DI ANGELA ANIELLO
Se le nuvole sono davvero piene di acqua perché non piangono insieme a me, insabbiandomi come una tellina nelle loro acque di cielo?
Carmela Lella scriveva questi versi nel 2016 e adesso rileggerli fa uno strano effetto perché da quelle acque di cielo è lambita da due settimane. Carmela era poesia, era fantasia, era stupore, era il sogno. La malattia, che pur non ha risparmiato il suo corpo debilitandolo e privandola della vista, non ha fermato il suo spirito, non ha spento la sua curiosità. Anzi, c’era un filo sottile fra lei e la vita, fra lei e l’azzurro che la induceva a scrivere, a raccontare, a donare al mondo le sue emozioni che, solo così, fuoriuscivano da quelle quattro mura in cui era rinchiusa. Il Natale per lei era festa d’attesa e speranza.
“Come sarebbe bello se questa notte magica e santa durasse per l’eternità!”, ripeteva sorridendo e regalando a chi le era vicino parole affettuose sì da illuminare il sentiero del cuore di chi l’amava. A volte poteva apparire imbronciata e burbera ma la sua tenerezza faceva riaffiorare il bisogno di essere compresa, di un po’ di speranza che la allontanasse dalle sue sofferenze. Quel mondo che tanto agognava viveva oltre la sua stanza tra bugie e promesse che erano padrone dei suoi pensieri. Era allora che Carmela sognava una vita che non le sarebbe mai appartenuta. Il tempo, il suo tempo era croce e delizia nella fede incrollabile in un Dio che scandisce i nostri passi in modo misterioso. Dove tuffarsi allora per non mollare? Nel dolce sorriso di un vecchio amico, nel buio di una notte complice, nelle lacrime simili a schegge di vetro, nei ricordi lontani, nelle parole che brillavano come stelle. Quando parlava della cara Pasqualina e del suo desiderio di riabbracciarla, i suoi occhi si riempivano di nostalgia e di lacrime perché le nuvole si addensavano sempre come un sibilo impietoso dell’oscurità eterna. Carmela era forte, coraggiosa e si preoccupava sempre per gli altri, per la sua adorata mamma, per Vito in un attaccamento caparbio alla quotidianità e a un’idea d’amore brulicante di impronte e di pensieri da fiaba, come un sogno dalle ali infrante. Nei suoi scritti spesso faceva da sfondo lo spettacolo della natura con alberi di ciliegio, di pesco, di nespolo e tante margherite gialle simili a schegge di sole. Come un quadro d’autore nello scroscio della pioggia. “Le mie lacrime si confondono con le gocce della pioggia; mi sembra di essere un pezzo, un colore che meravigliosamente la vita regala.” Carmela è stata un tripudio di colori, un incontro speciale per me durato più di quarant’anni e da lei ho imparato che non serve il tempo della fretta ma quello dell’attenzione. Ecco, se non mi fossi fermata, non avrei potuto cogliere tutte le sfumature della sua grande personalità, carpendo bellezza anche in occhi che più non vedevano ma restavano spalancati alla meraviglia di ogni racconto. Le lezioni di coraggio giungono proprio da chi combatte ogni giorno con dignità e Carmela l’ha fatto fino alla fine con una sorprendente capacità di resilienza nel dolore. Chiudo questo articolo con le sue parole che suonano come un’iniezione di fiducia per tutti. “Cammina senza paura perché la vita non sempre è crudele, nel suo mistero si nascondono gioie e serenità. Cammina lontano verso nuovi orizzonti, vola con la fantasia verso il cielo più terso dove gocce di pioggia si trasformano in polvere di stelle, che illuminano il tuo cuore verso un nuovo giorno”