Solo chi ha camminato sul ciglio di un baratro e ne ha visto l’abisso salvandosi, anela ognora donare la luce al prossimo, perché sa che le tenebre possono ghermire chiunque all’improvviso. È questo il senso profondo dell’appendice significativa al quadrangolare “Donare è vita” che si è tenuta nei giorni scorsi nel Torrione angioino.
L’associazione omonima che ha dato vita all’evento ha donato un preziosissimo defibrillatore alla scuola calcio Olimpia Genoa Torrione.
Visibilmente emozionati, Ivana Natilla, Michele De Santis e Pasquale Verriello – e con loro idealmente pure Valerio Berardi – hanno ringraziato tutti gli sponsor, l’amico Nino Colasanto, le associazioni Fratres, gli Amici del cuore, la SASS, Vivi la vi e la Croce rossa, che hanno dato una robusta mano all’ottima riuscita della manifestazione.
Il fiduciario Coni, Nicola Lavacca, ha sottolineato il valore della iniziativa meritoria, ed ha ricordato che “dal primo luglio è fatto obbligo a tutte le società sportive di dotarsi di defibrillatore, misura preventiva fondamentale, per il cui uso adeguato vengono indetti ogni anno corsi ad hoc da parte dell’istituto di medicina sportiva”.
Andrea Ricci, presidente di Adc, insieme ai suoi collaboratori – compreso l’arbitro di serie B, Vito Mastrodonato -, ha offerto una dimostrazione, succinta e pur dettagliata, del corretto utilizzo che si deve fare del “medico senza braccia”.
Nel silenzio rapito dei minicalciatori, ha rimarcato la necessità di cambiare mentalità e instillare nei più giovani la cultura del primo soccorso, che nel resto d’Europa è addirittura disciplina scolastica.
Con sentimenti di gratitudine, il presidente dello storico sodalizio, Prof. Antonio Monopoli, ha assicurato che il suo staff avrà sempre a portata di mano “l’elettrodomestico sui generis” ricevuto dalle mani della professoressa Mastronicola.
Infine, Domenico Nacci, assessore e non ancora assessore della nuova amministrazione, ha promesso che si impegnerà a far disputare il torneo fra le mura amiche, dopo il trasloco forzato a San Pio per via del campo colpevolmente desertificato del “Città degli Ulivi”.