena e i nomi di chi, in politica, seguì la corrente politica che al politico di Maglie faceva capo, a partire da Carmine Barbone, recentemente scomparso, che in quei drammatici 55 giorni fu vicino agli ambienti romani e ai collaboratori di Moro. Mentre monsignor Savino si sofferma sulla figura del professor Ottavio Leccese che a Bitonto invitò Giuseppe Lazzati e che, a suo dire, è stato snobbato e dimenticato: «Bitonto ha bisogno di fare i conti con la memoria. Abbiamo resettato tutto. Bitonto rischia di non avere futuro perché non c’è la memoria e non si ha il coraggio di recuperarla. Se non fa i conti con il proprio passato recente e remoto non avrà futuro. Ha bisogno di fare operazioni culturali in tal senso».
Nel corso dell’evento, promosso da Secop Edizioni, è stato anche effettuato un annullo filatelico da parte di Poste Italiane, dedicato ad Aldo Moro.