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Home » Antonella e Pierluigi, morti in un incidente stradale. E vittime del nostro pregiudizio

Antonella e Pierluigi, morti in un incidente stradale. E vittime del nostro pregiudizio

In alcuni articoli di quotidiani locali e non, ad esempio, usciti poche ore dopo l’incidente, si è subito puntato il dito addirittura contro i ragazzi stessi

Lucia Maggio by Lucia Maggio
15 Aprile 2019
in Cronaca
Antonella e Pierluigi, morti in un incidente stradale. E vittime del nostro pregiudizio
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di Nicolò Alberga

Rabbia e frustrazione.

Sono queste le prime emozioni sconcertanti che si provano di getto davanti ad eventi infausti e strazianti, come quello avvenuto nelle prime ore di domenica 31 marzo nei pressi del ponte che collega i paesi di Palo del Colle e Bitonto, dove tre ragazzi tra i 19 e 22 anni sono rimasti coinvolti in un tragico incidente che ha segnato la morte per due di loro.

Sono anche le prime impressioni che si accompagnano a infinite domande di dispiacere che ci poniamo ma che spesso non avranno mai completa risposta. E tali situazioni sono amplificate ancor di più in casi come questo, dove chi è al centro di una macabra cronaca sono giovani ragazzi, nel pieno della loro età più bella e disarmante.

Al giorno d’oggi, però, viviamo nel mondo del web e dei social che veicolano l’informazione e quindi indirizzano consequenzialmente anche l’opinione pubblica in maniera quasi istantanea e ciò non sempre arreca vantaggi a chi ne fruisce. Molto spesso accade che pur di essere i primi a lanciare notizie di forte impatto, senza neanche far caso alla sensibilità generale provocata da eventi drammatici, si possano riportare considerazioni frettolose e al limite della meschinità, col puro scopo mediocre di cercare un capro espiatorio su cui sfogarsi e a cui addossare subito accuse e colpe.

In alcuni articoli di quotidiani locali e non, ad esempio, usciti poche ore dopo l’incidente, si è subito puntato il dito addirittura contro i ragazzi stessi, colpevoli a loro dire di essere sotto stato di stupefacenti poco prima dello schianto e addirittura di cantare in macchina canzoni i cui testi lanciano messaggi ineducativi e non consoni alle “morale del buon cittadino”. Tutto questo dedotto dalla visione di alcuni video molto confusi che i tre avevano girato poco prima e che non sono stati risparmiati alla diffusione riprovevole per mezzo di social network.

Non si può che rimanere abbastanza delusi da queste ricostruzioni così approssimative e diseducative. Constatare e dare per certo solo per mezzo di un video di pochi secondi che i giovani stessero fumando uno spinello e fossero in qualche modo soggetti ad uno stato di alterazione è una considerazione condannabile per la superficialità delle idee argomentate e descritte senza nessun approccio analitico e approfondito sul fatto avvenuto. A ciò si aggiunge il risibile collegamento addirittura alle canzoni ascoltate, questione di battaglia oramai dei “saggi adulti” contro gli “scriteriati adolescenti”, e questo pensiero non può che lasciare il tempo che trova, talmente diventa basso il livello di percezione se si arriva al punto di attaccare anche velatamente dei ragazzi che con la musica non fanno altro che divertirsi e interagire, accogliendo un semplice istinto di libertà comunicativa.

Ma la condanna del fittizio tribunale informativo non poteva fermarsi qui, anzi ha continuato spregiudicatamente arrivando ad incolpare i genitori delle vittime, additandogli una scarsa educazione verso i loro figli e una assenza di attenzione nei confronti delle loro vite. Ma chi può giudicarsi un genitore e una persona migliore di un altro con tanta facilità? Chi può erigersi a giudice di cotanta civiltà e guida umana? Purtroppo c’è tra noi chi ci riesce e sono loro invece i primi che necessiterebbero di un profondo esame di coscienza oltre che di umano rispetto verso l’immenso dolore inimmaginabile che persone come parenti e genitori possono provare alla perdita di un figlio, alla consapevolezza inaccettabile di non poterli rivedere più. Qui vengono meno analisi, speculazioni e rivendicazioni. Rimane il dolore e l’unico mezzo con cui possiamo accostarci è la più umana vicinanza di conforto.

Come si evince, si è elucubrato subito e molto su dinamiche e teorie di rapporti umani, quasi fossero l’unico movente, trascurando invece quei risvolti più pratici, come può essere ricostruire l’incidente analizzando lo stato della strada coinvolta. Chi abita nelle vicinanze sa ed è consapevole infatti della poca illuminazione di quel tratto, la quale scarseggia già dalla rotonda che precede il ponte e che infatti non aiuta a giusta misura la consultazione anche della segnaletica stradale. In generale e in maniera più amplificata nelle ore serali e notturne, tutto il percorso Palo-Bitonto è poco sicuro, con carreggiate strette, poche limitazioni ed insufficienti accorgimenti. In definitiva si deve considerare tutto il complesso dell’avvenimento in ogni sua causa e non partire prevenuti in un giudizio mediatico e frettoloso contro i ragazzi e i loro genitori, al puro scopo di creare lo scoop che si tramuta in infima calunnia e che oscura i possibili scenari che può assumere la verità.

Tutti noi siamo stati giovani per una volta e tutti noi abbiamo provato, in forme diverse, l’ebrezza dell’essere giovane, di vivere ora e adesso il mondo, di sentirci unici perché è in questo istante, travolti da un turbine di difficoltà e fragilità che accompagnano questa età, che ci sentiamo capaci di esprimere ogni possibilità che ci offre la vita. Ed erano tutto ciò anche questi ragazzi, che sono stati strappati anzitempo dai loro amici, parenti, dalle mani dei loro genitori e per la bellezza della loro vita “unica” e “inimitabile” dovremmo, se non altro, avere la dignità del silenzio.

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