Nel corso di una mirata operazione di polizia, nel gennaio del 2017, all’esito di una perquisizione domiciliare, in danno di un trentenne agricoltore agricoltore bitontino fu sequestrata sia della sostanza stupefacente sia una pistola lanciarazzi marca “Mondial”, il tutto debitamente occultato.
Con riferimento alla presunta qualità di arma, perfettamente funzionante, ed alla conseguente detenzione, si è incentrata una diatriba giuridica tra l’accusa e la difesa dell’imputato assistito dall’avvocato Massimo Roberto Chiusolo.
Nel mentre la procura sosteneva che la pistola in questione fosse annoverabile tra le armi comuni da sparo, la cui detenzione senza debita autorizzazione costituisce reato, la difesa del giovane bitontino, supportata da una dettagliata consulenza di parte redatta dal dott. Nicola Donno, ha sostenuto che trattavasi di condotta di nessun rilievo penale, non ritenendo che la pistola lanciarazzi potesse annoverarsi tra le armi da sparo.
Onde dirimere la querelle, il giudice di primo grado, chiese un’informativa al Banco Nazionale di prova di Gardone Val Trompia (Brescia) che rispose al Tribunale affermando come la pistola sequestrata rientrasse nel catalogo delle armi da sparo: all’esito di tale informativa l’imputato fu condannato per la detenzione dell’arma mentre fu assolto per la violazione della legge sugli stupefacenti essendo stato ritenuto l’uso personale della droga.
L’avv. Chiusolo, tuttavia, impugnò la decisione e, sempre coadiuvato dal proprio consulente balistico nonché richiamando autorevole dottrina denunciò come l’arma non avesse adeguata potenzialità offensiva, ritenendo come l’attuale inserimento della stessa nel Catalogo fosse stato determinato da un mancato aggiornamento amministrativo dello stesso da parte della Commissione Interministeriale per la revisione e il coordinamento della normativa vigente in materia di armi munizioni ed esplosivi che pur se istituita con Decreto Ministeriale del 1 marzo 1978 dopo quarantacinque anni non ha redatto un nuovo Catalogo aggiornato tanto da comunicare, nel 2018 al Tribunale di Bari, che la pistola lanciarazzi facesse parte del Catalogo delle armi nonostante la potenzialità offensiva della stessa fosse obiettivamente limitata.
I Giudici della Terza Sezione Penale della Corte di Appello di Bari, accogliendo integralmente le tesi della difesa hanno assolto, dopo sei anni, il giovane bitontino perché il fatto non sussiste, ritenendo come la detenzione della pistola lanciarazzi non sia fatto penalmente rilevante.