Con passo veloce e deciso, si avvicina al luogo dell’incontro: la Villa, la zona della città in cui ama trascorrere le sue ore di pausa dal lavoro. Tra le dita, tiene ben salda una sigaretta. Dopo averla spenta, con una vigorosa stretta di mano si presenta: «Piacere, Francesco. Diresti mai che sono affetto da sclerosi multipla?».
Così, seduto al tavolino di un bar, mentre svuota la bustina di zucchero e gira il suo caffè, Francesco Narducci mi racconta la sua storia. Il 36enne, di origini andriesi, da ormai tre mesi vive e lavora nella nostra città, dove presta assistenza ad un anziano bitontino.
«Mi sono fatto piccolo per diventare grande in un’altra prospettiva». Francesco, infatti, coltiva ancora il sogno di vivere di musica.
Sin da ragazzino la chitarra è stata la sua passione. Ogni momento della giornata era dedicato a questo amore e proprio a questo hobby si attribuì la colpa di uno strano formicolio alle mani. Un disturbo accusato per la prima volta nel 2004, quando Francesco aveva appena 22 anni.
Quella “sabbia” tra le mani, però, non aveva nulla a che fare con la chitarra, ma era il primo campanello d’allarme della sclerosi multipla.
Dopo una visita oculistica, in cui furono notate delle infiammazioni sospette agli occhi, infatti, Francesco fu costretto a ricoverarsi all’ospedale di Andria, dove scoprì di avere una malattia demielinizzante.
«Non sapevo neanche cosa fosse. Ho capito di avere la sclerosi multipla solo quando sono andato all’ospedale di Milano e ho letto questa scritta sulla porta del primario».
Francesco, dunque, fu costretto ad iniziare la terapia farmacologica di contenimento, con interferone e cortisone, e a vedere la sua condizione peggiorare di giorno in giorno. Dal grado 2.0 della scala clinica EDSS, Francesco raggiunse persino il grado 3.0.
La chitarra ormai era un ricordo per via del formicolio sempre più insistente e anche la gamba destra faticava a muoversi, tanto da doverla trascinare.
Quando ormai era rassegnato, Francesco conobbe il metodo Zamboni, di cui tanto si parlava sui giornali e in tv (“Le Iene” dedicarono un servizio sul tema). Il chirurgo ferrarese Paolo Zamboni infatti ritiene che alla base della sclerosi multipla, e probabilmente anche di altre malattie neurodegenerative, vi sia una insufficienza venosa cronica del cervello e del midollo spinale (CCSVI). In particolare, molti pazienti presentano malformazioni o occlusioni alle vene della giugulare.
Nel 2010, dunque, Francesco decide di effettuare un esame ecodoppler, un’ecografia con cui si ottengono informazioni morfologiche sui vasi sanguigni. In quel momento scopre di avere una vena completamente chiusa e un’altra strettissima.
La speranza di eludere il suo destino si fa dunque sempre più vivida e Francesco non vuole mollare. Ogni giorno si reca a digiuno all’ospedale di Andria per pregare il primario di sottoporlo ad un intervento di angioplastica per dilatare le vene nei punti critici. Intervento non ancora praticato, per cui non esisteva neanche una lista d’attesa.
Dopo tante insistenze, il medico cede e il 16 dicembre 2010 Francesco diventa il “Paziente Zero” (da cui il nome del suo libro, un diario della sua malattia) di questa operazione completamente gratuita.
«Mi spiegarono tutti i rischi a cui sarei potuto andare incontro, ma non mi interessava. Non avevo paura di morire, ma di vivere in quelle condizioni. Pensavo ai passaggi successivi e a quanto la sclerosi multipla sarebbe diventata per me disabilitante. Firmai dunque il consenso informato, accettando il rischio di morire, a condizione che i miei dati comunque circolassero. Volevo che tutti sapessero che anch’io avevo la sclerosi multipla e la CCSVI».
L’intervento però è stato più facile del previsto. Dopo una mattinata in ospedale, Francesco era già potuto rientrare a casa.
«Gli effetti però non sono stati immediati – ci rivela il nostro amico andriese -. Passò un po’ di tempo prima che i disturbi sino ad allora accusati scomparissero. Qualche giorno dopo, un mio amico mi invitò a riprovare a suonare la chitarra, ormai abbandonata da anni. Riuscii a suonare perfettamente un pezzo dei Pink Floyd. Fummo entrambi sorpresi da questo risultato e decisi di rifarlo e documentare il tutto con un video, diventato poi virale in rete».
«Allora decisi di interrompere le cure farmacologiche, senza però avvisare il mio neurologo – confessa Francesco-. Lui non ha mai creduto al metodo Zamboni e, pur notando miglioramenti nella mia condizione, non ha mai voluto riconoscere che fosse merito dell’angioplastica».
«Molti reputano Zamboni un ciarlatano e affermano che non ci siano prove scientifiche che diano valore alla sua tesi, eppure io ne sono l’esempio vivente. Da 8 anni non ho più nessun sintomo, e i segnali genericamente si presentano ogni 2 anni».
Lui non è l’unico caso in Italia. «Tante persone affette da sclerosi multipla si sono sottoposte allo stesso intervento, notando grandi miglioramenti. Non può essere una coincidenza» conferma il 36enne.
Ora Francesco è consigliere nazionale dell’Associazione CCSVI nella sclerosi multipla – Onlus che intende incoraggiare, coordinare e sostenere la ricerca rivolta alla prevenzione, diagnosi e cura della Sclerosi Multipla, con particolare riferimento alle sue connessioni con l’insufficienza venosa cronica cerebro-spinale.
Oltre a divulgare notizie e ad assistere malati non più al primo stadio, l’andriese si batte affinché «ci si possa sottoporre all’intervento di angioplastica in maniera gratuita. Oggi purtroppo quest’operazione può essere affrontata solo privatamente al costo di 5 mila euro».
«La sclerosi multipla ha la sua massima incidenza tra i 15 e 20 anni. A quell’età una diagnosi del genere sconvolge la vita. Io voglio che soprattutto i più giovani possano conoscere e avere accesso a questa possibilità e che, attraverso la mia storia, possano capire che hanno speranza di poter tornare a star bene».
La lunga intervista giunge ormai al termine, ma c’è ancora tempo per le due domande finali.
«Non hai paura che tu possa tornare ad avvertire i sintomi della sclerosi multipla?» chiedo. La risposta è secca: «Certo. E sarò pronto a rieffettuare l’esame ecodoppler e risottopormi all’intervento di angioplastica, se necessario».
«Ultima domanda. Francesco, ma tu, nonostante non ti sia più sottoposto a controlli, puoi definirti “guarito”?».
«Ti rigiro la domanda. Come mi definiresti tu dopo quest’incontro?» risponde sorridendo Francesco, mentre con passi decisi torna a lavoro e la sua mano torna ad impugnare il pacchetto di sigarette, ad estrarne una e fumare la sua ennesima Chesterfield rossa.