Se n’è andato Michele, il figlio del “Bar di Filippo”, come è sempre stato e sarà per chi è stato bambino a Bitonto agli inizi degli anni ’60 e abitava in quel gruppo di case compreso tra la chiesa dell’Annunziata e Porta Robustina.
Filippo, il capostipite, era lattaio faceva ogni giorno il giro nelle case dei suoi clienti e con i sudati guadagni aprì un bar per i figli in via de Ilderis.
Al banco spesso c’era Michele, quasi giovanotto dal mite sorriso. Era lui ad affondare la magica paletta nei pozzetti di gelato quando i gusti, in fondo, non erano più di tre o quattro: crema, cioccolato, nocciola, caffè e d’estate l’immancabile limone.
Quando l’estate veniva a bussare alla porta della primavera e dopo che Sergio Zavoli aveva raccontato il Giro d’Italia nel suo “Processo alla tappa” veniva l’ora del piccolo pellegrinaggio dei bambini che ricevuta dai nonni una moneta da 100 lire andavano al Bar di Filippo per ordinare “tra da trenta” con il resto di 10 lire.
I “tre da trenta” avvolti nella carta bianca erano il dolce trofeo con cui si tornava a casa non prima di aver comprato, con le 10 lire di resto, le figurine dei calciatori avvolte in un esile foglietto di carta velina, perché le “Panini” dovevano ancora arrivare.
Anche Michele, con il frutto del suo lavoro, fece un passo avanti aprendo una pasticceria in via Ammiraglio Vaca dove, con il suo mire sorriso, continuava a lavorare ad insegnare il mestiere ai sui figli.
Ora se ne è andato e non so, forse da qualche parte, ci sarà un chiosco con Michele, e Filippo a far torte e gelati e tutt’intorno, gli altri piccoli grandi uomini della nostra infanzia. A chiacchierare, giocando a carte e bevendo una gassosa. Perché il “Nuovo Bar Paradiso” deve essere proprio così…