A proposito del Palazzo Vulpano-Sylos, l’ex assessore ing. Emanuele Pagone scrive al professor Nicola Pice, che riprendendo l’articolo dalla nostra testata pubblicato, aveva scritto un post colmo di rammarico e dolore.
“Carissimo Nicola, ho appreso dalla preziosa testata “da Bitonto” (che per fortuna sopravvive all’ecatombe del giornalismo locale) e dal tuo post su fb dell’ennesimo ricovero di spazzatura dietro l’accesso del Palazzo Vulpano. Dico l’ennesimo perché in questo caso è stato documentato e pubblicato ma è fenomeno costante. Addirittura in passato l’incresciosa abitudine del parcheggio selvaggio lungo il muro di via Planelli ha provocato gravi danni al paramento lapideo del prospetto principale a causa di un incendio di un’auto che le forze dell’ordine non sono riuscite neanche a capire di chi fosse. Avevo chiesto di sapere se non altro per mettere di fronte alle responsabilità chi, con le abitudini malsane, aveva provocato un grave danno non solo alla proprietà ma all’intera comunità. La comunità appunto. I palazzi rinascimentali di cui parli nel post del tuo profilo sono la testimonianza e l’eredità di famiglie che hanno saputo conciliare la ricchezza del nostro territorio con il bello, con la cultura. La bellezza del nostro centro storico è frutto della ricchezza dei nostri padri e della loro sensibilità all’arte rinascimentale. Noi in qualche modo dovremmo essere eredi e custodi di questi splendidi monumenti. Difendendo e custodendo i monumenti difendiamo la nostra identità culturale. Questo convincimento ha portato la mia famiglia all’acquisto, non con pochi sacrifici, del Palazzo Vulpano. Lo stesso investimento, pianificato per la costruzione di nuovi appartamenti come fanno quasi tutti, avrebbe prodotto utili considerevoli e subito. Ma non si può sacrificare sempre la bellezza, la cultura e più in generale i valori sull’altare della massimizzazione degli utili. Questo tipo di economia sta producendo la desertificazione del territorio, l’abbandono dei monumenti, la marginalizzazione della cultura. Sono sintomi evidenti di degrado morale del nostro vissuto. Una scelta così coraggiosa, lo scoramento mi porterebbe a dire sconsiderata, è stata fatta nel Duemila. Ho dichiarato pubblicamente l’intenzione di fare del Palazzo un laboratorio di ricerca, un cantiere scuola, un centro culturale, consapevole che riqualificare un centro storico così grande deve essere frutto di sinergia fra pubblico, che non può fare tutto da solo, e privato. In quel periodo il centro storico era al centro dell’attenzione dell’amministrazione comunale. Sono noti a tutti i restauri del Torrione, del Teatro, della Galleria De Vanna, il progetto di riqualificazione della Piazza Cavour, Il recupero del Fossato, l’inizio del restauro della nuova sede del museo diocesano, oggi completato, etc. Sono stati investiti molti milioni di euro che hanno prodotto una rivitalizzazione decisa almeno di quella parte del centro storico in cui sono ubicati i monumenti restaurati. Il loro restauro non è stato casuale, tutti i monumenti erano ubicati su un anello che, partendo da piazza Cavour, proseguiva verso il teatro Traetta, continuava per piazza Minerva, lambiva il Palazzo Vulpano per chiudersi in piazza Cattedrale. Ricorderai bene, mio caro professore, che abbiamo portato a Roma al direttore generale del Ministero dei Beni Culturali il tuo programma di investimenti e allo stupore del direttore per la bellezza del nostro centro storico si è aggiunta la sua disponibilità a inserire quel percorso culturale sul sito del Ministero. Non se ne fece più nulla perché in democrazia chi perde le elezioni va a casa. Abbiamo lasciato ad altri il testimone. Abbiamo ottenuto comunque la prova, qualora ce ne fosse bisogno, che gli sforzi economici hanno dato risultati molto incoraggianti. Quella parte di centro storico ha visto sorgere nuove attività commerciali, è diventato polo attrattore per giovani e famiglie. Magari i meriti di quell’azione sono andati alle amministrazioni successive ma fa parte del gioco del consenso che spesso non ha regole. Abbiamo anche provato a proporre un nuovo schema di marketing territoriale in cui le istituzioni promuovono il territorio per favorire lo sviluppo delle attività private. Non ci siamo riusciti. Quello che però va sottolineato è che non c’è stata continuità amministrativa. Non ho visto investimenti dello stesso tenore negli ultimi quindici anni. Lo dico lontano da competizioni elettorali che comunque non mi interessano. L’episodio del Palazzo Vulpano è spia di un malessere che il centro storico comunque oggi vive. Spero non si stia verificando una inversione di tendenza. Il parcheggio selvaggio è frutto della impossibilità per i residenti di trovare stalli sufficienti in prossimità delle abitazioni. La raccolta dei rifiuti è un problema notevole da gestire, la presenza di presidi di forze dell’ordine sarebbe fondamentale per arginare la delinquenza. Le zone a traffico limitato per molti residenti costituiscono un vincolo pesante anche se necessario. Il restauro di alcuni strategici e magnifici edifici ora abbandonati costituirebbe un utile e deciso contributo allo sviluppo di altre ampie zone oggi quasi disabitate. Una pianificazione a lungo termine della risoluzione di questi e di molti altri problemi spingerebbe la parte sana della nostra comunità a riappropriarsi di spazi oggi completamente degradati. Il modo migliore per arginare incresciosi fenomeni di inciviltà come quello di Palazzo Vulpano è governare i processi di sviluppo guardando lontano. Le iniziative private sorgerebbero da sole e contribuirebbero ad isolare i casi di delinquenza e malcostume che oggi caratterizzano il centro storico associandolo il più delle volte ad un ghetto e non ad una risorsa formidabile per l’intera comunità. Non dobbiamo rassegnarci all’idea che la fuga sia la soluzione al problema. Ma per raggiungere l’ambizioso obiettivo occorre lo sforzo di tutta la comunità coordinata e guidata da una amministrazione che dia segnali concreti di attenzione. E’ l’unica maniera che può trasformare un ghetto in risorsa”.