«L’istituto
Maria Cristina di Savoia interessa ancora a qualcuno o no?».
Le
parole di Giuseppe Elia somigliano a tanti fendenti. Il presidente
dell’Azienda servizi alla persona (ha dato le dimissioni a novembre,
ma la Regione non le ha mai accettate e come tale l’ex assessore lo è
ancora), decide di fare chiarezza. Non gli vanno giù le ultime
pesanti critiche arrivate dai sindacati, in modo particolare da
Michele Giuliano della Flp, a suo avviso «mendaci e prive di
fondamento». Rivendica 7 anni
di buona managerialità e conduzione. Il suo lavoro, e quello del
Consiglio di amministrazione, fatto gratuitamente. La mancanza di
responsabilità, sotto vari aspetti, di tutti quegli enti legati alla struttura.
«Le
attività non partite? Non per colpa nostra». Attualmente
all’istituto bitontino sono presenti un centro ludico per la prima
infanzia, una comunità educativa per i minori abusati, un’altra per
i minori a rischio disagio, un centro diurno socio-educativo, una
comunità alloggio per madri con figli a carico.
Da
mesi si è in attesa, inoltre, di un asilo nido, di un servizio mensa
e di un centro di ascolto per le famiglie e di sostegno alla
genitorialità.
«Non
è assolutamente vero – afferma
Elia – che
queste attività non partono per volontà dell’amministrazione
dell’istituto. Già da febbraio dello scorso anno, infatti, abbiamo
inviato al Comune una richiesta di attivazione del servizio di asilo
nido per 20 posti. Non abbiamo mai avuto risposta, e il 9 gennaio
scorso abbiamo deciso di avviare le procedure per la trasformazione
del centro ludico in asilo nido».
«Per
quanto riguarda il servizio mensa – prosegue
– già da luglio
scorso abbiamo fatto pervenire la nostra manifestazione di interesse
per il servizio, ma a oggi non sappiamo se è stato affidato e a
chi».
Stesso
discorso per il centro di ascolto. «Già
oltre un anno fa, il neo dirigente del settore dei Servizi sociali
Andrea Foti, con determina ufficiale, assegnava lo svolgimento del
servizio in via sperimentale al Maria Cristina per 4 mesi. Poi più
nulla. E in questi giorni i tecnici hanno definito la planimetria
degli spazi».
«Chi
parla sa cosa vuol dire essere manager»? Il
presidente Elia fa fatica a digerire anche le critiche sulla sua
incapacità gestionale della struttura. «Quando
ci siamo insediati – ricorda
l’ex assessore – siamo
stati i primi ad effettuare una pianta organica del personale, capaci
di approvare linee programmatiche di intervento, di elaborare idee
progettuali, di attrarre finanziamenti europei per oltre 1 milione e
766 mila euro, di cui l’ultimo risale al 30 gennaio. Con queste
risorse, abbiamo reso agibile il 75% della struttura. Siamo stati noi
a gestire il passaggio da Ipab (Istituto
pubblico di assistenza e beneficenza) ad
Asp (Azienda
di servizi alla persona), e siamo stati noi a fare un bando pubblico
per assegnare spazi inutilizzanti e pericolanti
alle cooperative sociali».
Le
inadempienze. Degli altri. Anche di Palazzo Gentile. Tutto
bene allora, in piazza Ferdinando di Borbone? Neanche per idea,
perché le rogne non mancano. C’è una situazione debitoria di oltre
400 mila euro, e ci sono 19 dipendenti – più quelli a contratto,
che non vedono uno stipendio da 3 mesi. Perciò sono in stato di agitazione.
In
effetti, non ci sono molte liquidità, anche perché chi dovrebbe
erogare contributi non lo fa più o comunque li ha ridotti. «Fino
agli anni scorsi – ragiona
il presidente – l’ex
Provincia ci dava un contributo di 600 mila euro, che poi si è
progressivamente ridotto a 150 mila euro. Significa che dal 2008 al
2014 abbiamo avuto minori entrare per 3 milioni di euro».
Un
salasso, praticamente. C’è poi chi non paga. L’istituto,
infatti, vanta un credito di oltre 260mila euro tra Asl, Toritto,
Ruvo, Barletta, Modugno, Molfetta, Grumo e Bitonto.
Già,
Bitonto. Non solo debitore di quasi 98mila euro, ma anche
inadempiente ad altri livelli. In tema di affidamento di servizi
all’azienda, nonostante il parere favorevole espresso da aprile 2014
dal dirigente regionale Pierluigi Ruggiero. In tema di nomine, perché
è da giugno scorso (Domenica Girasoli si è dimessa perché
incompatibile, ndr) che dovrebbe nominare il proprio rappresentante
in seno al Consiglio di amministrazione dell’azienda. Che quindi,
adesso, è monco. E a Palazzo di Città già sono arrivati due
solleciti in tal senso.
«Il
futuro dell’azienda dipende dalla politica». La
conclusione è amara. «E’
la politica che deve capire se l’istituto interessa davvero oppure no
– ragiona
Elia – perché
è dalle scelte politiche che dipende il futuro dell’azienda. Mi
sarebbe piaciuto che qualche rappresentante istituzionale mi avesse
chiamato per esprimermi solidarietà e vicinanza per tutti gli
attacchi che ho ricevuto, ma non lo ha fatto nessuno».