Il
lavoro nero pugliese? È maggiormente concentrato in agricoltura e
nel settore dei servizi, con netta presenza di donne rispetto agli
uomini.
Gli
ultimi dati confezionati dalla Prefettura sulla piaga del lavoro
sommerso in Puglia, derivanti dall’attività di controllo effettuata
insieme alla Regione, alle direzioni regionali del lavoro, Inps e
Inail e stabilita da un protocollo d’intesa del 2013, disegnano un
quadro piuttosto grave perché, su un totale di 339 aziende
controllate, ben 78 (oltre il 23%, quindi quasi 1/4) presentano
maestranze non regolarizzate, con 215 lavoratori in nero.
Anche
soffermandoci solo sui dati riguardanti la Provincia di Bari, il
trend è confermato. Anzi peggiora, perché su 91 aziende passate al
setaccio ben 25 hanno almeno un dipendente non in regola, che sono
globalmente 54. A Bari e nella sua area metropolitana, allora, quasi
un’azienda su tre non ha lavoratori (completamente) a posto. E quelle
messe peggio sono quelle agricole, con il 50% di loro (18 controllate
e 9 con lavoratori non contrattualizzati) non in regola con la
stabilizzazione, seguite dai salottifici (quasi 43%) e ristorazione
(27%). Il fenomeno, invece, è quasi assente (10%) nei frantoi, e
inesistente in edilizia.
«E’
stata sperimentata per la prima volta nella nostra Regione– ha affermato il prefetto Antonio Nunziante – la
definizione di un sistema, fondato su rapporti di collaborazione
interistituzionale tra tutti gli enti preposti al controllo del
lavoro sommerso, che ha individuato “chi fa cosa e come” in
relazione ad aree territoriali specifiche».
Proprio
per i risultati ottenuti, l’attività di controllo sarà estesa per
altri due anni, «con
l’impegno –si legge nel comunicato diffuso dalla Prefettura –a convocare un tavolo specifico mirato alla ripartizione delle
risorse disponibili e all’individuazione dei versanti sui quali far
confluire e intensificare le ulteriori azioni di contrasto».