Lo scrissi subito, il giorno dopo, perché mi sembrava doveroso.
Quel maledetto 13 luglio di un anno fa aveva messo fine crudele all’esistenza di Gianpio De Meo, poco più che quarantenne architetto bitontino.
In città non v’era uno che non lo apprezzasse.
Colto, arguto e ironico, aveva un modo romantico di concepire la sua professione: geometria sì, ma anche amore per la Natura.
Superfluo aggiungere che una personalità così fascinosamente forte non poteva non lasciare un vuoto abissale nei cuori di chi lo aveva caro.
L’associazione Docenti Bitontini, nei mesi scorsi, gli ha dedicato “Oltre”, uno spettacolo teatrale sui generis per meditare sul rapporto nostro col mondo postumo, prendendo spunto proprio dalle idee di De Meo.
E amici e parenti, ad un anno dalla tragica scomparsa, lo hanno voluto ricordare, al di là della classica cerimonia commemorativa, con un opuscolo grazioso ed emozionante.
Dentro, colori, parole e sogni dell’artista Gianpio e di chi lo amava.
Pagine di memorie, che, se appena il vento le sfiora, possono diventare piccole ali pronte per volare nel cielo e raggiungere il sorriso dell’architetto lassù.
Ma non è questo il punto.
Dicevo che lo scrissi subito, il giorno dopo, perché mi sembrava doveroso.
Cosa? E’ presto detto. Che la città di Bitonto e l’Ordine degli Architetti ricordassero degnamente un figlio ed un iscritto di doti sì rare e lucenti.
Un angolo di parco, una pista ciclabile, un luogo simbolico della comunità.
Sarebbe bello, oltre che giusto, portassero il suo nome.
Restiamo in attesa…