«Che fine hanno fatto i soldi in più che Inps servizi SpA ha a disposizione grazie al diminuito costo del lavoro (tra dipendenti nel frattempo andati altrove e smart working, ndr) e delle risorse aggiuntive stanziate dal Governo?».
A chiederselo è la Uilcom Puglia guidata da Vito Gemmati, che decide di “gridare” la situazione di difficoltà della stragrande maggioranza degli operatori telefonici del Contact center dell’Inps direttamente al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella e al presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. La situazione è notoria da almeno due anni: dei 2.900 lavoratori sul territorio nazionale (800-900 sono nelle due sedi di Casamassima e Lecce e tantissimi sono bitontini), la maggior parte è inquadrata a tempo indeterminato ma con part-time involontari a 20 ore settimanali, che fa rima con uno stipendio di 750 euro mensili.
Irrisorio per un servizio pubblico.
Non sufficiente per far fronte al caro vita presente e se si pensa che si tratta di una partecipata al 100 per cento di un’azienda pubblica, la quale ha da sempre al centro il welfare della collettività.
L’internalizzazione del servizio, scattata a dicembre 2022, è stata (finora) quindi dolorosa per chi sperava in un futuro lavorativo migliore, tanto più che sente il proprio datore di lavoro, Inps prima e Inps servizi poi, distante e sordo alle rivendicazioni. Senza dimenticare, inoltre, che nel passaggio dei lavoratori a Inps servizi dai committenti privati si è determinato un abbattimento occupazionale che ha ridotto l’organico di almeno 110 unità, generando peraltro una notevole contrazione del costo del lavoro; nel 2022, nell’ambito del “decreto aiuti ter” su sollecitazioni delle parti sociali, il Governo ha destinato 20 milioni di euro in più per migliorare le condizioni economiche e normative dei lavoratori, che però non si sa dove siano finiti. Ecco, allora, è questo è uno dei punti da risolvere e da capire in questa (brutta) storia dai tanti punti interrogativi e tanti misteri. «Siamo fermamente convinti – si legge nella nota sindacale – che le condizioni contrattuali e reddituali di questi lavoratori son molto distanti dall’art. 36 della nostra Costituzione».
Al di là delle missive e delle iniziative sindacali (la Cisl regionale, con alcune forze politiche, ha presentato emendamenti alla legge di Bilancio 2025 che dispongono una finalizzazione di una parte dei 20 milioni di euro, ndr) e degli impegni rigorosamente presi soltanto a parole, dopo due anni sorgono dubbi sulla effettiva centralità che dovrebbe avere il Contact Center dell’Istituto nazionale di previdenza sociale e per giunta, il più grande d’Europa e il primo front office di Inps. In 24 mesi, invece, si è assistito solo a tre cambi di presidente dell’Istituto (Tridico prima, Gelera poi e Fava adesso) e pure teste saltate in Inps Servizi, per giunta da qualche settimana senza direttore generale e un (nuovo) Consiglio di amministrazione in carica dall’estate. Nel frattempo, il 17 dicembre, proprio Fava, sollecitato fin da settembre, incontrerà i sindacati per parlare delle loro (giuste rivendicazioni).