Tendere la mano verso chi ha bisogno. Un gesto semplice, ma che vale tanto. Riscalda il cuore di chi vuole essere salvato, accolto in un mondo migliore. Capita che chi ne ha più bisogno ne sia anche inconsapevole, come i bambini che sono rimasti ancora in Ucraina. Le loro risate, mentre giocano con i compagni in un prato, echeggiano più forti del rumore della guerra. Ma una vena d’amarezza v’è eccome. «Un’esperienza forte e struggente», è così che il bitontino Saverio Pansini, dirigente dell’Istituto comprensivo “Cassano-De Renzio” ha definito quel che si prova in questi casi. Racchiudono il turbinio di emozioni provato insieme agli operatori dell’Avis Bitonto, della Croce bianca, Croce verde e di due associazioni di clown di Padova e Vincenza durante la missione umanitaria ad est di Lublino, volta al termine domenica. Al rientro in Italia, nelle strutture ospedaliere di Venezia e Cesena sono stati accolti due profughi ucraini.
«Abbiamo consegnato i beni che abbiamo raccolto per loro -ha raccontato il dirigente-, tutto quello che avevamo, consci che la nostra era una goccia in un mare di necessità. Questi bambini, orfani, abbandonati e sradicati dalla guerra necessitano delle dovute attenzioni al pari degli altri». A loro, sono stati donati viveri a lunga conservazione, prodotti per l’igiene personale, medicinali e tanto amore. Un bel gesto di solidarietà e pace reso possibile dai promotori della missione, Avis Bitonto e Croce Bianca di Vicenza, e dai genitori e il personale della “Cassano-De Renzio”. La prima sosta, all’arrivo a destinazione lo scorso 3 giugno, è stata in un orfanotrofio a Medyca che ospita bambini di Mariupol. «Ci hanno accolto con grande calore, sebbene nei loro volti trasparisse una evidente vena di tristezza. Abbiamo giocato, loro mi hanno truccato il volto con due piccole strisce con i colori della bandiera Ucraina. Nelle loro mani sentivo il calore dell’affetto di cui loro hanno bisogno, lo stesso che sento negli abbracci dei bambini della mia scuola». Il momento più emozionante è stato proprio quello della diretta con le classi della “Cassano”, plesso della primaria dell’istituto diretto da Pansini. «L’entusiasmo dei due gruppi di bambini, divisi da oltre 2 mila chilometri, è stato stupefacente. La nostra Alicya li ha salutati, poi con il calore che solo i bambini sanno esprimere sono state abbattute tutte le barriere linguistiche per lasciare spazio all’affetto reciproco e al piacere di vedersi». E dopo una grande festa, i bambini gli hanno regalato disegni da portare a Bitonto. La seconda tappa è stata, invece, una residenza di riabilitazione per bambini con disabilità. «In questa struttura immersa nel verde e un po’ decadente, volontarie polacche e ucraine badano come possono a un gruppo di piccoli ospiti ammassati in camerate non proprio decorose. Mentre medici e infermiere visitavano i piccoli ospiti, noi del gruppo di Bitonto abbiamo giocato con loro. Parevano non avvezzi a visite di estranei». Quello che rammarica il dirigente Pansini è che alcuni, anzi molti, bambini potrebbero avere una vita normale se seguiti opportunamente. «Ammassati li come sono, malgrado la dedizione delle operatrici, non possono che regredire: nessun piano educativo è previsto per loro se non l’affetto di chi li cura. Quando siamo andati via un bambino sulla sedia a rotelle con cui abbiamo giocato ha preso la mano di uno di noi e l’ha baciata con il suo modo ruvido e scoordinato». Un momento davvero forte, «di questa visita -ha concluso- ricorderò sempre questa scena e l’accorata richiesta delle operatrici, che ancora mi risuona nelle orecchie, di non dimenticarci di loro, di aiutarle anche se da lontano».