Era l’ormai lontano 10 maggio, quando, all’indomani della dolorosa retrocessione del Bitonto in Eccellenza, il giovane presidente Antonello Orlino manifestava l’intenzione di prendersi un mese sabbatico, in attesa del da farsi. I trenta giorni sono passati in un battibaleno fatto di nulla e silenzio. Il pallone bitontino, già sgonfio, rischia di rimanere in un angolo, dimenticato da tutti. Il vicepresidente Giovanni Brindicci, sempre schietto nelle sue valutazioni, descrive lo strano limbo, nel quale sono piombati dopo quel match a Casarano: «L’anno scorso è stato davvero particolare, ci è andato tutto storto: ci siamo iscritti in ritardo, i pochi imprenditori che si sono avvicinati, hanno fatto quel che hanno potuto, o, addirittura, si sono tirati indietro. Certo, se si pensa che non abbiamo raggiunto i playout per quel famoso palo di Chacon, si può dire che abbiamo quasi fatto un miracolo e, ora, se fossimo stati più fortunati, staremmo parlando di altro. Certo, la gestione doveva essere diversa, ma il “punctum dolens” resta il Città degli Ulivi. Se avessimo avuto l’impianto a disposizione, sia pure per alcune giornate, avremmo fatto qualche punto in più».
«Nonostante tutto – prosegue la disamina del vice -, abbiamo avviato tutta una serie di iniziative con scuole, associazioni e parrocchie per aprirci alla sinergia col territorio, al di là del risultato sportivo. Imprenditori non si sono avvicinati in questo mese, abbiamo qualche interlocuzione aperta, con gente che potrebbe contribuire parzialmente, ma di imprenditori facoltosi nemmeno l’ombra, tranne uno di Molfetta, che voleva portare titolo e squadra nella sua città. Per il resto, niente». L’intramontabile Mauro Lanza, infatti, ha provato a chiudere la trattiva in contanti cash – si parla di 30mila euro -, ma è sfumata prima d’essere avviata. Ecco, i lavori allo stadio restano il vero scoglio da superare, con tutti i misteri annessi: date di chiusura ballerine, una variante da annettere al progetto per intercessione ministeriale, i mesi estivi non proprio industriosi da parte dell’impresa. Lo stato d’animo dell’avvocato oscilla tra tristezza e speranza: «I lavori allo stadio procedono più o meno speditamente, abbiamo pure effettuato un sopralluogo, e a luglio, a detta dell’assessore ai Lavori Pubblici Giuseppe Santoruvo, potrebbero esserci consegnati alcuni lotti del cantiere, consentendoci di pianificare la stagione. Che, hanno garantito, disputeremo “in toto” nella struttura di via Megra. Noi senza lo stadio non andiamo avanti. Considerate le spese ingenti che comporta giocare sempre fuori casa, preferiamo lasciare, così ognuno dovrà prendersi le sue responsabilità». Ma questo vuoto da cosa dipende? «È una questione culturale – scuote il capo Brindicci -, la delusione della retrocessione ha amareggiato molti e, così, l’attenzione nei confronti dei colori neroverdi è andata progressivamente scemando. Noi, dal canto nostro, vogliamo ridare lustro alla società e al calcio in città, ma non vogliamo rischiare di bissare la scorsa annata. Dobbiamo rivedere interamente l’organigramma, abbiamo intenzione di fare bene, ma non è semplice. Senza sostanze, non si può fare nulla». «Vorremmo anche la gestione dell’ex “Comunale”, per creare un’area hospitality e fare numerose iniziative per le famiglie, però se non veniamo messi nelle condizioni migliori, non ha senso proseguire», è la conclusione dell’uomo di legge, che non illumina affatto il futuro immediato del cuoio cittadino.