“Parturient montes, nascetur ridiculus mus“.
Non ho potuto fare a meno di pensare ad Orazio, antico autore venosino, che, nella sua Ars Poetica, dovendo dare consigli ad aspiranti lirici, suggeriva di non fare grandi proclami, perché, poi, esiti modesti potevano generare figure barbine.
E, dunque, proprio il verso in incipit di pezzo m’è sovvenuto al termine del consiglio monotematico dedicato alla tanto delicata quanto ormai irreversibile condizione del nostro ospedale.
Infatti, tra silenzi, omissioni e assenze – proprio di rappresentanti insigni di Asl e Regione, ovverosia coloro che da sempre decidono le sorti del nosocomio bitontino, impermaliti, pare, dalla data del timbro postale sulla busta d’invito, troppo prossima a mercoledì, e non responsabilizzati dal proprio dovere, mah… – nell’emiciclo abbiamo visto serpeggiare amarezza, rassegnazione, quasi mestizia.
Tranne qualche improvvisa accensione di Ricci, passionale e un po’ teatrale come sempre, del soldato Damascelli e dell’assessore Scauro, uno che il dramma della sanità locale lo tasta ogni giorno, i sentimenti erano quelli che dicevamo.
Così, al termine delle quasi quattro ore di seduta, la massima assise ha deliberato la composizione della solita commissione pronta a monitorare il nulla.
Montanelli soleva dire che in Italia, quando non si vuol risolvere un problema, basta dar vita ad una commissione e tutto viene insabbiato.
Certo, il grande Indro si riferiva ad alte sfere, qui sono più basse, anche se girano lo stesso.
Già, perché, cari politici, questo è mancato mercoledì: sull’ospedale dovevate essere incazzati.
Sì, proprio così, dovevate essere pieni di rabbia poiché non è possibile che un bacino di 90 mila utenti debba avere a disposizione solo un poliambulatorio che funziona a macchia di leopardo.
Perché, purtroppo, questa è la verità: se un uomo ha un malore a Bitonto e non si creano condizioni fortunate – tipo: un figlio con l’auto nei pressi, l’ambulanza del 118 pescata dal centralino in chissà quale landa del distretto sanitario, che lo condurrà lì dove ci sarà un letto disponibile, la tempra ferrea della vittima – quasi certamente è spacciato.
Morto. Capite che vuol dire questo participio appunto passato?
E allora dovevate chiedervi: perché negli anni Ottanta non hanno realizzato una nuova struttura sulla via per Palombaio, che ci avrebbe permesso di stare al passo coi tempi e con la salute?
Perché, nel corso degli anni, in spregio alle professionalità che da sempre vi hanno lavorato, s’è sviluppata una vulgata denigratoria nei confronti del nostro ospedale?
Perché, in contemporanea con la nascita di megastrutture viciniori, la nostra come un Geeg robot di cartapesta all’incontrario è stato denudato di tutti i reparti e i macchinari fino a depotenziarlo tragicamente?
Quante carriere, politiche e mediche, si sono realizzate fulgenti sulle macerie del plesso di via Comez?
Perché fu costruita una cucina costata miliardi del vecchio conio che mai è stata utilizzata?
Quanto Bitonto è stata difesa davvero da chi contava nelle diverse stanze dei bottoni?
Ecco, questo, cari politici, dovevate chiedervi col sangue agli occhi, novelli Suarez.
E, invece, la commissione. Il topolino d’oraziana memoria.
Che dirvi, buon lavoro.
Ma noi cittadini non ci crediamo più…