Il soldato Giovanni Guario è tornato a Bitonto dopo oltre cento anni dalla sua morte in quella “inutile strage” che fu la Grande Guerra. Un secolo in una tomba dimenticata, lontana dai suoi affetti, la numero 1508 del cimitero militare italiano di Ghencea a Bucarest, in Romania, all’epoca parte dell’Impero Austroungarico. Sepolto mentre sua moglie e i suoi figli continuavano a cercarlo, invano. Non avrebbero mai conosciuto la sua sorte.
Solo sabato mattina i suoi familiari hanno potuto riabbracciare i suoi resti, sepolti ora nel mausoleo cittadino dedicato ai caduti in guerra. La cerimonia, alla presenza delle più alte cariche civili e militari, ha visto la partecipazione delle scolaresche ed è stata celebrata da don Nicola Cutrone.
«Per mio nonno questi sono stati cento anni di solitudine, per citare Gabriel Garcìa Marquez. Cent’anni in cui i familiari non hanno mai avuto notizie: moglie e figli non hanno mai saputo se fosse vivo o morto. Cent’anni in cui ci è mancato nostro nonno. Era uno dei tanti dispersi, eroi della Grande Guerra dimenticati» ha dichiarato all’Agi l’omonimo nipote Giovanni Guario. Proprio lui è stato a chiedere e ottenere dal comune di Bitonto la possibilità di trasferire i resti del nonno all’interno del Monumento ossario del cimitero di Bitonto.
Guario era nato il 25 marzo 1887 a Santo Spirito. Oggi rientra nel comune di Bari, ma a quell’epoca era una frazione di Bitonto, così come Palombaio e Mariotto. I suoi genitori erano Michele Guario e Teresa Acobia.
Prima di essere chiamato a combattere, aveva fatto in tempo a sposare Lorita Sulle. Fu arruolato nel gennaio del 1915 come soldato nel 5° Reggimento Genio. Come riporta l’Agenzia Giornalistica Italiana, fu dichiarato, in primo tempo, disperso in guerra, come da documento di archivio, datato 10 giugno 1920. Successivamente, come riportato nell’Albo d’oro dei Caduti della Grande guerra, risultò essere morto il 25 novembre 1918, in Romania, che era territorio dell’Austria-Ungheria, per malattia contratta durante la prigionia.
Di lui parla anche Nicola Piglionica nel libro “Le trincee della libertà“: «In breve, disperso in combattimento, catturato, fu portato in prigionia in Romania, dove morì a 31 anni per una malattia contratta in guerra nell’ospedale pubblico di Sighisoara. Fu sepolto nel Cimitero Rom cattolico di Sighisoara, tomba 9301, come da atto di morte numero 14 del Comune di Bitonto”, notificato il 16 luglio 1925. Fu poi sepolto nel cimitero militare italiano di Ghencea a Bucarest, in Romania».
«Con il suo rimpatrio – ha aggiunto il nipote – lo ricompensiamo di questi cento anni di solitudine. Per la comunità di Bitonto questo evento significa anche ricordare i caduti di tutte le guerre, eroi spesso dimenticati. Spero che questo gesto possa essere un monito contro tutte le guerre».
Dello stesso parere il sacerdote don Nicola Cutrone che ha invitato ognuno di noi ad essere operatore di pace, perché «non ci può essere guerra che porti pace e giustizia e la pace non può essere solo un ideale vago, ma é operatività. Ognuno di noi può fare qualcosa nel suo piccolo».
«Con questo gesto voi familiari avete sottolineato l’importanza del ricordo, della memoria – conclude il sindaco Francesco Paolo Ricci – e avete dato un prezioso insegnamento ai ragazzi: quello di apprezzare la vita, quando si è in grado di viverla, non solo nel momento di dolore. Dico queste parole in un momento triste per la città che piange il piccolo Nico, che ha lottato fino all’ultimo».