Una volta ospitava la produzione e lo showroom di un’azienda leader della produzione di divani, che dava lavoro a 430 operai ed esportava in tutto il mondo. Parliamo dello stabilimento bitontino della Divania. L’azienda era settima produttrice di divani in Italia e fatturava 70 milioni di euro l’anno. Una realtà del Sud sana ed in crescita, un fiore all’occhiello della zona industriale del capoluogo. Da piccola ditta produttrice di pellame, nel quartiere Stanic di Bari, con due soli dipendenti, era diventata un’impresa di respiro internazionale con sedi in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Nell’ottobre del 1999 partecipò alla più importante fiera del mobile al mondo, a High Point, in North Carolina, Usa, dove il suo stand fu tra i più visitati. Ma in precedenza aveva già partecipato alla Fiera Internazionale del Mobile di Copenhagen e aveva conquistato sempre più importanti fette di mercato.
All’ingresso sud di Bitonto aveva uno dei suoi stabilimenti. Quell’edificio che, venendo da Modugno, da anni ormai si presenta in stati di totale abbandono, preda delle intemperie e dei vandali, ladri di metallo e altri traffici illeciti che potrebbero consumarsi all’interno. Una sorta di spettro dell’impresa che un tempo era, circondata ormai da rifiuti, erbacce e calcinacci. A settembre in quel rudere di 500 metri quadri, che affaccia sulla Strada Provinciale 231, si sviluppò un incendio che bruciò ciarpame vario ancora depositato all’interno. Per spegnerlo intervennero i Vigili del Fuoco del comando principale di Bari. Ed è proprio dalla loro relazione, consegnata all’Ufficio Tecnico del Comune di Bitonto, che è partito l’ordine della messa in sicurezza dello stabile (anche se ormai chiamarlo ancora così è un eufemismo), a tutela della pubblica e privata incolumità. La relazione elenca tutte le criticità riscontrate e gli interventi urgenti da fare per evitare che quell’immobile possa rappresentare un pericolo. I curatori fallimentari dovranno adottare misure atte ad impedirne l’ingresso e segnalare il divieto di accesso. Bisognerà poi realizzare interventi per la sicurezza statica e per la sicurezza igienico-sanitaria dell’area sia interna che esterna.
Lo stato di abbandono dura da anni. Precisamente dal 2011, quando quella esperienza felice si concluse con la dichiarazione di fallimento da parte del Tribunale di Bari. Negli anni, infatti, l’esposizione a prodotti finanziari derivati aveva causato la perdita di centinaia di milioni di euro. A causare il tutto, stando a quanto emerge dalle indagini e dal processo ancora in corso, sarebbe stato il comportamento fraudolento di dirigenti e funzionari di Unicredit, che, con la vendita di quei prodotti finanziari, avrebbero esposto l’azienda a «rischi di perdite potenzialmente illimitate». Ma sulla vicenda è ancora in corso un processo per bancarotta fraudolenta.
La storia della Divania fu raccontata nel libro “Sulla mia pelle. Il caso Divania – Unicredit”, edito a fine 2015 da Imprimatur e scritto a quattro mani da Francesco Saverio Parisi, patron di Divania, e dal giornalista Giovanni Longo, che raccontano l’ascesa e lo sfortunato declino di un’azienda florida, denunciando «la sconcertante storia del più grave scandalo italiano di malafinanza creativa e le responsabilità che i poteri forti vogliono coprire».