Il clan Cipriano avrebbe spostato il centro nevralgico dello spaccio da Bitonto a Palo del Colle, città del Barese distanti appena cinque chilometri, nel tentativo di bypassare i controlli delle forze dell’ordine. Viene da qui il nome dell’operazione dei carabinieri che questa mattina hanno arrestato 19 persone, su 32 indagati totali, ritenuti appartenenti ad un sodalizio dedito al traffico di sostanze stupefacenti. L’ordinanza è stata emessa dal Gip del tribunale di Bari Anna Perrelli, che ha accolto l’impostazione accusatoria dei pm della Direzione Distrettuale Antimafia Grazia Errede e Giuseppe Dentamaro. In manette sono finiti: i bitontini Cosimo Damiano Cassano (28), Michele Cozzella (50), Giuseppe Digiacomantonio (34), il tunisino Hosni Abidi (39 anni), Antonio Bitetto (37), Giuseppe Carlucci (34), Luigi Cuzzi (25), Giuseppe Dabbicco (32), Gaetano Focarazzo (38), Leonardo Lanzisera (42), gli omonimi Vito Giuseppe Marcello di 28 e 30 anni, Antonio Pace (30), Alessio Panebianco (25), Nicola Pasquale (29), Luigi Ruggiero (26), Raffaele Saracino (26), Alessio Valerio (26), Savino Valerio (27), con diverse provenienze – tra Bari, Bitonto, Grumo Appula e Terlizzi – tutti residenti a Palo del Colle. L’indagine, portata avanti dal 2019 al 2020 dai carabinieri di Bitonto, ha consentito di far luce su una radicata associazione per delinquere dedita al narcotraffico, operante sotto il comando del clan Cipriano, egemone nella città di Bitonto e gestita anche da familiari e pusher, composta da numerosi adepti e strutturata su base piramidale, con ramificazioni in diverse parti del territorio della provincia tra Palo del Colle, Bitetto e Noicattaro. Nel corso dell’operazione sono stati sequestrati ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti per un totale di circa 18 kg, tra hashish (8 kg), cocaina (1,5 kg), eroina (6 kg), marijuana (2 kg), nonché circa 175 mila euro in contanti e di denunciare due persone e segnalare alla prefettura dieci assuntori. Gli indagati, nel corso delle intercettazioni, hanno sistematicamente utilizzato un linguaggio criptico, per cercare di eludere eventuali investigazioni: il “provolone” per indicare un danno nella gestione dell’attività di spaccio, “Barbara” e “Angela” erano rispettivamente eroina e cocaina, “il piccolo” e “il grande” erano le dosi da 20 o 50 euro, mentre “una mano o due mani” la quantità da 5 o 10 grammi, “la valigia” era una panetta di hashish, le “birre” indicavano la marijuana.