Secondo il sindaco di Modugno Nicola Magrone ci sono le condizioni per puntare alla reindustrializzazione del sito ex-Om Carrelli tramite un’azienda, l’unica rimasta al tavolo regionale, la Selectika srl, presente al tavolo tenutosi giovedì in Regione. Un appuntamento, quello di giovedì, tanto atteso dai 160 lavoratori, desiderosi di risposte sul loro futuro. Su di loro, infatti, incombe la spada di Damocle della procedura di licenziamento collettivo, la cui data di inizio, dopo essere stata inizialmente stabilita per fine luglio, è slittata a settembre, grazie proprio alla presenza di un’azienda interessata.
Proprio per ottenere risposte, nei giorni scorsi, dopo aver scritto al ministro Di Maio, hanno avviato un presidio e uno sciopero della fame in piazza Prefettura a Bari: «Vogliamo sapere cosa ne sarà di noi. Stiamo senza reddito da mesi. Tra di noi ci sono persone che hanno perso l’abitazione, hanno visto la famiglia sgretolarsi. Vogliamo avere risposte e vogliamo tornare a lavorare, sperando che ad essere riassunti siano quanti più operai».
La Selectika sarebbe, infatti, interessata ad assumere una parte degli operai, un centinaio, su un totale di oltre 160, per avviare un progetto di riciclo di plastica e vetro per la produzione di imballaggi ad uso alimentare. Sembra sparito dall’agenda, quindi, il progetto dell’auto elettrica L7 che la Tua Industries voleva (neanche tanto in realtà) portare avanti lì in via delle Ortensie 33. Ma ai lavoratori questo non interessa. Premono solo per ritornare a lavorare.
E vogliono, inoltre, che l’investitore versi la somma necessaria per far ripartire la cassa integrazione, in modo da poter, finalmente, tornare ad avere un reddito.
Magrone ha spiegato agli operai la volontà di dare il proprio contributo con la cessione gratuita dello stabilimento al nuovo investitore, una volta che il sito sarà formalmente restituito al Comune di Modugno.
«Spero che la loro situazione si risolva quanto prima nel migliore dei modi. Sono stato con loro nella Om Carrelli, ma ho preferito andarmene senza aspettare promesse di reindustrializzazioni. Sto male al pensiero di quel che stanno passando» spiega ai nostri taccuini un ex operaio.