La manifestazione lodevole di ieri, con tanto di frasi luminose antimafia per i vicoli del centro storico, rischia di essere vanificata dal costume orrendo che caratterizza la quotidianità di certi nostri concittadini.
Per chi prova insofferenza e quasi fastidio dinanzi al ricordo della cara e povera Annina, è bene non dimenticare che la sarta è stata uccisa durante uno scontro a fuoco fra bande criminali opposte, che quel conflitto era già il terzo alle otto appena del mattino, che i clan rivali stavano praticamente mettendo in atto una faida istantanea per contendersi l’egemonia sullo spaccio delle sostanze stupefacenti, che, ormai, muove cifre gigantesche e rende tristemente famosa la nostra città in tutta la puglia, e che molti di questi ragazzi follemente armati per entrare in un gruppo vengono sottoposti persino ad un patto di sangue (in Sicilia la chiamano la “pungitina”) e che sicuramente c’è un vertice che decide le operazioni e che ci sono locali nel borgo antico che fungono da centrali operative con telecamere in ogni angolo per spiare i movimenti delle forze dell’ordine.
Allora, cari lettori, se mettete insieme tutti questi elementi vi accorgerete che ci troviamo dinanzi ad autentiche organizzazioni criminali. Mafiose, sì, proprio così, piaccia o, com’è più probabile, non piaccia.
Per questo, è e sarà sempre un dovere civile e morale ricordare Anna Rosa Tarantino, vittima innocente di mafia.
Tanto, pure ieri, i ribaldi rappresentanti della nostra malavita hanno dislocato i loro spacciatori per evitare che la marcia della legalità ne intaccasse l’attività, hanno incendiato un’auto in via Raffaello e hanno abbandonato montagne di rifiuti fuori dai cassonetti, oltre ad aver distrutto a sassate la scritta di Peppino Impastato ed averne spente tre. Questa è la realtà in cui viviamo.
E non so quanto possano bastare i cortei per riportare lo Stato a reimpossessarsi di spazi abbandonati per troppo tempo anche per colpa della connivenza del nostro stesso perbenismo ipocrita.