Cresce ancora il valore fondiario dei terreni in Puglia dell’1,5% in 1 anno, con i fenomeni inflazionistici che rilanciano la terra come bene rifugio, in uno scenario in cui la guerra in Ucraina ha accelerato il fenomeno del ritorno alla terra e maturato la convinzione comune che le campagne siano capaci di offrire e creare opportunità occupazionali e di crescita professionale. Ad affermarlo è Coldiretti Puglia, sulla base dei dati forniti dal CREA (Centro di Ricerca Politiche e Bio-Economia U.O. Bari) sull’andamento del mercato fondiario in Puglia nel 2022.
Oltre alla crescita dell’1,5% nel 2022 rispetto all’anno precedente, con un picco dell’1,9% dei terreni in pianura, si registra – aggiunge Coldiretti Puglia – una media dei valori fondiari di 18.633 euro in Puglia, su una superficie agricola utilizzata di 1.250.823 ettari, il dato più alto d’Italia.
A far scattare l’allarme nel mondo agricolo – spiega Coldiretti – è stata l’eccessiva spinta green portata avanti da Bruxelles che nell’ultimo anno ha messo in campo provvedimenti preoccupanti per la tenuta del settore (dal drastico taglio dei fitofarmaci all’equiparazione delle stalle alle ciminiere). Si tratta di quegli interventi messi in campo dalla Commissione europea che Coldiretti ha contrastato con forza perché l’eccesso di rigore ambientalista in primis non tiene conto delle caratteristiche produttive del nostro Paese dove, pensando per esempio all’allevamento, non esistono allevamenti intensivi di grandi dimensioni e senza terra e poi perché gli agricoltori italiani hanno già conseguito risultati importanti sul fronte della riduzione dei fitofarmaci.
C’è poi da aggiungere che le conseguenze del cambiamento climatico non stanno dando tregua, ma gli agricoltori – dice Coldiretti – continuano ad essere animati dalla voglia di puntare su un’attività produttiva che, con le misure del Pnrr e la svolta delle nuove tecniche genetiche, potrebbe diventare sempre più competitiva. Ed è questo che spiega il rafforzamento della maglia poderale realizzato soprattutto con il ricorso agli affitti. Il Crea ha infatti sottolineato come continui a prevalere la domanda nel mercato degli affitti trainata soprattutto dai seminativi irrigui nelle aree di pianura mentre diminuisce lievemente per i vigneti di alto pregio. I canoni d’affitto sono cresciuti nelle aree dove il mercato è stato particolarmente vivace, mentre in altri contesti il livello dei canoni è rimasto pressoché stabile. A frenare un ulteriore ricorso a nuovi terreni – insiste Coldiretti – ci sono però i dubbi legati alla PAC sia per la rimodulazione dei premi che per gli eco schemi. Per il Crea poi non gioca a favore degli acquisti l’aumento dei tassi di interesse, mentre resta la difficoltà (cronica e storica) dell’accesso al credito per le aziende agricole
L’ingente importo dell’investimento fondiario contrasta, per esempio, con la bassa redditività media delle attività agricole – denuncia Coldiretti regionale – che negli ultimi anni tra pandemia e guerra sono state costrette ad affrontare rialzi insostenibili dei costi di produzione non compensati dai prezzi dei prodotti. Mentre sono scarse le terre in aree vocate e che garantiscono alta produttività. Un altro elemento che mette in difficoltà gli agricoltori è la concorrenza degli impianti a terra per la produzione di energia che “consumano” terreni fertili. L’ultimo bando sull’agrisolare ha vincolato la realizzazione degli impianti sui tetti degli edifici rurali, ma negli ultimi anni molte terre sono state sottratte alla coltivazione.
Nella ricerca di quest’anno il Crea ha anche effettuato un sondaggio per tastare il polso dei “testimoni qualificati”. Secondo il monitoraggio l’inflazione non avrebbe inciso particolarmente sui prezzi della terra e dunque gli aumenti – afferma Coldiretti – sarebbero solo il risultato di una maggiore richiesta. Ma il trend della quotazioni non è omogeneo. I vigneti di pregio continuano a spuntare prezzi elevati, così come i seminativi irrigui, gli agrumeti e il florovivaismo. I vigneti di qualità sono gettonati in tutt’Italia. Più fiacchi invece frutteti, oliveti e pascoli per difficoltà gestionali e di mercato per le prime due tipologie, e per la marginalità dei terreni e la riduzione degli allevamenti estensivi per l’ultima. Nel breve termine si prospetta – conclude Coldiretti – un aumento dei prezzi per le incertezze economiche internazionali, ma anche per l’incremento dei costi delle materie prime e dell’energia. Ma ci sono altri fattori che frenano il mercato fondiario.