Riportiamo due testimonianze significative di come vadano le cose nella sanità pugliese.
A voi lettura e considerazioni relative.
“Mio nonno vive con noi in casa ed è malato di Alzheimer.
La scorsa notte è caduto dal letto e l’abbiamo trovato, di lì a poco, per terra. Un gomito sanguinante, l’altro livido, il ginocchio gonfio e la caviglia dolorante.
Avendo anche degli altri problemi di salute annessi, abbiamo chiamato il 118.
Ma le ambulanze erano tutte occupate, non poteva venire nessuno. Dopo un’ora, ancora nulla.
Trascorre un’altra ora, così, mi sono vista costretta a richiamare con toni non certo sereni: l’operatore mi ha risposto in una maniera davvero sgradevole (e alla faccia dell’empatia!), ma il mezzo di soccorso è arrivato dopo circa mezz’ora.
Insomma, due ore e mezza per un soccorso urgente”.
Pochi giorni fa in piazza Cavour un fatto analogo.
“Era una donna sulla quarantina, viene colta da un malore, cade, priva di sensi, tra le braccia del suo compagno.
Presi dal panico la stendiamo, chiamiamo per tre volte il 118, ma nulla.
Per fortuna, (ecco, per fortuna!) passava di lì un angelo. Un amico del liceo, Nicola, scrupoloso ed attento dottore, che si è preso cura della signora fin quando ha ripreso conoscenza, seguendola anche nel breve momento di choc e indirizzandola nel pronto soccorso più vicino per degli accertamenti clinici”.
Tutto è bene quel che finisce bene, ma il tempo della nostra vita quanto è prezioso?