Chiudiamo il giro dei pareri col direttore di questa testata, che prova a dare una lettura semiseria dell’evento.
“Seeeee, ce n sèi tiu, cur ièi...”.
Fronte aggrottata, sguardo severo, voce accorata.
Questo era l’identikit del cittadino che mi si avvicinava ed aveva tutta l’aria di scoperchiare uno sconvolgente vaso di Pandora, ricolmo di indicibili nefandezze che avrebbe assicurato alle patrie galere persino l’Assisiate.
Quante volte mi è capitato di incontrarne di scrigni di segreti sì esiziali per le sorti della città, in questi cinque anni, che neppure a Fatima..
All’esordio riportato in incipit di articolo, seguiva, infatti, una congerie di misteri, calunnie e vituperi che non vi dico. Nel mirino, manco a dirlo, il primo di noi bitontini.
Roba da strabuzzare gli occhi. E questi tipi antropologici – per solito, voltagabbana e bicipiti che Depretis gli fa un baffo (magari all’umberta) – appartenevano alle più diverse classi sociali, anzi, trasversalmente le rappresentavano tutte, dalla più alta alla più bassa, dal professionista al nullatenente.
Solo che, al termine dell’appassionante racconto, mi prendeva per l’avambraccio (ma palmare era l’impressione che la presa riguardasse altre mie parti anatomiche) e sibilava: “Comunque, non ci siamo detti niente“.
“Nah, come? Non ci siamo detti niente? Mi hai tenuto due ore sotto il sole cocente e la minaccia dell’orchite, e te ne esci con questa formula vile?“, pensavo e, intanto, lo congedavo ugualmente, ingollando controcuore per inconscio pudore la memoria di legioni d’avi defunti suoi. E tiravo avanti.
Se non fosse che conoscevo (e conosco) a menadito “certi” bitontini, specie a un dipresso dalle elezioni, mi sarei stupito…
Dunque, per la legge dei grandi numeri- e quelli di Abbaticchio sono stati davvero grandi, bulgari direi – è molto probabile che tanti di questi corrucciati lamentoni siano finiti nelle folte liste (per ora) a sostegno di Michele oppure siano in procinto di zompare sull’affollato carro del suddetto.
A proposito di votazioni, due annotazioni.
Una. Credo che il “disgiunto”, contemplato dal legislatore, si attagli alla perfezione al cittadino di Bitonto, incline alle crocette strabiche. Obiettar potrebbero: alle comunali è così. Va bene, ma non sarebbe male se si seguisse ogni tanto il sentiero della coerenza e della dignità.
L’altra. Pur catturati dalla comprensibile euforia della baldoria post trionfo, i cantori dell’ex dirigente comunale, quelli con gli occhi foderati di San Daniele imbevuto nella saliva – per intenderci, quelli che fingono di non vedere i problemi del territorio e, peggio, pensano che chi li sottolinei lo odi e, invece, forse lo ama più dei panglossisti di professione -, non ci ammorbassero con la bolsa retorica della “liberazione”.
Da chi? Da cosa? Dal sindaco che ha albergato a Palazzo Gentile nell’ultimo lustro (eppure, pare abbia una somiglianza impressionante col nuovo. Mah…)? Da Carmela? Da Dino? Da Lillino?
Premesso che la città è ognuno di noi e, quindi, tutti noi potremmo essere ostaggi ed carcerieri contemporaneamente, ma se avesse vinto uno di loro, saremmo rimasti tutti chiusi in casa, imbavagliati e muti?
Le associazioni non avrebbero più fatto le associazioni?
Lo sport sarebbe finito? E la cultura, morta?
Saracinesche giù a bar, pizzerie e pub del centro storico?
Artisti zero a teatro?
Non va bene così…
Altri cinque anni ci aspettano, dunque, attanagliati da piagnoni ipocriti, quando non strumentaliizzati, e tristi evirati cantori.
Speriamo che prevalga chi non appartiene a codeste categorie.
E che ricerca del bene comune, saggezza ed equilibrio assistano sempre il nuovecchio alcalde, i suoi illuminati consiglieri (ce ne sono) e la squadra degli assessori che sceglierà…