Questo articolo è un atto di disobbedienza. No, non vi preoccupate, niente di memorabile. Nessun primo passo d’una rivoluzione, ma solo un gesto che infrange la volontà di un amico. E lo si fa con grande piacere. Il sodale cui si “disobbedisce” è nientepopodimeno che Il dottor Antonio Moschetta, ché già so non avrebbe mai voluto per eccesso di modestia scrivessi il pezzo. Ma, mi dispiace, dovevo. Il ricercatore di cui trattasi è un esemplare di italiano atipico. Raro, rarissimo. Ha studiato in ogni angolo di mondo, ha una preparazione strabiliante corroborata da un curriculum lungo un papiro, è un docente universitario autorevole e molto gettonato, non disgiunge mai una sorridente umanità dalla altissima professionalità, punta ognora sui giovani, che vorrebbe lanciare nella vita, che, ingrata, non sempre dà loro spazio. Ha persino rinunciato a posti di prestigio in nome di coerenza e verità, autentica rara avis. Insomma, Antonio è una perla lucente non solo per la nostra città (un po’ fasulla), ma anche per il nostro Stivale (un po’ malconcio). Infatti, Moschetta ha aggiunto un’altra gemma preziosa nel suo cursus honorum: ha firmato a quattro mani un libro con lo chef più master che ci sia, Carlo Cracco. “Il buono che fa bene” è il titolo dell’opera, pubblicata da Vallardi, e l’ormai celebre bitontino ne griffa l’importante contributo scientifico, fedele com’è alla convinzione che molta parte del nostro benessere può dipendere dal cibo e dalle scelte che facciamo a tavola. Dunque, Antonio è un bitontino di cui andar fieri davvero, anche se lui non vuole che si dica…