Come abbiamo già accennato, spesso le responsabilità dell’inquinamento del nostro agro non sono solo dei singoli cittadini.
Colpe ben più gravi sono spesso da attribuire alle attività economiche che non rispettano le norme per lo smaltimento dei rifiuti.
E non stiamo parlando solo della piccola macelleria, della pescheria, del fruttivendolo che non conferisce correttamente i propri rifiuti.
Parliamo anche di situazioni ben peggiori, di attività economiche che operano al di fuori della legalità e che provocano gravi danni ambientali.
«C’è bisogno di una riflessione sul modus vivendi di ogni singolo cittadino. Ma dobbiamo interrogarci anche sul modus operandi delle attività economiche, in primis aziende edili e gommisti. Senza fare di tutta l’erba un fascio, è impossibile, date le enormi quantità, pensare a scarichi occasionali dei singoli. I cumuli e le modalità di taglio dei pneumatici fanno pensare più a trasporti mirati» sottolinea Franco Mundo, consigliere e membro dell’associazione Colibrì.
Cominciamo dall’abbandono degli pneumatici. È, infatti, facile pensare che siano alcuni gommisti o autodemilitori dietro l’enorme mole scaricata.
Specialmente nei casi in cui abbiano acquistato in nero una partita e, quindi, nel momento della sostituzione dello pneumatico al cliente, non potendo annotare sui registri di carico e scarico, trova soluzioni alternative per disfarsi della gomma cambiata.
Anche perchè, nel prezzo dello pneumatico è compreso anche il costo dello smaltimento. E abbandonando in campagna si risparmia su quest’ultima spesa, aumentando i profitti.
Il tutto è spiegato nella relazione del 2014 della terza commissione, che tratta anche lo smaltimento dei residui di ristrutturazioni edilizie: «Da queste operazioni possono derivare due tipi di rifiuti: i rifiuti speciali non pericolosi (inerti, ferro, tubi in PVC, per citarne alcuni) in massima parte riciclabili e conferibili presso idonei impianti come quello sito a via Molfetta, subito dopo la poligonale; i rifiuti speciali pericolosi (guaina bituminosa, cemento-amianto, catrame, ecc.) da smaltire in impianti autorizzati e diversamente localizzati».
Ma ciò ha un costo che è compreso nella somma che il cliente finale paga. Costo che aumenta in presenza di rifiuti speciali pericolosi che necessitano uno smaltimento particolare, come quelli contenenti amianto, pericolosissimi se sottoposti a fratture (eventualità peraltro non rara durante le operazioni di scarico).
Succede, dunque, che si incassano i soldi e poi si scaricano i rifiuti in campagna. La somma che sarebbe dovuta essere destinata allo smaltimento diventa guadagno puro.
«Il danno estetico è minimo rispetto a quello ambientale, dal momento che frequentemente le discariche vengono incendiate, soprattutto quelle contenenti pneumatici, producendo diossina, che viene metabolizzata dai vegetali finendo nel cibo che noi assumiamo. Operazione, tra l’altro assurda, dal momento che sono materiali che hanno valore economico. In Germania sono utilizzati come combustibile nelle cementerie» sottolinea Mundo.
Per non parlare dei rifiuti contenenti amianto, che possono consistere in piccole strutture prefabbricate in cemento-amianto (Eternit), come onduline, canne fumarie, tubazioni, serbatoi idrici, vasi di espansione, che possono essere o semplicemente deposto ai lati delle strade, subendo fratture e lesioni nelle operazioni di scarico e scarico, o, peggio, preventivamente frantumato in pezzi e poi abbandonato assieme ad altri inerti edilizi, in modo da essere mascherato.
La relazione parla anche della presenza di scocche in plastica di elettrodomestici come frigoriferi, televisori, computer: «Esse sono sistematicamente prive di componenti elettrici, si è portati a pensare ad una vera e propria attività di smaltimento dei vecchi elettrodomestici effettuata da ignoti, che sottratti i componenti riutilizzabili o riciclabili, si disfano successivamente delle scocche in modo improprio».
Mundo, infine, sottolinea, ancora una volta, come i responsabili di queste condotte illecite mettano le mani nelle tasche di tutta la cittadinanza, scaricando su di essa quei costi di smaltimento che spetterebbero a loro: «I volontari non si divertono a raccogliere copertoni. Se dovessimo commissionare il servizio ad un’azienda costerebbe tanto».