Le associazioni “Genitori insieme per crescere” e “Più Valore”, lo scorso lunedì, hanno permesso a studenti e genitori di raccogliersi all’interno dell’aula magna del 1° Circolo Didattico “N. Fornelli” per parlare di “Fragilità e(‘) bellezza”. Interessante è stato l’intervento della prof.ssa Antonia Chiara Scardicchio, ricercatrice dell’Università di Foggia e autore del libro “Madri…voglio vederti danzare”.
«Questa sera siamo qui con l’Associazione “Genitori si cresce” –ha fatto gli onori di casa il dirigente Carmelo D’Aucelli- che è sorta per collaborare con l’istituzione scolastica in quanto ad educazione. Il fine è quello di garantirla a tempo pieno. Insieme alla scuola si può concorrere ad una crescita culturale e allo stesso tempo economica per il territorio e l’individuo».
Il tema della disabilità, intesa come fragilità e ricchezza, ha fatto sì che nascesse una sinergia tra le associazioni “Genitori si cresce” e “Più Valore”.
«Abbiamo accolto quest’opportunità di rinnovare l’esperienza di condivisione della nostra azione con la scuola –ha detto Angelo Caldarola, presidente dell’Associazione “Più Valore” -, oltre che con la famiglia. Il nostro obiettivo è quello di far comprendere che il superamento delle difficoltà, soprattutto dovute a una situazione di disabilità, passa attraverso le sinergie».
Un bellissimo appuntamento che «ha voluto porre l’attenzione sulla disabilità letta e vista nei suoi diversi significati e sguardi – come ha specificato Mario Antonacci, presidente di “Genitori insieme per crescere” -: fragilità e al tempo stesso ricchezza, limite e potenziale del nostro essere figli, genitori, educatori e insegnanti. Quante fragilità connotano le nostre vite personali, quante fragilità vivono i nostri ragazzi, quante fragilità sono presenti nelle nostre famiglie».
All’insegna di tale prospettiva è intervenuta la prof.ssa Antonia Chiara Scardicchio, madre di una bambina autistica e donna fortissima che ha compreso come danzare con i propri limiti e fragilità sia rinascere.
«Non parlerò dell’autismo, ma di quello che ho imparato da esso. Non metterò al centro la mia storia, ma “Il giorno di dolore che ognuno ha” come direbbe il poeta Ligabue. E’ il giorno in cui siamo chiamati a decidere quello che dobbiamo fare della nostra vita. I dolori sono, spesso, figli di una non scelta. Il caos è al centro della nostra storia e l’unica possibilità che abbiamo è scegliere che fare davanti ad esso».
La Scardicchio si è descritta come una donna che ha dovuto cambiare il modo di guardare la realtà. E’ cresciuta come una donna in costante ricerca di risposte e per cui mai niente sarebbe stato abbastanza per darle felicità. Ha cercato le sue risposte e manifestato il delirio di onnipotenza nei libri.
Tuttavia, la sua ricerca e il suo sapere non l’hanno resa abbastanza preparata per affrontare un grande cambiamento nella sua vita. Lei è mamma di una bambina che non ha parole, al contrario suo, e che le ha trasmesso il senso dell’essenzialità tramite il silenzio.
«Con Serena ho capito di dover mutare il mio sguardo e di dover utilizzare la mia esperienza di figlia. La vera genitorialità è quella simbolica ed appartiene a chi è felice che il proprio figlio esista e glielo dimostri. L’unico mio destino sembrava l’infelicità, ma ho riformulato l’obiettivo. Mia figlia merita di essere amata e amare».
L’essere umano può cambiare in base al modo in cui viene guardato. Lo dimostrano tutti gli studi neuro scientifici, che si soffermano, ad esempio, sulla resilienza. Essa consiste nell’assorbire energia dall’urto che si riceve.
«Nessuno può proteggere un altro e fare in modo che non gli accada nulla di brutto. Il senso dell’educazione sta nel fare in modo che il proprio figlio o studente si rialzi e sconfigga le proprie fragilità. Un giorno, ho chiesto ai miei studenti di immaginarsi come alberi. Tra questi ci sono stati due ragazzi il cui albero è stato colpito da un fulmine. Però, uno di loro ha disegnato un albero in fiamme, l’altro l’innesto come simbolo di una nuova possibilità».
Perciò, in virtù della sua testimonianza «Non smettiamo mai –ha concluso Mario Antonacci- di insegnare a danzare la VITA».