DI ALEX PILONE
Nel museo a cielo aperto che è Bitonto, tra ulivi, corti, vicoli e meraviglie, vive la Settimana Santa.
Ogni rito, ogni processione è un affresco che si arricchisce di nuove sfumature, anno dopo anno.
La città, nel tempo della Pasqua cristiana, si trasfigura in un museo vivente: le tradizioni non solo si preservano, ma evolvono, intrecciando passato, presente e futuro. Un’epopea da vivere e raccontare, perché mos maiorum della nostra comunità. Tramite le voci di chi tramanda questi riti e visitando le «stanze» del nostro museo proveremo a svelare i Misteri della Settimana Santa Bitontina, a celebrare non solo la tradizione, ma il cuore pulsante della città che la custodisce.
La Processione di Gala – La Sofferenza che si fa Coralità di un Popolo
Intervista al Prof. Giovanni Procacci
In occasione dei riti della Settimana Santa, ho avuto l’onore di conversare con il prof. Giovanni Procacci, che ci ha guidati in un appassionato racconto sulle tradizioni bitontine. La cosiddetta «Processione di Gala» si svolge ogni anno il Venerdì Santo con partenza dal Purgatorio, organizzata dall’Arciconfraternita Maria SS. del Suffragio. Sebbene l’espressione «di Gala» non appartenga al lessico liturgico, viene utilizzata per sottolineare la solennità di questa celebrazione, connotata dagli abiti confraternali ottocenteschi, dal solenne stifelius dei portatori e dalla silenziosa oscurità delle vie cittadine, rischiarate soltanto dalla luce dei ceri.
Alle Origini del Mistero – La Processione tra Storia e Memoria
Procacci ricorda come, pur nella sua forma attuale consolidatasi nel XIX secolo, la processione abbia radici ben più antiche. Le prime attestazioni risalgono al 1698, grazie all’opera Arcano della Perpetuità del medico Bartolomeo Maiullari. In origine, la Processione dei Misteri si concludeva con il simulacro del Calvario, raffigurando il cammino della Passione che culminava, nella notte, con la sfilata dell’Addolorata e della Culla del Purgatorio, simbolo della Resurrezione. Ogni chiesa sul percorso diventava tappa di sosta e di devozione. Con il tempo, nuove statue furono introdotte, segnando una profonda trasformazione del rito.
L’Addolorata del Purgatorio – Il Mistero delle 101 Candele
L’apertura della marcia è affidata a uno stendardo nero ornato di fiamme dorate, emblema del Purgatorio e della preghiera per le anime dei defunti. Tra i momenti più toccanti vi è il passaggio della Madonna Addolorata, avvolta da 101 candele. Una tradizione struggente, che secondo Procacci simboleggia il «dolore» individuale (1) che si fa «coralità di un popolo» (100). La resa estetica del riflesso delle candele sul volto chino della Vergine è sorprendente: «Esprime tutta la tenerezza e il dolore umano. In croce, il suo sguardo guarda la gente» – dice, evocando l’intimo legame tra la Vergine e il popolo. Un legame che si traduce nelle parole del dialetto: ‘N gil ‘m vdist, ‘n derr ‘m facist, antica espressione di pietà popolare che testimonia quanto la devozione si nutra di memoria, lingua e affetti.
Il Legno Santo – La Croce nella Croce
Quest’anno, la reliquia del Legno Santo assumerà un valore ancor più profondo: sarà infatti portata su un trofeo costruito con il legno delle barche dei migranti naufragati a Lampedusa. «È la croce nella croce», afferma Procacci, unendo la Passione di Cristo alle sofferenze contemporanee dell’umanità. La reliquia, custodita a Bitonto, è composta da due schegge della croce di Cristo, rinvenute – secondo l’affresco di Piero della Francesca «Storie della Vera Croce», custodito ad Arezzo – da Sant’Elena, madre di Costantino. Smentendo alcune leggende locali che la vorrebbero contesa con Bari, il Prof. ribadisce la storicità della tradizione bitontina, ricordando l’episodio del XVIII secolo in cui i cavalli che trasportavano i frammenti si fermarono dinanzi alle porte del Purgatorio, rifiutandosi di proseguire verso il Capitolo. Da lì, la decisione del Vescovo De Crescenzo: la reliquia sarebbe rimasta a Bitonto.
La Culla – Non Sepolcro ma Resurrezione
Un altro simulacro fondamentale nella processione è quello della «culla». A Bitonto, infatti, non si parla mai di «bara»: si usa il termine affettuoso e popolare «neuch», che racchiude insieme rispetto e devozione. La culla, dorata e sorretta da angeli in stile barocco, non rappresenta tanto il sepolcro, quanto un passaggio simbolico, un ponte tra la morte e la Resurrezione di Cristo. La statua infatti mostra Gesù con lo sguardo reclinato, gli occhi non serrati, ma appena socchiusi, in procinto di aprirsi. «Gli angeli che la sorreggono non accompagnano un cadavere – sottolinea Procacci – ma il Cristo che si prepara alla risurrezione.»
Il Mistero della Sindone si intreccia con la Storia di Bitonto
Questo simbolismo si intreccia anche con la misteriosa Sindone. Procacci ricorda la celebre scoperta del fotografo Secondo Pia nel 1898. Fotografando la Sindone di Torino, Pia si accorse che il negativo della lastra rivelava un’immagine positiva, quasi fosse stata impressa da «un’esplosione di luce». Un mistero che continua ad affascinare e che si intreccia con la storia di Bitonto, dove è conservata e portata in processione il venerdì notte una delle cinque uniche repliche a sovrimpressione della Sindone di Torino esistenti al mondo.
Le Nuove Generazioni – Una Processione Infinita
La Settimana Santa di Bitonto vive anche grazie alla passione delle nuove generazioni, come Nicola Vitariello, 15 anni, studente della 2A LES di Bitonto. Da anni fa parte della banda musicale che accompagna la Processione di Gala del Venerdì Santo. «Quello che mi emoziona di più è il silenzio che si crea intorno alla musica. Quando la banda comincia a suonare, sembra che il tempo si fermi. Ogni nota racconta dolore, fede e speranza.»
Proveniente da una famiglia con una lunga tradizione musicale, anche grazie ai racconti del padre, del nonno e dello zio, Nicola vive questo impegno come atto di fede e memoria collettiva. Accanto alla musica, coltiva la passione per i diorami quaresimali, che realizzerà ed esporrà in occasione dei sepolcri del Giovedì Santo, il 17 aprile, presso il Sedile di Sant’Anna, nella biblioteca comunale. «Ogni diorama che realizzo è un pezzo del mio cuore. È un modo per continuare una tradizione di famiglia. Finché ci sarà anche solo una persona che si emoziona davanti a un piccolo diorama o al suono di una marcia funebre, questa tradizione continuerà a vivere».
Conclusione – Un’Alba di Speranza: la Pasqua
Ciò dimostra più che mai che la processione, biblia pauperum tutta bitontina, non è solo lutto ed escatologia, ma soprattutto speranza. Riprendendo le parole di Sant’Agostino, citate da Procacci, «Dio creò l’uomo e il tempo», possiamo affermare dunque che la processione rappresenta «il cammino della Chiesa nel tempo», dalla sofferenza sino alla redenzione.
Così si svela il mistero della Processione di Gala: il dolore non è unicum ma reductio ad unum; la notte della processione non è fine, ma attesa di un’alba di speranza, la Pasqua.