«Il primo giorno
dopo il sabato, di buon mattino, si recarono alla tomba, portando con sé gli
aromi che avevano preparato. Trovarono la pietra rotolata via dal sepolcro; ma,
entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. Mentre erano ancora incerte, ecco
due uomini apparire vicino a loro in vesti sfolgoranti. […] “Perché cercate tra i morti colui che è
vivo? Non è qui, è resuscitato”»
Vangelo
di Luca, 24 1-6
La
Pasqua cristiana è in continuità con quella ebraica: “pesach” significa “passare oltre“, “tralasciare“,
e deriva dal racconto della decima piaga, nella quale
il Signore vide il sangue dell’agnello sulle porte delle case di
Israele e “passò oltre”, colpendo solo i primogeniti maschi degli
egiziani, compreso il figlio del faraone (Esodo, 12,21-34). La Pesach indica
quindi la liberazione di Israele dalla schiavitù sotto gli egiziani e
l’inizio di una nuova libertà con Dio verso la terra promessa.
Con il
cristianesimo la Pasqua ha acquisito un nuovo significato, indicando
il passaggio da morte a vita per Gesù Cristo e quello a vita nuova per i cristiani, liberati
dal peccato con il sacrificio sulla croce e chiamati a risorgere con Gesù.
«È come essere lì nel sepolcro
e passare dalla morte ad un orizzonte nuovo – ci spiega don
Gianni Giusto parroco della chiesa di s. Francesco di Paola -: nel battesimo abbiamo abbracciato il Risorto
e anche noi vinceremo la morte. Per il cristiano, infatti, Pasqua significa
vincere il buio, la chiusura ed è proprio da questi elementi che ci dovremmo
allontanare. Non è un caso che questo periodo coincide con la rinascita
primaverile quando la natura è in continua fioritura poiché il punto di arrivo
non è mai compiuto del tutto».
La
Pasqua, infatti, non finisce mai: si celebra ogni settimana con la Pasqua domenicalee ad essa, poi, fu aggiunta la Pasqua annuale, il giorno più importante
dell’anno, celebrato dai discepoli con la consapevolezza sempre più forte di
aver istituito una festa nuova con nuovi significati: un evento straordinario,
nel quale il bene trionfa sul male.
Ma al
di là delle Sacre Scritture e di quanto bello e positivo la nostra tradizione
cristiana porta con sé, siamo davvero in grado, come uomini e donne, di essere
portatori di luce e resurrezione?
Le
situazioni di emergenza che la città sta vivendo sono molte e variegate e la
crisi oscilla da quella economica ed abitativa a quella morale ed esistenziale.
«Le situazioni oscillano dalle
famiglie che vivono la crisi contingente della mancanza di lavoro che, però,
riescono ad andare avanti nel quotidiano, alle questioni più tragiche che riguardano
le emergenze abitative –
racconta il sacerdote -. La Chiesa locale
ha dato tante risposte (anche all’interno della Fondazione Santi Medici)
aiutando, con delle soluzioni tampone, le famiglie in difficoltà. Spesso la
colpa è anche degli affitti esosi, anche questo vuol dire solidarietà, anche se
capiamo bene che mantenere le spese di una casa è difficile».
Solidarietà,
sembra una parola così lontana: forse ci si è abituati ad un lieve cinismo
misto ad un po’ di cattiveria? «Ciò che
ha incattivito la gente – prova a rispondere don Gianni – potrebbe dipendere dai fatti di cronaca e
dalla mancanza di sicurezza, ma per assurdo ci vorrebbe un poliziotto ad ogni
incrocio ed è impossibile. Dovrebbe crescere la forza educativa che passa
soprattutto tra i banchi di scuola e all’interno delle famiglie attraverso una
maggiore sobrietà nei consumi, che ci porta ad avere una cultura più dedita
all’apparire che all’essere. Ed in questo mi rendo anch’io responsabile con la
comunità ecclesiale».
Quale
messaggio sente quindi di dare ai bitontini per questa Pasqua?
«Noi bitontini siamo un popolo
sicuramente con dei valori di cui la tradizione religiosa è espressione vitale
che ci portiamo dentro– conclude -, anche se sospetto che sia
rimasta più la facciata folkloristica, che i valori stessi: a volte manca la
capacità del possedimento dei valori, della pietà popolare. Dobbiamo aiutarci a
riscoprire i valori che stanno sotto, riappropriandoci della fede in uno
spirito di conversione interiore e di resurrezione che ci darà sicuramente la
forza di superare le difficoltà. Incontrare il risorto: dalla chiusura su me
stesso, allo stesso amore che ha provato il Cristo, verso Dio e verso i suoi
fratelli».
Come
amava dire don Tonino Bello «Sarebbe
bello che la gente dicesse di noi cristiani, che siamo quelli che sanno far
risuonare le campane della speranza e della gioia».