Quando il necroforo ha preso tra le mani il corpo di Vito
che si sgretolava, ha fatto così piano che sembrava lo carezzasse.
Di quel rogo crudele restava poco o nulla.
Lamiere contorte, pneumatici esplosi e muta cenere.
Chissà dov’era in quella polvere nera il suo cuore ferito
per sempre…
L’uomo che ama non sa mai quando finisce l’amore. Non se ne
rende conto. Non se ne capacita. Ritiene eterno quel sentimento oggi tanto
vilipeso.
Già, quel che dovrebbe essere il valore più alto della vita,
espresso in mille fogge, non solo verso una creatura dell’altro sesso, viene
svenduto in nome di non si capisce bene quale libertà.
Le parole disperate e stanche non arrivano più all’altro
cuore che ostinatamente ha scelto un’altra strada. E non sai se fa più male
avere la consapevolezza d’aver amato inutilmente oppure sentire di non essere
più amato.
Ed è come se, d’improvviso, avessero cancellato l’azzurro ad
un mattino di primavera.
Vito si sarà crocifisso il cuore di punti interrogativi, mai
trovando risposte.
In cosa ho sbagliato? Ma perché? Cosa ho fatto per meritarmi
tutto questo?
Sì, perché, forse, questa vita è solo un gomitolo arruffato
di amori sbagliati.
Spesso, una ipocrita accettazione di mille piccoli ricatti.
E, quando tutto è finito, senti inutile te stesso, il tuo stesso cuore. E
allora che bruci tutto, basta, è inutile continuare a vivere.
Così, Vito, stimato da datori di lavoro e caro, carissimo ad
amici e amiche, ha incendiato il suo corpo, questo inutile carcere terreno, per
fare un falò della sua anima, perché il tutto è nulla se ogni palpito è perduto.
Era l’unico modo per urlare il proprio atroce dolore.
Secondo cinico adagio, pare che pure per chi ama valga la
regola dei pontefici: morto un papa, se ne fa un altro. Sì, ma se, poi, fuor di metafora, muore per
davvero?
Vito moriva ed il sole sfolgorava. Capita anche questo, a
noi mortali.
Il giorno dopo, però, nel cielo colore di cenere un soffio
di vento portava sulle sue ali invisibili il cuore di Vito, morto per amore…