DI GIACOMO PANTALEO
Un male che non perdona, con brutale rapidità ha tolto, anni fa, alla sua e alla “nostra famiglia” Enzo Lisi.
Per ricordarlo a noi tutti forse basterebbe ricordare le indiscusse qualità umane e morali dell’uomo.
Per chi, come l’obbligato estensore di queste brevi note, appartiene ad una determinata generazione il ricordo di Enzo rappresenta una sintesi, bella e significativa, di una scelta di vita che non ti abbandona più, un tempo l’avremmo definita una “scorta d’onore” nella quale si condensa ciò che in noi vi è di più prezioso e intangibile.
Ma per gli altri, soprattutto per i più giovani che si impegnano oggi nella “lotta politica” senza essere tenuti alla memoria storica della nostra comunità, per i tantissimi che lo hanno stimato e gli hanno voluto bene dobbiamo trovare la forza del ricordo; il ricordo che ci commuove e ci sprona.
Enzo apparteneva a quella generazione che, non solo per ragioni anagrafiche, ebbe il merito, nonostante le evidenti difficoltà, di consolidare un presidio identitario autenticamente ispirato ad una idea di militanza politica fatta di valori e ideali e del tutto disinteressata agli aspetti materiali, legati all’esercizio del potere, che, pure, ad essa sono riconducibili. La fede nelle sue idee era incrollabile, senza dubbi o esitazioni di sorta, scolpita nella roccia di un carattere che aveva nella coerenza e nella disponibilità al dialogo e al confronto le sue più belle connotazioni.
Chi ha avuto il privilegio di frequentare Enzo, custodisce nella propria memoria i coefficienti di una agenda politica lucida e temeraria insieme, i tratti salienti del suo carattere fatto di una irrinunciabile inclinazione alla dignità politica e umana, costi quel che costi. L’impegno nelle istituzioni e nella organizzazione politica di cui, per anni fu uomo di punta, lo videro come era logico e naturale in un uomo della sua tempra tra gli indiscussi protagonisti, un costante punto di riferimento, un intrepido sostenitore del nostro messaggio politico.
Leale, disponibile e, quando necessario, intransigente come pochi, un carisma politico fuori dal comune che gli guadagnò non solo la stima e l’affetto degli amici ma, soprattutto, il rispetto degli avversari. Mi fermo qui, non aggiungo altro, desidero essere intenzionalmente lacunoso e tenere per me, gelosamente, tanti altri ricordi di quest’uomo che ho incontrato quando non ero ancora maggiorenne e che, come pochissimi, ha saputo influenzare una intera generazione.
Chiedo scusa ai figli Resy, Angelo e Saverio se ho colpevolmente dimenticato, trascurato o semplicemente nascosto tanto altro che, forse, avrebbe meritato di essere scritto. Ma l’angoscia del ricordo, delle immagini che dalla memoria affiorano costantemente, affollano i miei pensieri e non mi consentono di indugiare nello scrivere.
Ciao Enzo.