Come ripartirà la città dopo il quattro maggio? Quali sono le maggiori preoccupazioni dei commercianti bitontini?
Abbiamo provato a fare un sondaggio tra loro. Venti commercianti ci hanno risposto: 12 uomini (60%) e 8 donne (40%), tutti d’età compresa tra i 26 e i 66 anni.
Tra loro ristoratori, proprietari di b&b, titolari di negozi di abbigliamento, dettaglio casalinghi e oggettistica; professionisti come fotografi, artigiani, studi professionali e commercianti ambulanti.
Undici di questi svolgono la loro attività nella zona “nuova” della città, sette nel centro storico, uno nella zona artigianale e uno solo sul web.
L’85% di loro durante il periodo della quarantena hanno tenuto giù la serranda – due hanno fatto consegna a domicilio, uno è stato chiuso – e hanno avuto un assoluto azzeramento delle entrate economiche.
Nessuno di loro ha rilevato problemi di natura economica prima della pandemia, ma si è sottolineata l’assenza di turismo, crisi della domanda, alta tassazione e lavoro e paghe in nero. «Nella mia attività – spiega meglio un commerciante -, nonostante si combatta giornalmente per l’eccessiva pressione fiscale ed i furbetti di quartiere, non avevamo problemi di natura economica. La grande mole di lavoro, seppur non corrispondente ad un adeguato ritorno economico, ci permetteva di avere un’azienda tranquillamente in attivo».
Per la ripresa delle attività tre attività hanno valutato l’opzione di chiudere o di chiudere per investire all’estero. Sei, delle venti risposte, valutano l’opzione di chiedere un prestito bancario o a famigliari. C’è chi non avrà bisogno di prestiti e probabilmente farà “domanda per il ristoro da parte dello Stato, grazie al decreto ‘Cura Italia’”; chi spera di “riuscire a lavorare nel periodo estivo, perché dietro ogni lavoro ci sono delle spese”; chi insiste e assicura di continuare “a dare prodotti alimentari qualitativamente alti e, nello stesso tempo, valutare le eventuali metamorfosi commerciali post – covid”.
Tranne per due attività che hanno dichiarato di non avere dipendenti, le restanti diciotto risposte prevedono un taglio o un decremento (condito da tanti “spero che non sia necessario”) dei collaboratori, salvo un supporto da parte dello Stato. C’è anche chi risponde: “Prima i dipendenti, poi le tasse”.
I timori al momento della riapertura, comunque, riguardano soprattutto le regole di distanziamento sociale, soprattutto si spera “che i clienti capiscano che devono mantenere le distanze di sicurezza”. Tutti hanno provveduto all’ “acquisto di guanti e gel disinfettante” e chi afferma che “all’apertura i clienti troveranno dispenser di gel all’ingresso: la prevenzione prima di tutto”.
In ultimo non mancano nemmeno i timori di una più forte presenza della criminalità organizzata sulle attività commerciali: “Bisognerà stare molto attenti, perché potrebbe esserci un aumento della microcriminalità e delle rapine”. C’è chi spera “Interventi incisivi delle nostre forze dell’ordine”.
Proprio in tal senso, infatti, la Prefettura di Bari assieme ai vertici delle Forze dell’Ordine e alla DDA, ha già messo le basi per diversi incontri al fine di comprendere – si legge in una nota – “i rischi connessi all’interesse della criminalità a rilevare le attività commerciali in crisi, a fini di riciclaggio, a prestare denaro a famiglie per avere consenso sociale e a utilizzare le imprese colluse con la criminalità per entrare nel circuito dei finanziamenti messi a disposizione dallo Stato e dalla Regione Puglia e non ultimo per alimentare la loro attività di usura“.
Negozianti, commercianti e professionisti bitontini attendono sempre la riapertura di un posto fisico per la sede dell’antiracket cittadino. Necessario, in questo momento più che mai.