Ciao Michele,
Quel famosissimo venerdì 17 di pochi giorni fa mentre i più scaramantici di noi pensavano a quale tra le tante futilità gli sarebbero potute accadere, ci hai fatto capire il valore della vita e di quanto quelle che noi giovani definiamo “sfortune” siano in realtà una marea di sciocchezze.
Tutti lì riuniti … familiari, conoscenti, amici, i tuoi tanti “cugini” come tu stesso amavi definirci, ci siamo guardati negli occhi bagnati di ciascuno cercando una risposta alla stessa domanda che anche nel passare dei giorni, delle ore, dei minuti continua imperterrita a scorrere nella testa ma rimane senza risposta, ci siamo guardati riconoscendoTI nei nostri volti.
I ricordi di te volteggiano nella mente e non si danno pace, la tua risata e la tua voce rompono il silenzio e di notte fanno spalancare gli occhi e soffrire d’insonnia per il vuoto intorno.
Ognuno di noi ha intrecciato un pezzo della vita con la tua, un saluto lungo la strada con la mano alzata, una suonata di clacson dalla Ford ka bianca, le esultanti grida per le vittorie dell’Inter, i rari momenti impegnati durante le giornate di quarantena a cantare dai balconi a squarcia gola insieme a tuo fratello, i gesti di fiducia gettandoti all’indietro con le mani incrociate sul petto, le tue attenzioni per tutti, le risate, le confessioni agli amici-cugini più stretti, la voglia di evadere e di fare tutto ciò che noi ragazzi desideriamo fare nei momenti di noia o di stallo per smuovere la vita ma sempre con moderazione.
Girandoci indietro nel buio o nella luce del giorno ci sembra di vederti in tutte le cose. Questo all’inizio ci mette i brividi esattamente come la tua foto su un pezzo di marmo in un luogo deserto per tutti coloro che non credono ancora che tutto ciò sia vero, porta alla rassegnazione.
Tutte queste cose però, essendo “fantasmi propriamente umani” che hanno instillato ansia ,tensione , paura come una bomba ad orologeria iniziano successivamente a metterci tranquillità quando arriviamo a realizzare di saperti vicino a noi.
Chissà cosa c’è dopo la morte, caro Michele, chissà se siedi su una sedia trasparente accanto a ognuno di noi o ci vegli dall’altro, chissà cosa centrano quei tanti 7 con la tua tragedia, chissà se stai brillando proprio nella stella più luminosa della sera prima immaginata essere i tuoi occhi, chissà se sei quella briciola di zucchero in più gettata nel caffè.
A queste e tante altre domande purtroppo, non sappiamo dare una risposta …
Ed anche se quel verbo al passato fa battere troppo forte il cuore, per noi resterai sempre il ragazzo biondino, meticoloso nel vestirsi (quasi sempre di nero), attento in quello che fa, dispensatore di sorrisi oggi ancorati strettamente tra le labbra di tuo fratello a momenti alterni.
“La morte non è niente sono solamente passato dall’altra parte: è come se fossi nascosto nella stanza accanto. Io sono sempre io e tu sei sempre tu. Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora. Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare; Parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato, non cambiare tono di voce, non assumere un’aria solenne o triste. Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quado eravamo insieme…. “
I tuoi amici