Alle sei del pomeriggio di sabato, anche il cielo ha smesso di piangere.
Per gli angeli e le nuvole l’attesa era finita.
Appollaiati su spalti grigiazzurri, stavano tutti attenti, rapiti da quel che accadeva in un rettangolo verde della periferia di una città del meridione d’Italia.
Stavano per intitolare un campo sportivo a Mario Licinio, “uomo di sport e bandiera dell’Us Bitonto”, come recita la targa (opera del marmista Michele Mancazzo) che è stata scoperta sul muro soprastante l’ingresso degli spogliatoi.
Storia e memoria si conciliavano a pro di una comunità, che si riscopre tale in nome di valori etici fondanti, quali rettitudine, onestà e lealtà.
La famiglia, gli amici, le autorità, i calciatori del passato e del presente: tutti convocati qui da un ragazzino che andava a “u camb” e dietro la recinzione metallica, che circondava quel fazzoletto di terra brulla misto sabbia e sansa, s’inventava indiavolate telecronache manco fosse Niccolò Carosio: Nicola Lavacca.
Questo cronista dal baffo schietto, oggi, è Fiduciario CONI ed ha fortemente voluto questa cerimonia.
Prima che la figlia Annalisa tirasse giù il drappo neroverde e scoprisse la targa che dicevamo, don Vincenzo Cozzella, parroco del SS. Crocifisso, ha benedetto quel “luogo che deve tenere sempre vivo il ricordo dei cari predecessori e aiuti a coltivare la serena fiducia del bisogno di elevarsi verso il cielo. Che sia un tabernacolo di valori e verità, specie in un momento storico di depressione fisica, culturale e spirituale dell’uomo“.
“Licinio era un centrocampista dai piedi buoni, dotato di tecnica brasiliana, acume tattico, generosità e altruismo. Incarnò l’essenza del calciatore corretto, capace ed eclettico. Il comunale era un’autentica “fossa dei leoncelli” e il tifo ruspante si sublimava nella sua domenica del villaggio“, ha narrato commosso Nicola, anche segretario della società bitontina ai tempi dell’estroso Tonino Toma in neroverde e Licinio, appunto, in panca..
La vicesindaco Rosa Calò ha ricordato la fama che accompagnava le gesta di Mario ed ha sottolineato “quanto sia simbolico dedicare una struttura comunale ad una persona onesta e leale come Licinio, esempio per tutti i ragazzini che vorranno diventare buoni cittadini“.
Poi, ad un certo punto, dalle foto in bianco e nero sui pannelli, che adornavano il perimetro dello stadiolo, son venuti fuori sorrisi e rughe, teste ancora chiomate e qualcuna un poco calva, gambe arcuate e qualche panza non proprio da atleta: Carlucci, celebre per “la scarioul”, Sgherza, Papa, Laforgia, il medico Del Monte, De Bellis, Vaccaro I e II, Sciacovelli, Clementini, Meola, Varvara, Aruanno, Labianca, il prof Sblendorio, Rubini, Riccardi, Di Mundo, Perrini (il signore, in tutti i sensi, che in rappresentanza dei compagni, ha donato alla moglie dell’amico scomparso un bouquet), il dottor Buquicchio, Di Gioia, Vitale, Coviello, Papapicco, Garofalo, l’ing. Suriano, assente, ma presente nel cuore di tutti De Michele.Dalle istantanee a colori un pizzico sbiaditi, sono sbucati Marinelli, Rossiello, Marrone, Lovero e tanti altri…
I messaggi accorati di tre ex leoni approdati in serie B, Cesare Vitale, che di Licinio apprezzava “il sense of humor”, Franco Chimenti, che, invece, ne ammirava “la grande dignità morale“, e Luciano Aprile, che, insieme a Michele Lorusso, Pinto e Mangialardi, ha voluto rimarcarne “lo stile inconfondibile“.
Il sindaco Michele Abbaticchio ha fatto recapitare questo testo sentito: “Quando abbiamo ristrutturato quel campetto non avrei mai immaginato che oggi avrei vissuto una gioia ancor superiore. Intitolare a Mario e, quindi, a tutta la sua famiglia quello spazio un tempo degradato ed oggi gioiosamente vissuto da centinaia di bambini che praticano il calcio compensa anche noi di tanto. Mario ha fatto un altro dribbling oggi, ed io ci credo. Credo che lui ci guardi sorridendo con il suo fare astuto da sportivo consumato,da uomo che ha insegnato tanto. A Giuseppe ed Annalisa , con i quali ho convissuto tanti anni di giovinezza spensierata e senza responsabilità, va il mio pensiero insieme alla loro madre coraggio. Vi vogliamo bene“.
Al geniale figlio Giuseppe, la presidente attuale del Bitonto, la sempre molto sensibile Tina Aluisio, con delegazione di suoi pedatori guidata da capitan Modesto, ha donato una maglia griffata col cognome del padre e a tutte le vecchie glorie una sciarpa con i colori che scorrono nel sangue.
“Con questa intitolazione, sono ancora più certa che la memoria di papà non si spegnerà mai“, ha sussurrato la figlia.
Ed era proprio il sogno del giornalista – Nicola Lavacca, appunto – che, da ragazzino, dietro la recinzione metallica, che circondava quel fazzoletto di terra brulla misto sabbia e sansa, s’inventava indiavolate telecronache manco fosse Niccolò Carosio.
Per cantare le gesta di Mariolino Licinio e valente compagnia calciante…